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TESTO La gioia unica ragione di conversione

padre Gian Franco Scarpitta  

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I Domenica di Avvento (Anno A) (27/11/2022)

Vangelo: Mt 24,37-44 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mt 24,37-44

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: 37Come furono i giorni di Noè, così sarà la venuta del Figlio dell’uomo. 38Infatti, come nei giorni che precedettero il diluvio mangiavano e bevevano, prendevano moglie e prendevano marito, fino al giorno in cui Noè entrò nell’arca, 39e non si accorsero di nulla finché venne il diluvio e travolse tutti: così sarà anche la venuta del Figlio dell’uomo. 40Allora due uomini saranno nel campo: uno verrà portato via e l’altro lasciato. 41Due donne macineranno alla mola: una verrà portata via e l’altra lasciata.

42Vegliate dunque, perché non sapete in quale giorno il Signore vostro verrà. 43Cercate di capire questo: se il padrone di casa sapesse a quale ora della notte viene il ladro, veglierebbe e non si lascerebbe scassinare la casa. 44Perciò anche voi tenetevi pronti perché, nell’ora che non immaginate, viene il Figlio dell’uomo.

Comincia un nuovo itinerario di riflessione sul mistero di Gesù Cristo, Dio fatto uomo da Maria, morto, risorto e asceso al cielo, annunciatore della Buona Novella del Regno di Dio per mezzo di miracoli, prodigi e insegnamenti. Un percorso che ci impegnerà per un intero anno, attraverso liturgie e celebrazioni per mezzo delle quali ci verrà ripresentato il medesimo annuncio di amore, di fede, speranza e carità. Tale itinerario, chiamato Anno Liturgico, inizia precipuamente oggi con la prima Domenica di Avvento, con la quale ci prepariamo alla venuta del Signore nella carne, cioè al Natale del Verbo di Dio che viene ad abitare in mezzo a noi. Avvento vuol dire infatti “arrivo”, “ciò “che sta venendo” e comporta di conseguenza l'attesa attiva di una novità che ci riguarderà più da vicino e che interpellerà ciascuno fin nel proprio intimo. Dio, nella sua indiscussa grandezza e ineffabilità, potrebbe anche non intervenire nella storia dell'uomo con tanta intensità di amore e potrebbe convincerci con ben altri mezzi intorno al nostro peccato e alle nostre manchevolezze.

Dalla sua rivelazione sappiamo tuttavia che egli è Amore e Bontà infinita e per questo non ci abbandona a noi stessi e vuole entrare nella nostra storia per apportarvi un cambiamento radicale. Vuole qualificare al meglio il nostro presente per predisporci a un futuro migliore, memori di quanto di esaltante abbiamo appreso dal passato.

L'Avvento è infatti una venuta di qualcosa che però già esiste in noi e che ancora deve prendere forma in maniera totalizzante.

Spieghiamoci meglio. La preparazione al Natale, Avvento liturgico segnato dalle quattro settimane sul calendario, va vissuto intensamente e con infiammato entusiasmo non soltanto perché ci predispone alla gioia dell'incontro con Cristo Bambino il 25 Dicembre, ma perché è un periodo speculare dell'arrivo continuo di Dio nella nostra vita. L'arrivo del giorno della celebrazione ci sollecita in queste settimane a vivere ancora più intensamente l'avvento continuo di Gesù negli ambiti del nostro quotidiano come presenza, memora e attesa. Gesù Cristo verrà infatti alla fine dei tempi, quando ci attende una resurrezione finale per il momento del giudizio (Gv 5, 25 - 27); è già venuto nella storia con i relativi eventi di incarnazione, passione, morte e resurrezione; viene tuttora ogni giorno in quanto, secondo la sua promessa, è presente in mezzo a noi fino alla fine del mondo. Gesù viene, cioè arriva in ogni circostanza della nostra vita, nelle occasioni inaspettate e grandiose, ma anche nei comuni eventi della storia che ci riguarda. Egli è “colui che era, che è e che viene”(Ap 1, 7). L'avvento è un arrivo che ha avuto il suo inizio in un determinato periodo, quello dell'imperatore Augusto; un arrivo che perdura nel presente e che avrà la sua perfezione definitiva nell'eone finale.

Quali atteggiamenti assumere durante questo periodo così caratterizzante della venuta di Dio in mezzo a noi? Certamente quello della gioia, quale Paolo la sottolinea come condizione fondamentale di ogni preparazione all'incontro con Dio (Fil 4, 4 - 7), perché ciò che viene comporta una attesa gioiosa e motivata da consapevolezza che ciò che arriverà sarà motivo di gaudio e di letizia, che toglierà spazio all'apprensione e alla paura. Il termine “avvento” in tempi pagani sottendeva l'arrivo (il ritorno) di un Imperatore o di un condottiero dell'esercito in trionfo dopo una vittoria sul nemico e l'attesa non poteva che infondere contentezza in attesa di esternarsi in un tripudio generale di esultanza. Con l'avvento cristiano siamo invitati alla serenità d'animo e alla gioia perché Dio viene in mezzo a noi, diventa egli stesso uomo fra gli uomini per vivere la nostra esperienza e renderci simili a lui, facendosi del tutto dalla nostra parte.

L'avvento di Dio comporta per ciò stesso la speranza, cioè il protrarci avanti e il dispiegarci verso l'avvenire pur non allontanandoci dal presente. Dio stesso è la speranza dell'uomo e il suo avvento accresce e ravviva questa prospettiva che ravviva a sua volta la fiducia.

L'arrivo attuale del Signore ci chiama però tutti a guardare oltre le apparenze, a valicare i nostri limiti e a cercare Dio nella realtà che ci circonda costruendo noi stessi sulla santissima fede (Gd 20) per contrastare gli inganni e le subdole proposte del peccato che si avvale della mondanità esasperata. In altre parole, siamo chiamati a prescindere dalle frivolezze del consumo, della propaganda e soprattutto dall'idolatria di noi stessi per ottenere la visione di Dio attorno a noi.

Dice Giovanni: “Dio nessuno l'ha mai visto, il Figlio unigenito che è Dio ed è nel seno del Padre, è lui che lo ha rivelato”(Gv 1, 18). Solo Gesù Cristo è il luogo certo in cui incontrare Dio e soddisfare il nostro anelito di verità, ma a condizione che si rinunci all'orgoglio e alla presunzione di essere bastevoli a se stessi nella ricerca di questa verità. A condizione che non ci si lasci traviare dalla mentalità di questo secolo e dalle congetture che marciano in senso opposto.

Scrive Ratzinger: “In effetti, non si può vedere Dio come si vede un melo o una pubblicità luminosa, in maniera esteriore, senza attività interna. Lo possiamo vedere solo divenendo noi stessi simili a Dio... l'uomo deve liberarsi di se stesso, liberandosi degli dei opposti, la caccia alla concupiscienza, al piacere, al possesso, al guadagno. Fra noi e Dio vi è in definitiva il nostro io. Si può vedere Dio solo cambiando vita, smettendo di cercarlo come si possono cercare dei cartelli stradali o delle banconote, cominciando a distogliere l'occhio dal visibile per rivolgerlo all'invisibile.”

Proprio per le ragioni suddette l'avvento è il tempo della conversione, del cambiamento di vedute e di mentalità indispensabile perché possiamo accogliere Colui che è, che era e che viene nella nostra storia e nella vita personale di ciascuno. Cambiare mentalità è indispensabile per cambiare costume; cambiare costume è fondamentale per cambiare in meglio la nostra vita e proprio questo ci renderà possibile di esperire Dio all'interno della nostra stessa realtà, come realtà invisibile ai sensi ma tattile alla fede.

Le Letture della Prima Domenica ci descrivono un “monte glorioso” in una Gerusalemme celeste che ci attende come obiettivo finale; il brano evangelico però delinea in un linguaggio apocalittico la necessità di vigilanza e di attesa fervorosa e costruttiva, che coincide appunto con la trasformazione interiore, il ravvedimento, la presa di coscienza, insomma con la necessità di un radicale cambiamento che ci conduca a vedere secondo Dio.

La conversione conduce infatti all'incontro diretto e familiare con Gesù suo Figlio, guardando al quale si vede anche il Padre e che è egli stesso la manifestazione definitiva del Padre, e conosceremo la verità che ci libererà da tutte le schiavitù di cui siamo inconsapevolmente avvinti, non esclusa la schiavitù di noi stessi

 

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