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TESTO Un Re debole nel corpo, ma forte nell'amore e nella misericordia

padre Antonio Rungi

XXXIV Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) - Cristo Re (20/11/2022)

Vangelo: Lc 23,35-43 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 23,35-43

In quel tempo, [dopo che ebbero crocifisso Gesù,] 35il popolo stava a vedere; i capi invece lo deridevano dicendo: «Ha salvato altri! Salvi se stesso, se è lui il Cristo di Dio, l’eletto». 36Anche i soldati lo deridevano, gli si accostavano per porgergli dell’aceto 37e dicevano: «Se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso». 38Sopra di lui c’era anche una scritta: «Costui è il re dei Giudei».

39Uno dei malfattori appesi alla croce lo insultava: «Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e noi!». 40L’altro invece lo rimproverava dicendo: «Non hai alcun timore di Dio, tu che sei condannato alla stessa pena? 41Noi, giustamente, perché riceviamo quello che abbiamo meritato per le nostre azioni; egli invece non ha fatto nulla di male». 42E disse: «Gesù, ricòrdati di me quando entrerai nel tuo regno». 43Gli rispose: «In verità io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso».

L'ultima domenica dell'anno liturgico è dedicata alla contemplazione del mistero di Cristo Re dell'Universo. Questa solennità è il compendio di tutto il cammino spirituale compiuto nel corso dell'anno liturgico attraverso i vari momenti, i vari tempi, le varie celebrazioni, feste e ricorrenze. Tutto converge verso un punto luminoso e chiaro per tutti coloro che si definiscono cristiani. Questo punto è la gloria e la luce della Croce di Gesù. Il Re crocifisso, è il Re che ci indica la strada dell'amore e del dono, del servizio fino a dare la vita per coloro che sono amici e nemici. Gesù tutti porta con sé sul patibolo della croce e tutti salva con il versamento completo del suo sangue. Il suo sacrificio ridona vita, grazia, speranza e risurrezione all'intera umanità.
Non a caso oggi l'evangelista Luca, che ci ha accompagnato con il suo Vangelo lungo quest'anno liturgico, seguendo Gesù nei suoi spostamenti nella Palestina, ma sempre con la meta finale di Gerusalemme, ci porta sul luogo del cranio, sul monte Calvario, dove Gesù muore crocifisso, fuori le mura di Gerusalemme, dove venivano appesi alla croce i condannati a morte.
Gesù è l'innocente condannato a morte dall'odio e dalla cattiveria dei potenti del tempo, ma anche dal popolo manipolato e condizionato da quei poteri occulti ed evidenti che sempre hanno guidato il mondo, anche quell' attuale, verso i disastri e verso l'ingiustizia.
La descrizione che Luca fa del Re Crocifisso ci aiuta ad immergerci in quel vangelo della misericordia e del perdono che soprattutto in questo preciso momento della vita del Signore si manifesta nella sua essenza, bellezza e trasparenza anche mediante il dialogo tra i due malfattori crocifissi, uno a destra e uno a sinistra, del patibolo di Gesù. Di fronte a questa sofferenza infinita del Figlio di Dio “il popolo stava a vedere”, osservatore curioso e spettatore inerme davanti alla croce di Cristo; mentre i capi che avevano portato a termine il progetto di eliminare dalla faccia della terra il Maestro, il Messia, il Salvatore, deridevano Gesù. E il modo con cui lo deridevano è scritto chiaramente da Luca: «Ha salvato altri! Salvi se stesso, se è lui il Cristo di Dio, l'eletto», lanciando così una precisa sfida a Colui che poteva fare tutto anche in quel momento, come poteva farlo nell'orto del Getsemani, o davanti a Erode, a Pilato, al Sinedrio e davanti al popolo convenuto lì per accusarlo, e invece Lui tace. Il suo silenzio è più eloquente di ogni parola.
Gesù è invitato provocatoriamente a salvare se stesso. Ma Egli non deve salvarsi la pelle, come fanno tanti ai danni degli altri, ma Egli è venuto a salvare ciò che era perduto. Non era disceso dal cielo per godersi una vita, una gloria o occupare un posto negli spazi miserevoli degli uomini, ma deve salvare ciò che era perduto. Lui ha scelto la salvezza mediante il segno più evidente ed eloquente di un amore senza limiti e con tutti i crismi del valore verso: la croce.
Non basta i capi ad istigare Gesù, ma si aggiungono anche i soldati a mettersi a deridere il Maestro, dopo averlo flagellato, menato in tutti i modi lungo il suo viaggio al calvario. Ora sono ai piedi della croce, gli si accostavano per porgergli dell'aceto e gli dicono: «Se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso».
Anche qui c'è una richiesta di salvarsi: da cosa? da chi? Gesù cammina, come ha fatto per tutti i giorni sulla sua vita, su quella strada che ha sempre percorso, fino a portare a compimento il suo piano di salvezza degli altri e non di se stesso. Gesù non era un uomo qualsiasi che si doveva salvare in qualche modo, ma è Colui che Salva. Non a caso che a sigillare la sua condanna era stato scritto dallo stesso Pilato la motivazione del suo essere lì inchiodato alla croce: «Costui è il re dei Giudei». I romani felici di aver crocifisso il Re dei Giudei e i Giudei contenti di aver eliminato fisicamente uno che si faceva passare per messia, re, salvatore e che secondo il loro giudizio era un semplice impostore.
Ma la scena più bella che tutti i presenti sono costretti ad assistere, nonostante tutto, è la professione di fede del malfattore, dal cuore convertito e pentito, mentre l'altro, quello posto alla sinistra, lo insultava: «Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e noi!».
Anche questo altro uomo cerca la salvezza della pelle e non quella della sua anima. Come è limitato l'essere umano nel valutare la vita. La salvezza per noi esseri mortali ha solo un nome: stare bene fisicamente, non patire e soprattutto non morire o almeno di campare a lungo senza alcun problema.
L'altro malfattore, in pieno atto di pentimento e conversione, rimprovera il suo collega condannato alla stessa pena di Gesù dicendo: «Non hai alcun timore di Dio? Noi siamo stati condannati giustamente, perché riceviamo quello che abbiamo meritato per le nostre azioni; egli invece non ha fatto nulla di male».
Quest'uomo riconosce in Gesù l'innocenza assoluta e lo indica come perfezione del bene e speranza di un bene maggiore e per sempre.
Il suo pentimento e la sua conversione raggiunto il vertice in quel momento può far uscire dalle sue labbra e dal suo cuore parole che rimangono nella storia della fede, ma segnano la vita di ogni persona che davanti alla vita che volge al termine si rivolge al Signore con le stesse parole del buon ladrone: «Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno».
Chiede così misericordia ed attende una riposta che Gesù non tarda a dargli, mentre sta per morire, crocifisso come gli altri due sul luogo del cranio: «In verità io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso». Una conversione last minute e una salvezza assicurata in tempo reale.
Questo è il Dio in cui noi crediamo, che attende la conversione e il pentimento di ogni persona fino all'ultimo istante della sua vita che ha il coraggio di dire con se stesso: ho sbagliato tutto e se vuoi Gesù perdonami, perché stare lontano da te per l'eternità è la sconfitta più grande per ogni persona umana e per l'intera umanità.
Magari potessimo capire tutto questo fino a quando siamo nelle condizioni di cambiare vita. Invece attendiamo ed imperterriti continuiamo a fare gli stessi errori, peccati e sbagli, perché siamo presuntuosamente sicuri che il perdono ci verrà anche all'ultimo istante se siamo in grado di chiederlo e nella lucidità di farlo pienamente.
Cerchiamo di non essere certi anche dell'ultimo momento, ma avendone la possibilità di cambiare, fin a quando siamo nelle capacità di intendere e di volere, facciamolo con la piena coscienza e consapevolezza. Perché aspettare l'ultimo istante? E chi ci assicura che avremo modo, tempo e lucidità di chiedere davvero perdono a chi abbiamo offeso per una vita intera, quel Cristo Crocifisso che abbiamo contribuito a far soffrire con i nostri peccati e la nostra noncuranza. Chi ha tempo, non aspetti tempo, afferma un proverbio antico, frutto della sapienza popolare, ma inizi subito un cammino di pentimento e di conversione vera, in quanto non c'è molto tempo ancora davanti a noi.

 

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