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TESTO Avete fatto discendere il cielo

don Angelo Casati  

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Domenica di Cristo Re (Anno C) (06/11/2022)

Vangelo: Mt 25,31-46 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mt 25,31-46

31Quando il Figlio dell’uomo verrà nella sua gloria, e tutti gli angeli con lui, siederà sul trono della sua gloria. 32Davanti a lui verranno radunati tutti i popoli. Egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dalle capre, 33e porrà le pecore alla sua destra e le capre alla sinistra. 34Allora il re dirà a quelli che saranno alla sua destra: “Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo, 35perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, 36nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi”. 37Allora i giusti gli risponderanno: “Signore, quando ti abbiamo visto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, o assetato e ti abbiamo dato da bere? 38Quando mai ti abbiamo visto straniero e ti abbiamo accolto, o nudo e ti abbiamo vestito? 39Quando mai ti abbiamo visto malato o in carcere e siamo venuti a visitarti?”. 40E il re risponderà loro: “In verità io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me”. 41Poi dirà anche a quelli che saranno alla sinistra: “Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli, 42perché ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e non mi avete dato da bere, 43ero straniero e non mi avete accolto, nudo e non mi avete vestito, malato e in carcere e non mi avete visitato”. 44Anch’essi allora risponderanno: “Signore, quando ti abbiamo visto affamato o assetato o straniero o nudo o malato o in carcere, e non ti abbiamo servito?”. 45Allora egli risponderà loro: “In verità io vi dico: tutto quello che non avete fatto a uno solo di questi più piccoli, non l’avete fatto a me”. 46E se ne andranno: questi al supplizio eterno, i giusti invece alla vita eterna».

C'è un capodanno e un fine anno. Anche nella liturgia. C'è un tempo per aprire e c'è un tempo per chiudere. Per chiudere, per poi riaprire, finché ci è dato. Questa ultima domenica, per noi di rito ambrosiano, chiude l'anno liturgico. Poi sarà avvento. E chiude con la solennità di Gesù, re dell'universo. Ti è chiesta una sosta e ripercorri nell'anima il cammino dei giorni, dall'avvento ad oggi. Quasi con desiderio di rinvenire tracce, tracce di passaggi del tuo Signore.

Per come sono fatto, fatico a chiamarle tracce del passaggio di un re. Re l'ho visto solo su dorso d'asino e su trono di croce. La liturgia vuole fare sintesi di un anno e dice gratitudine al re. Ebbene Gesù, re lo è, ma, pensate, lo disse di sé, che era legato come un malfattore, di fronte a Ponzio Pilato e, dopo aver chiarito, a scanso di equivoci, che il suo non era un regno alla maniera dei regni di questo mondo. "Dunque tu sei re?". Rovesciò l'immagine di tante regalità, troppe. La rovesciò. O, forse la ripulì. Con il pensiero vado infatti a una delle possibili radici delle parole "re", "regalità".

Dal latino "regere", reggere. E divago. Vado fuori via. O dentro la sua via. Non sarà che i re erano detti tali, per via della radice del nome, perché chiamati a reggere? Poi il verbo scivolò prevalentemente nel significato di governare, dirigere, dominare, scordando quello di reggere nel senso di "tenere qualcuno in modo che non cada", "sostenere", "sorreggere". Se vado lungo questo splendido significato ritrovo orme del passaggio del mio Signore dall'avvento ad oggi. Mi ha sorretto.

Rivedo i miei momenti di debolezza, di fragilità, i miei passi incerti, i pensieri confusi, le ore dello smarrimento e lui che veniva a cercarmi, negli occhi non aveva condanne, ma tenerezza di compassione, sussulti di fiducia. Nel cuore mi ritornano ancora una volta le parole del salmo 120, canto delle ascensioni.

"Alzo gli occhi verso i monti:
da dove mi verrà l'aiuto?
Il mio aiuto viene dal Signore,
che ha fatto cielo e terra.
Non lascerà vacillare il tuo piede,
non si addormenterà il tuo custode.
Non si addormenterà,
non prenderà sonno,
il custode d'Israele.
Il Signore è il tuo custode,
il Signore è come ombra che ti copre,
e sta alla tua destra.
Di giorno non ti colpirà il sole,
né la luna di notte.
Il Signore ti proteggerà da ogni male,
egli proteggerà la tua vita.
Il Signore veglierà su di te,
quando esci e quando entri,

da ora e per sempre".

All'ultima domenica lo ringrazio: per la Parola lampada ai passi; per il pane spezzato nutrimento dell'anima; per i volti di sorelle e fratelli, aria di casa. Re come colui che regge. Ed ecco accade un altro capovolgimento, Accade per via del brano di Matteo. Il re che "sorregge" si svela come uno che chiede di "essere sorretto". Sorretto quando passa. Riconosciuto e sorretto. Ma quando passa? Decisivo è riconoscere quando passa.

Penso che abbia colpito anche voi quel rincorrersi dell'avverbio "quando" nel brano di Matteo, lo stesso avverbio sulle labbra di entrambe le categorie: "Signore, quando ti abbiamo visto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, o assetato e ti abbiamo dato da bere? Quando mai ti abbiamo visto straniero e ti abbiamo accolto, o nudo e ti abbiamo vestito? Quando mai ti abbiamo visto malato o in carcere e siamo venuti a visitarti?".

Quando, quando, quando? Voi mi capite, decisivo è "quando" passa e decisivi gli occhi che lo riconoscono. Passa nell'affamato, nell'assetato, nello straniero, nel denudato, nel malato, nel carcerato. Se l'affamato, l'assetato, lo straniero, il denudato, il malato, il carcerato non lo vedo e non lo sorreggo, non l'ho fatto a lui che in quell'ora, giusto in quell'ora, passava. Penso che pure un altro particolare abbia colpito la vostra attenzione: come queste categorie di una umanità dolente persistano, a nostra inquietudine, nei nostri giorni e non siano solo un simbolo.

Basterebbe pensare alla fame nel mondo, al dramma dei migranti, alla situazione intollerabile delle carceri in Italia, e non solo in Italia, ma anche a tutti i denudati di dignità. Ritorna il verbo reggere, sorreggere, "tenere qualcuno in modo che non cada". Spesso, troppo spesso sono già purtroppo caduti, sono da sollevare. Con le mille sfaccettature del sorreggere, ma nella direzione del sorreggere. Batte il "quando" della venuta di Dio nella nostra storia.

Ci possono essere visioni notturne, Una la ebbe Daniele, ce l'ha ricordata oggi per infondere coraggio. A volte siamo in cerca di visioni, di apparizioni. Poi ci domandiamo se siano o no affidabili: sarà passaggio di Dio? Oggi Gesù ci parla - perdonate la parola - di una sua apparizione sicura. E non chissà dove o chissà quando: "Lo avete fatto a me...non lo avete fatto a me". Al cuore mi vengono le parole di Rav Jonathan Sacks, una delle più illuminate autorità spirituali rabbiniche del mondo ebraico contemporaneo, morto due anni fa, proprio di questi giorni.

Diceva: "La persona che vede Dio nel volto dello straniero è più grande di chi vede Dio in un'apparizione! Perché, dai giorni di Abramo, compito nostro non è salire in cielo, ma far discendere il cielo sulla terra nei gesti semplici di ospitalità e di amicizia".

"L'avete fatto a me": avete fatto discendere il cielo.

 

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