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TESTO Commento su Matteo 25,31-46

don Michele Cerutti

Domenica di Cristo Re (Anno C) (06/11/2022)

Vangelo: Mt 25,31-46 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mt 25,31-46

31Quando il Figlio dell’uomo verrà nella sua gloria, e tutti gli angeli con lui, siederà sul trono della sua gloria. 32Davanti a lui verranno radunati tutti i popoli. Egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dalle capre, 33e porrà le pecore alla sua destra e le capre alla sinistra. 34Allora il re dirà a quelli che saranno alla sua destra: “Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo, 35perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, 36nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi”. 37Allora i giusti gli risponderanno: “Signore, quando ti abbiamo visto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, o assetato e ti abbiamo dato da bere? 38Quando mai ti abbiamo visto straniero e ti abbiamo accolto, o nudo e ti abbiamo vestito? 39Quando mai ti abbiamo visto malato o in carcere e siamo venuti a visitarti?”. 40E il re risponderà loro: “In verità io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me”. 41Poi dirà anche a quelli che saranno alla sinistra: “Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli, 42perché ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e non mi avete dato da bere, 43ero straniero e non mi avete accolto, nudo e non mi avete vestito, malato e in carcere e non mi avete visitato”. 44Anch’essi allora risponderanno: “Signore, quando ti abbiamo visto affamato o assetato o straniero o nudo o malato o in carcere, e non ti abbiamo servito?”. 45Allora egli risponderà loro: “In verità io vi dico: tutto quello che non avete fatto a uno solo di questi più piccoli, non l’avete fatto a me”. 46E se ne andranno: questi al supplizio eterno, i giusti invece alla vita eterna».

Qualche settimana fa, per chi come me si trova a celebrare liturgie romane e ambrosiane, nella parola di Dio del rito romano Gesù ci consegnava una domanda, che ai più suonava inquietante: “Ma quando il figlio dell'uomo tornerà sulla terra troverà la fede?”.
La misura della fede è la carità è il brano evangelico di questa domenica ci rimanda all'esame finale della nostra vita che accomunerà tutti, nessuno escluso.
Non saremo verificati su quanti rosari detti, su quante preghiere abbiamo fatto.
Saremo osservati sull'amore che ci siamo versati reciprocamente l'uno con l'altro.
La Parola grande pedagoga sembra condurci al centro della verifica finale offrendoci una sorta di tesario da tenere come bussola.
Non sono punti difficili da comprendere sono più difficili da rispettare perché richiedono coinvolgimento totale. Sono piccoli gesti che dovrebbero condire la nostra quotidianità.
Ci conforta sapere che ci sono stati uomini e donne che hanno fatto di questi piccoli segni la pienezza della loro vita e ora per tutto il loro amore ricevono la corona di gloria.
Guardiamo ai Santi che la chiesa ambrosiana venera. Questi sono coloro che hanno camminato sulle nostre strade hanno vissuto le nostre fatiche ma non si sono sottratte da queste attenzioni. Come non pensare a don Gnocchi, Santa Gianna Beretta Molla, Suor Enrichetta Alfieri.
Nel dare da bere a un assetato, nel dar da mangiare a un affamato, nell'essersi fatti vicini senza troppe remore ai meno fortunati sono riusciti a rendere la loro vita un capolavoro.
Abbiamo appena festeggiato la solennità dei Santi e con la festa di Cristo Re siamo chiamati ad attingere alla fonte della Santità.
Colpisce come la liturgia abbia compreso, offrendoci questo brano, che la regalità di Gesù non è staccata dal mondo e non si pone in una reggia fatta da mani d'uomo, ma si esprime in questo quadro fatto di semplicità.
Nella nostra carità offriamo lo specchio di questa sovranità e più la viviamo in maniera autentica più il nostro essere cristiani assume significato profondo. L'annuncio si fa più attraente e abbiamo quindi la responsabilità oggi di essere autenticamente uomini e donne che vivono la fede non scollegandola dalla carità, ma facendo di questa la virtù riflessa.

 

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