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TESTO Tornò a casa giustificato

don Roberto Seregni  

XXX Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (23/10/2022)

Vangelo: Lc 18,9-14 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, Gesù 9disse ancora questa parabola per alcuni che avevano l’intima presunzione di essere giusti e disprezzavano gli altri: 10«Due uomini salirono al tempio a pregare: uno era fariseo e l’altro pubblicano. 11Il fariseo, stando in piedi, pregava così tra sé: “O Dio, ti ringrazio perché non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adùlteri, e neppure come questo pubblicano. 12Digiuno due volte alla settimana e pago le decime di tutto quello che possiedo”. 13Il pubblicano invece, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: “O Dio, abbi pietà di me peccatore”. 14Io vi dico: questi, a differenza dell’altro, tornò a casa sua giustificato, perché chiunque si esalta sarà umiliato, chi invece si umilia sarà esaltato».

Questa, forse, è una delle parabole piú sorprendenti di Gesù. I due personaggi centrali, il fariseo e il pubblicano, vengono abilmente descritti da Luca. Nel loro modo di pregare traspare la loro idea di Dio, della fede e della vita. Vediamo un po' piú da vicino i due personaggi.

Il fariseo prega in piedi, sicuro di sé e dei suoi meriti. Non chiede e non attende nulla da Dio. Il fariseo è irreprensibile nel rispetto della legge, forse fa pure di più di quello che gli è chiesto, le sue opere sono buone, è un uomo con la coscienza tranquilla. Senza dubbio è il prototipo del credente perfetto.

Lí accanto, in un angolino, c'è il pubblicano. Non si sente a suo agio in quel luogo santo. Sa che la sua vita è un disastro e riconosce i suoi peccati. Non promette nulla, non puó farlo. Non puó cambiare lavoro e nemmeno cambiare vita. L'unica cosa che puó fare è mettersi nelle mani di Dio, confidare nella sua misericordia.

Dopo aver narrato le due scene parallele, l'evangelista riporta il commento scandaloso di Gesù: il pubblicano, e non il fariseo, ritorna a casa giustificato. Davanti a queste parole si sbriciolano tutti gli schemi religiosi del tempo.

Il fariseo, perfetto e irreprensibile, non ha fatto altro che sbandierare i suoi meriti, la sua preghiera è totalmente autoreferenziale. Al posto di pregare, loda la sua perfezione e informa Dio della sua rettitudine e della miseria degl'altri. È un uomo totalmente concentrato su se stesso, prigioniero della sua perfezione. Tutti i verbi sono alla prima persona singolare, la sua preghiera gira tutta intorno al suo “io”. Il fariseo, poveretto, si è dimenticato della parola piú importante della preghiera: “Tu”.

Il pubblicato torna a casa giustificato perché, non avendo nulla da sbandierare o da offrire, puó solo ricevere. Le sue mani sono vuote e lo sa. È un uomo peccatore, ma che fa la cosa piú importante: entra in punta di piedi nello spazio intimo del “Tu” e si apre alla misericordia di Dio.

 

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