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TESTO A noi la risposta!

don Alberto Brignoli  

XXIX Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (16/10/2022)

Vangelo: Lc 18,1-8 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 18,1-8

In quel tempo, Gesù 1diceva loro una parabola sulla necessità di pregare sempre, senza stancarsi mai: 2«In una città viveva un giudice, che non temeva Dio né aveva riguardo per alcuno. 3In quella città c’era anche una vedova, che andava da lui e gli diceva: “Fammi giustizia contro il mio avversario”. 4Per un po’ di tempo egli non volle; ma poi disse tra sé: “Anche se non temo Dio e non ho riguardo per alcuno, 5dato che questa vedova mi dà tanto fastidio, le farò giustizia perché non venga continuamente a importunarmi”». 6E il Signore soggiunse: «Ascoltate ciò che dice il giudice disonesto. 7E Dio non farà forse giustizia ai suoi eletti, che gridano giorno e notte verso di lui? Li farà forse aspettare a lungo? 8Io vi dico che farà loro giustizia prontamente. Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?».

“Già da tempo, la Bibbia, che prima era proclamata come la sola fonte della verità e il codice unico della dottrina cristiana, è da molti ritenuta non più un libro divino, ma semplicemente un insieme di racconti mitologici. È ormai ampiamente diffusa la dottrina del razionalismo e del naturalismo, che combattendo in tutto la religione cristiana appunto perché di istituzione soprannaturale, con ogni sforzo si adopera di ottenere che, eliminato Cristo sia dalla mente degli uomini, sia dalla vita e dai costumi dei popoli, si possa instaurare il regno della pura ragione e della natura. Abbandonata e rigettata la fede cristiana, rinnegato il vero Dio e il suo Cristo, alla fine molti sono caduti nel baratro dell'ateismo, del materialismo, del panteismo, cosicché, negando la stessa natura razionale e ogni norma di giustizia e di rettitudine, arrivano ad abbattere i fondamenti essenziali della società umana. Di conseguenza, anche molti cattolici si sono smarriti dalla via della vera fede, e oscurandosi in loro a poco a poco le verità di fede, si è attenuato anche il sentire cattolico nella società. Trasportati da queste instabili dottrine, confondendo spesso la natura con la grazia, le scienze umane con la fede divina, arrivano a contaminare il senso genuino delle verità insegnate dalla Chiesa, mettendo in pericolo l'integrità e la sincerità della fede delle persone”.

C'è poco da fare: questa citazione è una descrizione oggettiva e impeccabile della nostra società contemporanea. Una società che ha davvero perso la fede e ogni riferimento al sacro, banalizzandolo o riducendolo a un puro esercizio riservato a gente senza cultura e senza una preparazione. Quanto siamo distanti dalla società in cui vivevano i nostri vecchi, qualche decennio fa, dove questi problemi e questi interrogativi non esistevano, perché c'era ancora tanta fede, e nessuno osava mettere in discussione le verità che venivano insegnate!

Dimenticavo di citare l'autore della frase che ho letto: è tratta dall'enciclica “Dei Filius” promulgata da papa Pio IX il 24 aprile 1870... quindi... non propriamente un nostro contemporaneo, se pensiamo che allora non era ancora stata aperta la breccia di Porta Pia, che costrinse il Papa a rifugiarsi in Vaticano lasciando il palazzo del Quirinale nelle mani della regnante dinastia piemontese...

Quanta attualità in quelle parole pronunciate più di 150 anni fa... Io però lo dico soprattutto perché si comprenda una cosa: è vero che si sono persi molti valori legati alla fede, al mondo d'oggi; è vero che - per riprendere la frase finale del Vangelo di oggi - non sappiamo se Gesù, di ritorno oggi sulla terra, troverebbe ancora la fede. Ma è altrettanto vero - e queste parole ce lo confermano - che da molto tempo è così: anzi, forse è così da sempre, se Gesù stesso pronuncia quelle parole già ai suoi discepoli, oltre che a noi oggi.

Certo, quando la parola di Dio che ascoltiamo a messa la domenica termina, come oggi, con un punto di domanda... significa che c'è poco da stare tranquilli. Significa che la risposta non è ancora stata scritta, o comunque non è a nostra disposizione, non ce l'abbiamo in mano come fosse un manuale o un bigino scolastico... Significa che questo punto interrogativo finale ci deve accompagnare almeno lungo questa settimana, perché ce lo mettiamo dinnanzi agli occhi e alla mente per un serio e personale esame di coscienza: “Il Figlio dell'uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?”.

È una domanda senza risposta, perché la risposta deve poter risuonare nel nostro cuore, senza l'urgenza o la necessità di trovare una risposta. Gesù queste cose le dice ai suoi discepoli, non le dice alle persone che non credono in lui. E questo, perché? Perché la fede - oggi e sempre - si perde non a causa di coloro che non sono cristiani, di coloro che appartengono ad altre religioni, di coloro che si professano atei, di coloro che fanno a meno dei valori costitutivi della nostra Europa Cristiana; e di conseguenza, non salvaguardano la fede del nostro Continente e della nostra società coloro che si ergono a paladini della fede, invocando in ogni sede, spesso inopportuna, la difesa dei valori cristiani della società. La fede si salva e si salvaguardia con l'atteggiamento descritto da Gesù nel Vangelo, quello della vedova che, senza fare clamori o scenate, continua a credere e sperare contro ogni speranza perché sa in chi ha riposto la sua fiducia.

La sua preghiera, la sua supplica di poter ottenere giustizia non cambia certo la testa al giudice, il quale non le farà giustizia perché ritiene giusto che le vada fatta giustizia (e fa specie che questo giudice non riesca a capire la logica dell'ultimo e del povero), ma solo per il proprio interesse, perché l'insistenza di questa donna non arrivi al punto di sollevare uno scandalo, di fare in modo che la gente possa parlare male di lui, ed egli perda la sua credibilità. Se la forza e la convinzione di questa donna (che, ormai lo abbiamo capito, è la descrizione di ciò che è realmente la fede) riescono a smuovere l'irremovibilità di un giudice che non guarda in faccia a nessuno, tanto più può fare una fede gettata nelle mani e nel cuore di chi ci ama con amore di Padre.

Il problema, allora, non è quello di ricreare una società che difenda i grandi valori della fede, ma di affidare a Dio la nostra vita nella consapevolezza che egli si prende cura di noi. Ma noi, questo, spesso non lo facciamo, perché vogliamo risposte immediate, pronte, certe, definite, senza fare invece la fatica (perché credere è una fatica) di attendere, di aspettare, di dover spesso anche tacere ed essere zittiti, magari proprio a causa della nostra fede. Se Mosè non avesse insistito nella sua invocazione e avesse ceduto alla tentazione di lasciar cadere le braccia (nel senso letterale del termine!), Israele non avrebbe conseguito la vittoria contro gli Amaleciti. Se pretendiamo immediatezza nelle risposte ai nostri interrogativi, stiamo pur certi che la fede si perde, in noi e nella società che ci circonda.

“Dio fa giustizia prontamente a coloro che gridano a lui giorno e notte”, ci dice Gesù senza tuttavia specificare i tempi di questo “prontamente”, che di certo non coincidono con i tempi dell'uomo. Ma il problema è a monte: quanto sei disposto a mettere la tua vita nelle mani di Dio? Quanti di noi sono ancora convinti di potere trovare una risposta alle proprie esigenze in Dio e nella sua parola, nei valori dello spirito più che nei beni materiali? O se preferiamo, chiediamoci senza retorica quello che Gesù ci chiede nel Vangelo, non per giudicarci o per pensare male di noi, ma per stimolarci a rimanere in ricerca di una risposta: “Il Figlio dell'uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?”.

 

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