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TESTO Pregare è come respirare

don Antonino Sgrò

XXIX Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (16/10/2022)

Vangelo: Lc 18,1-8 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 18,1-8

In quel tempo, Gesù 1diceva loro una parabola sulla necessità di pregare sempre, senza stancarsi mai: 2«In una città viveva un giudice, che non temeva Dio né aveva riguardo per alcuno. 3In quella città c’era anche una vedova, che andava da lui e gli diceva: “Fammi giustizia contro il mio avversario”. 4Per un po’ di tempo egli non volle; ma poi disse tra sé: “Anche se non temo Dio e non ho riguardo per alcuno, 5dato che questa vedova mi dà tanto fastidio, le farò giustizia perché non venga continuamente a importunarmi”». 6E il Signore soggiunse: «Ascoltate ciò che dice il giudice disonesto. 7E Dio non farà forse giustizia ai suoi eletti, che gridano giorno e notte verso di lui? Li farà forse aspettare a lungo? 8Io vi dico che farà loro giustizia prontamente. Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?».

Ci sono cose che accompagnano il cammino di tutta la vita, di cui non possiamo fare a meno, e la cui mancanza rende amara l'esistenza. Il pensiero corre subito agli affetti, che prendono corpo in una storia familiare, come pure alla possibilità di lasciare un segno nel proprio contesto sociale attraverso un lavoro o un interesse con cui esprimere capacità e valori. E il cristiano di cosa non può fare a meno? Un battezzato non può rinunciare alla preghiera, tanto che non è fuori luogo affermare che senza di essa non si può parlare di vita di fede. La preghiera è al cuore della fede, eppure essa costituisce un problema, perché la maggior parte dei credenti dichiara di non disporre di tempo sufficiente per dedicarsi all'orazione, la confina ai margini della giornata o la riduce a una ripetizione di formule che non toccano il cuore.

La parabola odierna ci svela come pregare, ossia con insistenza, e traccia il punto di partenza del dialogo con Dio: la consapevolezza di avere bisogno, anzi di avere un «avversario». Chi pensa di essere autosufficiente non sarà in grado di elevare lo sguardo a Dio; chi invece è conscio di non poter fare a meno dell'aiuto del Signore, si è già incamminato lungo il sentiero della preghiera. La vedova chiede giustizia perché qualcuno le nega un diritto, come spesso accadeva a quel tempo, nel quale colei che rimaneva senza marito e priva di figli non godeva di alcuna protezione sociale. L'avversario di cui si parla non è specificato, e nell'esperienza spirituale non dobbiamo necessariamente pensare ad un agente esterno, perché spesso siamo noi stessi i primi nemici e distruttori della vita interiore. La persistenza della vedova è immagine della perseveranza richiesta nel combattimento spirituale al cristiano che intende seguire il vangelo, il quale rivela come anche la vita di Gesù dal deserto alla croce sia costellata da continue prove.

Il giudice si sente quasi molestato da questa donna, la cui insistenza è paragonabile a un pugno nell'occhio, come suggerisce l'etimologia del verbo greco. È proprio nello sguardo che si gioca il cammino di fede: lo sguardo indifferente, irritato e rassegnato del giudice si contrappone a quello deciso, appassionato e speranzoso della vedova. Per pregare, lo sguardo deve deviare dalle traiettorie basse dell'autoreferenzialità e dell'invidia e seguire la rotta di un cuore che punta verso l'alto, lasciandosi sorprendere dall'irruzione della verità che si staglia nell'orizzonte della preghiera. Il giudice fatica ad accettare una verità che lo scomoda e lo chiama ad uscire dalle proprie abitudini per occuparsi del bene dell'altro, tuttavia ammette il suo limite: quello di non amare la verità e la giustizia stessa, di sceglierla solo per evitare un fastidio maggiore. Non è certo questa una motivazione sufficiente per amministrare la giustizia, ma è comunque un punto di partenza. O meglio: Dio lo può trasformare in un nuovo inizio.

A differenza del giudice terreno, Il Signore fa giustizia senza indugiare «ai suoi eletti, che gridano giorno e notte verso di lui», perché è totalmente proteso verso di loro; Egli non è un semplice amministratore, ma è la giustizia stessa. La vera sfida per la nostra fede è comprendere il modo in cui Dio attua la sua giustizia. «Prontamente», specifica Luca, sebbene modalità e tempi della grazia siano in genere diversi dalle attese umane; quand'anche però la visibilità storica dell'intervento divino non coincidesse con il bisogno dell'uomo, la grazia opera ad un livello più profondo e cambia il cuore dell'orante.

Tale trasformazione richiede necessariamente la fede. Ecco perché Gesù pone la domanda finale: «Ma il Figlio dell'uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?». È la fede che dona la giusta sensibilità per percepire le risposte di Dio, per rendersi conto che Egli è buono perché ci fa incontrare persone buone, se per assurdo non trovassimo altri motivi di bontà in Lui. L'interrogativo di Gesù potrebbe risuonare come inquietante, quasi che, dopo una vita trascorsa nella fede, un momento di smarrimento nella fase conclusiva dell'esistenza sarebbe letale per la salvezza. In realtà possiamo considerare che Cristo viene ogni giorno a visitarci e, se ci facciamo trovare pronti, non perderemo l'appuntamento con l'eterno. Occorre dunque alimentare sempre la fede con una preghiera continua, irrinunciabile, come il respiro. La prima conversione oggi dei cristiani è quella alla preghiera, che nutre la fede e dispone al dono di Dio. Si tratta di sceglierla sopra ogni cosa, una volta per tutte.

 

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