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TESTO Un Dio strano, compreso solo dallo straniero

don Giacomo Falco Brini  

XXVIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (09/10/2022)

Vangelo: Lc 17,11-19 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 17,11-19

11Lungo il cammino verso Gerusalemme, Gesù attraversava la Samaria e la Galilea. 12Entrando in un villaggio, gli vennero incontro dieci lebbrosi, che si fermarono a distanza 13e dissero ad alta voce: «Gesù, maestro, abbi pietà di noi!». 14Appena li vide, Gesù disse loro: «Andate a presentarvi ai sacerdoti». E mentre essi andavano, furono purificati. 15Uno di loro, vedendosi guarito, tornò indietro lodando Dio a gran voce, 16e si prostrò davanti a Gesù, ai suoi piedi, per ringraziarlo. Era un Samaritano. 17Ma Gesù osservò: «Non ne sono stati purificati dieci? E gli altri nove dove sono? 18Non si è trovato nessuno che tornasse indietro a rendere gloria a Dio, all’infuori di questo straniero?». 19E gli disse: «Àlzati e va’; la tua fede ti ha salvato!».

Nel vangelo di domenica scorsa siamo stati invitati da Gesù a vivere da “servi inutili”. Abbiamo precisato il senso di quella affermazione. Non siamo inutili per Dio, anzi, gli siamo preziosissimi. L'invito è quello di sposare una vita come la sua. Una vita cioè che non cerca il proprio utile, una vita che non si rende schiava di calcoli umani, sempre in attesa di un tornaconto. Chi infatti ha capito che il verbo servire è un altro verbo dell'amore, non si meraviglia della raccomandazione del Signore: quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite “siamo servi inutili, abbiamo fatto quanto dovevamo fare” (Lc 17,10). La relazione con Gesù va coltivata su questo set-up decisivo, altrimenti ci si prepara a delusioni sempre più cocenti, come quelle che avvengono spesso nelle relazioni umane. Se ci si rapporta con Lui come ci si rapporta spesso con gli altri, accampando sempre diritti o giustificandosi sempre davanti a loro, non può che essere questo l'esito. Non si può scambiare la fede per un amuleto di protezione o per la ricerca di vantaggi. Il linguaggio della vita di Gesù, se lo si impara, ci porta letteralmente in un altro mondo.

L'episodio di oggi illumina ancor di più quanto stiamo ricordando. Dieci lebbrosi si avvicinano a Gesù. Si può subito supporre perché, si mantengono a distanza come la legge ebraica prescriveva loro di fare, sembra sappiano anche riconoscere una certa autorità della sua persona: maestro, abbi pietà di noi (Lc 17,13) - gli gridano. E il Signore, mosso a compassione, rivolge loro la parola che non chiede né più né meno di quello che chiede la stessa legge: andate a presentarvi ai sacerdoti (Lc 17,14). Solo che la legge chiede di andarci quando si è già guariti, non quando si è ancora nella terribile malattia. Dunque l'invito di Gesù è alquanto strano, non vi pare? Si può capire uno strano che ti chiede cose strane? Il vangelo ci dice di sì, e ce lo spiega sorprendentemente, come sempre. Infatti, succede che su dieci lebbrosi incamminatisi obbedendo alla sua parola, tutti e dieci vengono guariti. Ma, mentre nove procedono laddove Gesù li ha mandati, uno solo invece cambia rotta e fa qualcosa che piace al Signore, sebbene non glielo abbia chiesto. Voi ci capite qualcosa? Nove obbediscono fino in fondo alla parola e alla fine sembrano farci una brutta figura (Lc 17,17). Uno solo invece, mentre obbedisce a quella parola, si inventa qualcos'altro e viene esaltato dal Signore (Lc 17,18-19).

Riassumendo: richiesta strana di Gesù, sua strana reazione al comportamento della maggioranza dei lebbrosi guariti, strana sua affermazione finale per uno che non ha obbedito fino in fondo alla sua parola. Il vangelo non conosce mai le ovvietà. Perché tutto sommato, i nove guariti dalla lebbra hanno compiuto quello che è stato detto loro. Però hanno obbedito alla parola di Gesù come se avessero obbedito solo a un rigido comando e non a una persona. Immagine di ogni uomo religioso che coltiva la sua fede come fosse solo un insieme di regole rassicuranti, ma che non salvano; un uomo che si ferma alla legge, rimanendo prigioniero dei suoi schemi che danno tutto per certo. Immagine di ogni religione costruita sul volto di un Dio impassibile la cui volontà è stabilire una relazione con l'uomo basata solo su un'osservanza di norme. Non si è trovato nessuno che tornasse indietro a rendere gloria a Dio, all'infuori di questo straniero? - si chiede Gesù sorpreso dalla gratitudine del samaritano e dalla ingratitudine degli altri nove. Gesù, questo Dio strano, scoperto solo da uno straniero!

Quale insegnamento per noi lettori, aspiranti discepoli di oggi? Il cristianesimo non è la fede delle risposte in automatico a Dio. Avete mai visto delle persone che rispondono in automatico nelle relazioni umane? Io tante. E se osservate bene, trattasi di relazioni mai autentiche, sempre impersonali. Non avviene quel che chiamiamo “un incontro”. Potremmo dire: quando i dieci lebbrosi si avvicinarono a Gesù gridando verso di Lui, ricevettero tutti il dono della guarigione ma uno solo incontrò veramente il Signore. E difatti solo il samaritano giunge a chiamarlo, prostrandosi, Signore. Messaggio dallo spessore enorme: solo lo straniero cambia direzione nella sua vita, cioè si converte alla sorgente di ogni dono, perché ha capito cosa è veramente successo. Gli altri nove battono la strada del “ho fatto quello che mi dice la legge e sono a posto”. Solo nel samaritano scocca la vera fede, la quale, imprime sempre una conversione e spinge a prendere un'iniziativa. Perché l'amore è sempre creativo e non dà mai niente di scontato. L'amore è sempre grato, poiché viene dalla grazia di Dio. La fede in Gesù non ci inquadra in uno schema predeterminato di vita, piuttosto ci chiama a uscirne, perché la creatività dell'amore è imprevedibile. L'amore non lo puoi mai inscatolare. Nessuno ama per protocollo, ma perché sa andare oltre di esso. Gesù sa che solo quello straniero lo ha compreso. Per questo gli dice: alzati e va, la tua fede ti ha salvato. “La tua fede”: una persona che ama e vive di fede, ci mette sempre la faccia e lo fa a modo suo, stabilendo con il Signore una relazione personale. La fede, come l'amore, ci rende unici nelle nostre manifestazioni.

 

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