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TESTO Mostra un'altra faccia della vita

don Angelo Casati  

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V domenica dopo il martirio di San Giovanni il Precursore (Anno C) (02/10/2022)

Vangelo: Lc 6,27-38 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 6,27-38

27Ma a voi che ascoltate, io dico: amate i vostri nemici, fate del bene a quelli che vi odiano, 28benedite coloro che vi maledicono, pregate per coloro che vi trattano male.

29A chi ti percuote sulla guancia, offri anche l’altra; a chi ti strappa il mantello, non rifiutare neanche la tunica. 30Da’ a chiunque ti chiede, e a chi prende le cose tue, non chiederle indietro.

31E come volete che gli uomini facciano a voi, così anche voi fate a loro. 32Se amate quelli che vi amano, quale gratitudine vi è dovuta? Anche i peccatori amano quelli che li amano. 33E se fate del bene a coloro che fanno del bene a voi, quale gratitudine vi è dovuta? Anche i peccatori fanno lo stesso. 34E se prestate a coloro da cui sperate ricevere, quale gratitudine vi è dovuta? Anche i peccatori concedono prestiti ai peccatori per riceverne altrettanto. 35Amate invece i vostri nemici, fate del bene e prestate senza sperarne nulla, e la vostra ricompensa sarà grande e sarete figli dell’Altissimo, perché egli è benevolo verso gli ingrati e i malvagi.

36Siate misericordiosi, come il Padre vostro è misericordioso.

37Non giudicate e non sarete giudicati; non condannate e non sarete condannati; perdonate e sarete perdonati. 38Date e vi sarà dato: una misura buona, pigiata, colma e traboccante vi sarà versata nel grembo, perché con la misura con la quale misurate, sarà misurato a voi in cambio».

Leggevo e mi prendeva desiderio, desiderio di essere, se pur da lontano, come lo scriba del vangelo che dal tesoro estrae cose nuove e cose antiche. Estrarre e poi conservarle, perché, sedotti da altri proclami, le parole del vangelo non corrano il rischio di essere ricacciate nel buio della smemoratezza o impallidite da altre parole più comuni, che mal sopportano la dismisura, la dismisura del porgere l'altra guancia, cui ci chiamava oggi il vangelo. Quasi una chiamata a rispondere in un modo inatteso, altro, diverso. Perché se a schiaffo rispondi con uno schiaffo, con la proporzionalità - occhio per occhio, dente per dente - che cosa c'è di nuovo nell'aria? E' quello che accade da sempre.

E non porti altro che quello che accade da sempre. Mostra un'altra faccia della vita. Una risposta altra. Sì, una risposta allo schiaffo è dovuta, perché all'ingiustizia una risposta è dovuta. Ma come rispondere? Anche Gesù ha una risposta, la sua non è una resa passiva. Voi ricordate, accadde nella notte del tradimento e della cattura. Giovanni nel suo vangelo scrive: "Il sommo sacerdote dunque interrogò Gesù intorno ai suoi discepoli e alla sua dottrina. Gesù gli rispose: "Io ho parlato apertamente al mondo; ho sempre insegnato nelle sinagoghe e nel tempio, dove tutti i Giudei si radunano; e non ho detto nulla in segreto. Perché m'interroghi? Domanda, a quelli che mi hanno udito, quello che ho detto loro; ecco, essi sanno le cose che ho dette". Ma appena ebbe detto questo, una delle guardie che gli stava vicino dette uno schiaffo a Gesù, dicendo: "Così rispondi al sommo sacerdote?" Gesù gli rispose: "Se ho parlato male, dimostra il male che ho detto; ma se ho parlato bene, perché mi percuoti?"" (Gv 18, 19-23).

Forse vado troppo lontano se tento di immaginare i pensieri della guardia alle parole di Gesù; chissà se ci furono pensieri, se ce ne furono in lui o in quelli che ascoltarono le parole, parole che denunciavano una ingiustizia conclamata. Fermo le mie immaginazioni. Ritorno alla concretezza del vivere quotidiano dove, penso, ognuno di noi riconosce la radicalità di queste parole del vangelo, parole che sembrano sfiorare un paradosso, e, insieme, penso, ognuno riconosce la fatica di modellarvi la sua vita. Perché se è vero che a uno schiaffo forse non reagirei con uno schiaffo, è forse altrettanto vero che a volte un'ombra di ostilità - il nemico - mi rimane impigliata negli occhi: a un torto, a una scorrettezza, a una indifferenza non sono forse tentato di reagire con indifferenza, disistima o esclusione?

Mi tocca riconoscere la mia lontananza e pregare di essere aiutato, e alzare gli occhi. O abbassarli? Perdonate il bisticcio di parole. Abbassarli per scoprire che anch'io sono bisognoso di misericordia e alzarli verso il Padre misericordioso: "Siate misericordiosi, come il Padre vostro è misericordioso". E voi sapete che Luca nel suo vangelo sembra ritradurre così l'invito di Matteo ad essere perfetti come il Padre che è nei cieli: siate misericordiosi. Alzare gli occhi. O, se volete, abbassarli alla terra per rinvenire tracce e poi seguirle, quelle di Gesù di Nazaret, che non si lasciava chiudere nella meccanicità delle tradizioni, ma inventava, sospinto dall'amore.

E mi vengono in soccorso le parole di Paolo: "Il Dio della perseveranza e della consolazione vi conceda di avere gli uni verso gli altri gli stessi sentimenti, sull'esempio di Cristo Gesù, perché con un solo animo e una voce sola rendiate gloria a Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo. Accoglietevi perciò gli uni gli altri come anche Cristo accolse voi, per la gloria di Dio". "Come anche Cristo accolse voi": accoglienza è parola cui oggi spesso siamo richiamati. Forse anche perché il pericolo dell'esclusione e dello scarto ha un affaccio perverso nel nostro tempo. E' vero, ma la parola accoglienza, se ben capisco, è al di là dei tempi, perché nasce da un riconoscimento che è di sempre, o dovrebbe essere di sempre, un riconoscimento dell'altro, dell'umano e del divino che abita l'altro, ogni altro. Gli altri, che spesso per la loro diversità - altri da me, da noi - diventano una categoria: il nemico, o, se vogliamo stare al brano del profeta, l'eunuco, lo straniero.

Sentite la bellezza di queste parole di Dio che raccontano i suoi occhi e dovrebbero raccontare i nostri: "Non dica lo straniero che ha aderito al Signore: "Certo, mi escluderà il Signore dal suo popolo!". Non dica l'eunuco: "Ecco, io sono un albero secco!"". Dunque se uno si sente senza terra, fategli sentire che ha una terra; e se uno si sente senza futuro, fategli vedere che ha un futuro. Date nome di figli, come fa Dio. Il comando di Dio è che si pratichino il diritto e la giustizia e si osservi il sabato. Il sabato - perdonate se mi azzardo in questa interpretazione - il sabato, quando era proibito fare lavori, ma una cosa si era liberi di fare, si è sempre liberi di fare, e Gesù la rivendicava: il bene. E lo faceva, anche di sabato Fare il bene.

Non so se ha colpito anche voi nel vangelo di oggi l'insistenza di Gesù sul fare il bene: fate il bene. Fate cose buone, fate cose belle. Chiedetevi se fate il bene, se fate cose buone, se fate cose belle. C'è nelle parole una concretezza. Una concretezza che mi ha richiamato alla mente la figura di un mio amico prete, don Luigi Pozzoli, che era solito mettere in guardia da dichiarazioni troppo enfatiche e manifestava la sua predilezione per parole piccole. Diceva: "Poiché l'amore è una parola troppo solenne e sembra rimandare a gesti solenni, preferisco dire bontà. La bontà è fatta di piccole cose. Bontà è disarmare a poco a poco il proprio cuore, il proprio sguardo, il proprio linguaggio; bontà è sospendere il giudizio, è pregare per chi ci è ostile, è sperare e attendere. Bontà è accettare anche di non essere capiti".

La bontà, fate cose buone, fate cose belle. Anche se ve ne sentite lontani, vi rimanga negli occhi la dismisura di Dio.

 

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