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TESTO In quale salvezza investo tutto?

don Antonino Sgrò

XXV Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (18/09/2022)

Vangelo: Lc 16,1-13 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 16,1-13

In quel tempo, 1Gesù diceva ai suoi discepoli: «Un uomo ricco aveva un amministratore, e questi fu accusato dinanzi a lui di sperperare i suoi averi. 2Lo chiamò e gli disse: “Che cosa sento dire di te? Rendi conto della tua amministrazione, perché non potrai più amministrare”. 3L’amministratore disse tra sé: “Che cosa farò, ora che il mio padrone mi toglie l’amministrazione? Zappare, non ne ho la forza; mendicare, mi vergogno. 4So io che cosa farò perché, quando sarò stato allontanato dall’amministrazione, ci sia qualcuno che mi accolga in casa sua”. 5Chiamò uno per uno i debitori del suo padrone e disse al primo: “Tu quanto devi al mio padrone?”. 6Quello rispose: “Cento barili d’olio”. Gli disse: “Prendi la tua ricevuta, siediti subito e scrivi cinquanta”. 7Poi disse a un altro: “Tu quanto devi?”. Rispose: “Cento misure di grano”. Gli disse: “Prendi la tua ricevuta e scrivi ottanta”. 8Il padrone lodò quell’amministratore disonesto, perché aveva agito con scaltrezza. I figli di questo mondo, infatti, verso i loro pari sono più scaltri dei figli della luce. 9Ebbene, io vi dico: fatevi degli amici con la ricchezza disonesta, perché, quando questa verrà a mancare, essi vi accolgano nelle dimore eterne.

10Chi è fedele in cose di poco conto, è fedele anche in cose importanti; e chi è disonesto in cose di poco conto, è disonesto anche in cose importanti. 11Se dunque non siete stati fedeli nella ricchezza disonesta, chi vi affiderà quella vera? 12E se non siete stati fedeli nella ricchezza altrui, chi vi darà la vostra?

13Nessun servitore può servire due padroni, perché o odierà l’uno e amerà l’altro, oppure si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro. Non potete servire Dio e la ricchezza».

Forma breve (Lc 16, 10-13):

In quel tempo, Gesù diceva ai suoi discepoli: 10«Chi è fedele in cose di poco conto, è fedele anche in cose importanti; e chi è disonesto in cose di poco conto, è disonesto anche in cose importanti. 11Se dunque non siete stati fedeli nella ricchezza disonesta, chi vi affiderà quella vera? 12E se non siete stati fedeli nella ricchezza altrui, chi vi darà la vostra?

13Nessun servitore può servire due padroni, perché o odierà l’uno e amerà l’altro, oppure si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro. Non potete servire Dio e la ricchezza».

«Fu accusato». È vero che spesso si subiscono calunnie e che il bene emerge a fatica, ma è ancor più vero che presto o tardi, se hai commesso un'ingiustizia, qualcuno te ne presenterà il conto. Ciò non deve spaventarci, ma ricordarci che alla fine il male si ritorce contro e, per questo, conviene vivere facendo il bene. Il concetto di ‘convenienza', che applicato alle relazioni interpersonali suona come un attentato all'idea stessa di amicizia (la quale non tollera il calcolo e il tornaconto!), fa da sfondo al nostro testo: cosa conviene fare per salvarsi? Dipende da quale salvezza cerchiamo, perché ogni finalità perseguita richiede investimenti e costi diversi.

Un amministratore viene accusato di sperperare i beni del padrone. Non sappiamo in cosa sia consistita questa cattiva gestione, ma sembrerebbe trattarsi della contestazione di una impostazione generale del suo operato. Ognuno è chiamato ad amministrare bene la vita ricevuta in dono da Dio, ma può accadere che abbia sbagliato su tanti o su tutti i fronti. Ritorna l'interrogativo: cosa conviene fare? È necessario porsi a lungo tale domanda, parlare al proprio bisogno di salvezza, che forse non è emerso per tutta una vita schiacciata su un presente materialistico, senza un respiro ampio e l'attesa di un futuro eterno. Il desiderio di rimediare al male che si è procurato può farsi urgente dinanzi a un pericolo mortale o alla conclusione naturale della propria esistenza. È qui che la ‘convenienza' deve guidare pensieri e comportamenti per poter sperare nella salvezza, se uno ci crede. Certo, non è meritorio il fatto che tale conversione avvenga per timore della dannazione eterna, ma forse Dio si lascia impressionare dalla nostra incoerenza e dall'opportunismo? Quasi tutti gli uomini amano Dio meno di quanto amino se stessi, ma Egli non smette di darci occasioni per poter entrare nella sua beatitudine.

L'amministratore è attraversato dalla preoccupazione del futuro e finalmente vede il presente come lo spazio d'azione della sua creatività per procurarsi un avvenire sereno. Parte da ciò che si potrebbe fare ma che lui non sa fare, ossia zappare e mendicare. La prima attività appare troppo faticosa, mentre la seconda era disdicevole per la mentalità religiosa ebraica. Al di là delle ragioni fisiche e culturali che lo dissuadono, le due azioni comportano l'assenza di una relazione interpersonale, perché si limitano a un rapporto con la nuda terra e con un benefattore occasionale, laddove una vera salvezza richiede un dialogo, anzi un patto di alleanza con qualcuno. Nessuno può darsi da solo salvezza; ecco perché il fattore deve incontrare, chiedere, attendere e ricevere dagli altri qualcosa. La differenza è che stavolta egli è disposto a dare. Prima prendeva per sé, sperperando i beni del padrone, e nel proprio orizzonte non contemplava il volto dell'altro; adesso il prossimo ha una duplice funzione: il volto da servire diventa occasione di salvezza.

L'uomo attiva una serie di abili strategie: chiama i debitori del padrone ad uno ad uno, perché ciascuno abbia la sensazione di ricevere un trattamento speciale; condona parte dei loro debiti, rinunciando così al guadagno che per consuetudine gli spettava, una volta soddisfatto il padrone; infine confida che al momento opportuno gli saranno riconoscenti. Non ne ha la certezza, ma mentre prima riponeva la propria fiducia nel denaro, ora mammona non diventa più un fine, bensì un mezzo per procurarsi degli amici. Paradossalmente adesso non viene più accusato ma lodato; non è ovviamente la disonestà ad essere osannata, come commenta Luca, ma la sua prontezza. L'amministratore disonesto ha pensato alla salvezza terrena: avranno «i figli della luce» la medesima virtù per procurarsi la salvezza eterna? A questa si accede anche usando bene la ricchezza terrena, ossia come una possibilità di fare del bene ai poveri, riparando in tal modo al fatto che la ricchezza in sé è ingiusta, in quanto consiste in risorse accumulate e sottratte ai poveri.

Alla luce della parabola, ci chiediamo: in cosa investo tutto? In beni che si esauriscono o in relazioni che non finiscono, poiché ci si salva anche grazie alla testimonianza e all'intercessione altrui? La scelta s'impone, perché non si possono servire due padroni. Il dramma di oggi è che, pur cercando il Signore, molti non riescono a staccarsi dalle seduzioni del mondo... e si passa tutta la vita a barcollare come ubriachi, non di Spirito ma di instabilità morale e spirituale. Serviamo Colui che ci ha sempre servito, donandoci così la sua salvezza!

 

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