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TESTO Dove sta l'importanza di una persona

mons. Roberto Brunelli

XXV Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (18/09/2022)

Vangelo: Lc 16,1-13 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 16,1-13

In quel tempo, 1Gesù diceva ai suoi discepoli: «Un uomo ricco aveva un amministratore, e questi fu accusato dinanzi a lui di sperperare i suoi averi. 2Lo chiamò e gli disse: “Che cosa sento dire di te? Rendi conto della tua amministrazione, perché non potrai più amministrare”. 3L’amministratore disse tra sé: “Che cosa farò, ora che il mio padrone mi toglie l’amministrazione? Zappare, non ne ho la forza; mendicare, mi vergogno. 4So io che cosa farò perché, quando sarò stato allontanato dall’amministrazione, ci sia qualcuno che mi accolga in casa sua”. 5Chiamò uno per uno i debitori del suo padrone e disse al primo: “Tu quanto devi al mio padrone?”. 6Quello rispose: “Cento barili d’olio”. Gli disse: “Prendi la tua ricevuta, siediti subito e scrivi cinquanta”. 7Poi disse a un altro: “Tu quanto devi?”. Rispose: “Cento misure di grano”. Gli disse: “Prendi la tua ricevuta e scrivi ottanta”. 8Il padrone lodò quell’amministratore disonesto, perché aveva agito con scaltrezza. I figli di questo mondo, infatti, verso i loro pari sono più scaltri dei figli della luce. 9Ebbene, io vi dico: fatevi degli amici con la ricchezza disonesta, perché, quando questa verrà a mancare, essi vi accolgano nelle dimore eterne.

10Chi è fedele in cose di poco conto, è fedele anche in cose importanti; e chi è disonesto in cose di poco conto, è disonesto anche in cose importanti. 11Se dunque non siete stati fedeli nella ricchezza disonesta, chi vi affiderà quella vera? 12E se non siete stati fedeli nella ricchezza altrui, chi vi darà la vostra?

13Nessun servitore può servire due padroni, perché o odierà l’uno e amerà l’altro, oppure si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro. Non potete servire Dio e la ricchezza».

Forma breve (Lc 16, 10-13):

In quel tempo, Gesù diceva ai suoi discepoli: 10«Chi è fedele in cose di poco conto, è fedele anche in cose importanti; e chi è disonesto in cose di poco conto, è disonesto anche in cose importanti. 11Se dunque non siete stati fedeli nella ricchezza disonesta, chi vi affiderà quella vera? 12E se non siete stati fedeli nella ricchezza altrui, chi vi darà la vostra?

13Nessun servitore può servire due padroni, perché o odierà l’uno e amerà l’altro, oppure si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro. Non potete servire Dio e la ricchezza».

Domenica scorsa abbiamo sentito che Gesù ha chiamato addirittura “satana” l'apostolo Pietro, il quale invece di “pensare secondo Dio” inseguiva suoi calcoli umani. Ma non è bastato: nel vangelo odierno (Marco 9,30-37) ritroviamo Gesù intento a istruire gli apostoli, in particolare preparandoli agli eventi prossimi, così diversi da quelli che essi si attendevano dal Messia. Eccolo allora ribadire che lui, “il Figlio dell'uomo sta per essere consegnato nelle mani degli uomini e lo uccideranno; ma, una volta ucciso, dopo tre giorni risorgerà”.

Questa predizione della sua Pasqua si scontra con la greve umanità di coloro che pure lui stesso ha scelto come primi collaboratori. Essi insistono nell'aggrapparsi all'opinione corrente di un Messia politico, il quale, cacciati i Romani occupanti, restaurerà l'antico regno d'Israele, indipendente e glorioso come quello di Davide e di Salomone. Sono così radicati in questa prospettiva, che invece di badare alle parole del Messia discutono tra loro su chi sia il più grande, e dunque, nel regno tutto terreno che il Messia ritengono stia per fondare, a chi di loro toccherà il posto più importante.

A tanta grettezza noi forse risponderemmo con qualche mala parola. Invece Gesù torna pazientemente a spiegare e, come usavano fare gli antichi profeti, accompagna le sue parole con un gesto esemplificativo: abbraccia un bambino e li invita a fare altrettanto, per amor suo. I bambini allora erano privi di rilevanza giuridica e sociale; perciò un bambino si prestava ad essere simbolo degli emarginati, dei tanti che “non contano”. In quel bambino, Gesù li abbraccia tutti, e invita tutti i suoi seguaci a comportarsi come lui.

Quale cambio di prospettiva! Il più grande è chi accoglie nella propria mente e nel proprio cuore quanti non godono di privilegi, quanti nella società stanno un passo (o due, o tre, e spesso di più) dietro gli altri. Nel mondo nuovo che Gesù instaura, l'importanza di una persona non si misura dal suo potere, dal suo danaro, dal suo successo, ma dalla disponibilità, dall'impegno a fare giustizia, ad alleviare le condizioni dei meno fortunati.

Così ha fatto lui, e dopo di lui una schiera di uomini e donne che hanno cercato di imitarlo. In virtù del loro impegno, questo rivoluzionario principio in duemila anni ha cambiato il mondo; oggi formalmente tutti, e non solo i cristiani, condannano certi atteggiamenti e criteri di vita che un tempo erano ritenuti normali (la discriminazione delle donne, gli abusi sui minori, la schiavitù, il dispotismo eccetera); almeno a parole, oggi tutti riconoscono che la fame nel mondo è frutto di un'ingiustizia da sanare, ed è pacifico che chi è investito di autorità non dovrebbe operare per l'utile proprio ma per il bene comune. Insomma, sull'antico criterio dello sfruttare gli altri a proprio vantaggio (o, quando andava bene, dell'indifferenza per le condizioni altrui) oggi trionfa il criterio prettamente cristiano del servire. Trionfa negli enunciati delle leggi e nelle dichiarazioni pubbliche; se però si guarda ai fatti, si rischia di deprimersi costatando la loro difformità rispetto ai principi.

Ne deriva l'impegno, per ogni uomo che voglia essere tale, ad adeguare il proprio comportamento ai principi che un'onesta intelligenza riconosce giusti. E ciò vale in prima linea per la Chiesa, che da sempre proclama l'autorità come servizio (la sua massima autorità, il papa, porta ufficialmente il titolo di “servo dei servi di Dio”) e prevede figure a ciò specificamente deputate (sono ancora poco conosciuti, ma ci sono anche tra noi i diaconi permanenti: e compito specifico del diacono è proprio il servire). L'impegno vale però anche per gli altri cristiani, per tutti i battezzati, se vogliono ritenersi seguaci del Figlio di Dio, il quale è venuto tra noi, come ha dichiarato lui stesso (Vangelo secondo Marco 10,45), non per essere servito ma per servire. Sino a dare la vita.

 

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