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TESTO Altro che fede “di massa”...

don Alberto Brignoli   Amici di Pongo

XXIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (04/09/2022)

Vangelo: Lc 14,25-33 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 14,25-33

In quel tempo, 25una folla numerosa andava con Gesù. Egli si voltò e disse loro: 26«Se uno viene a me e non mi ama più di quanto ami suo padre, la madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo. 27Colui che non porta la propria croce e non viene dietro a me, non può essere mio discepolo.

28Chi di voi, volendo costruire una torre, non siede prima a calcolare la spesa e a vedere se ha i mezzi per portarla a termine? 29Per evitare che, se getta le fondamenta e non è in grado di finire il lavoro, tutti coloro che vedono comincino a deriderlo, 30dicendo: “Costui ha iniziato a costruire, ma non è stato capace di finire il lavoro”. 31Oppure quale re, partendo in guerra contro un altro re, non siede prima a esaminare se può affrontare con diecimila uomini chi gli viene incontro con ventimila? 32Se no, mentre l’altro è ancora lontano, gli manda dei messaggeri per chiedere pace. 33Così chiunque di voi non rinuncia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo.

Una caratteristica di noi preti “in cura d'anime”, ovvero attivi nella pastorale parrocchiale (e in particolare di noi parroci), è quella di non essere mai contenti della risposta della nostra gente alle proposte che offriamo loro all'interno del cammino della parrocchia. Se partecipa poca gente, siamo subito pronti a lamentarci: “Ma guarda te, non capiscono niente, non importa niente a loro della formazione, non sanno distinguere le proposte valide dalle cose banali”, e via dicendo. Se poi dopo, la volta successiva, avendo noi corretto qualcosa che mancava o che poteva essere causa di scarsa partecipazione, si presenta un po' più gente della volta scorsa, nemmeno lì siamo pienamente soddisfatti: “Sì, sono venuti, ma solo perché abbiamo fatto il rinfresco, o perché abbiamo spostato il giorno al lunedì, quando non ci sono le partite di Champions, altrimenti non cambiava nulla. E poi erano ancora pochi, rispetto al numero degli abitanti della parrocchia”. E anche qualora la partecipazione della gente fosse sopra ogni aspettativa, “di massa” come una volta, ci sarebbe motivo di lamentela: “Che caos! Dove le mettiamo tutti? Ma poi, tutti sempre alla stessa messa nello stesso orario! Menomale che da domani riprendono le normali attività e quindi si ridimensionano i numeri!”. Insomma, pare proprio che non ci vada mai bene nulla, che l'ideale della vita cristiana sia sempre lontano dall'essere raggiunto...

Potrebbe consolarci, forse, sapere che neppure al nostro Maestro andava sempre tutto come egli desiderava. Stando a quanto abbiamo letto nel Vangelo di Luca quest'anno, all'inizio della sua missione dai suoi compaesani di Nazareth viene non solo ignorato, ma addirittura rifiutato e perseguitato. Poi, quando inizia a trovare alcuni disposti a seguirlo, ne smonta l'entusiasmo, dicendo a uno che seguirlo significa non avere dove posare il capo, a un altro che voleva seppellire prima suo padre che era bene lasciare che i morti seppellissero i loro morti, a un altro ancora che mettere mano all'aratro e volgersi indietro era mancanza di dignità: e allora, anche quei pochi che lo ascoltano e accolgono, si allontanano. Per arrivare al Vangelo di oggi, dove - ci dice Luca - una folla numerosa andava con lui: cosa che dovrebbe spalancare il cuore a Gesù, perché vede concretizzarsi il suo desiderio di riportare tutti gli uomini a Dio. Invece, i molti che andavano con lui pare quasi che gli diano fastidio, pare quasi che rifiuti popolarità e grandi folle al suo seguito: e a quei “molti”, parla chiaro, ponendo tre condizioni che molto probabilmente porteranno diversi di loro a lasciar perdere il suo messaggio.

Quali sono queste tre condizioni per seguire Gesù in modo autentico e non solo perché presi da facili entusiasmi? Fondamentalmente, si tratta di una sola condizione: essere liberi, interiormente ed esteriormente. Liberi da vincoli affettivi, liberi dalla preoccupazione del consenso, liberi dall'affanno delle ricchezze. Che a nostro modo di vedere e di pensare, sarebbero tre aspetti molto belli da portare avanti, anche nella nostra vita di fede: cosa c'è di più bello che poter condividere la nostra fede in Cristo con le persone a cui vogliamo più bene? Cosa facciamo di male se, nelle nostre attività ecclesiali e pastorali, ricerchiamo l'approvazione e il sostegno degli altri? E cosa c'è di sbagliato nell'utilizzo dei beni materiali anche all'interno della Chiesa, che del resto, essendo una realtà temporale e inserita nel mondo, non camperebbe, se non cercasse di avere anche delle entrate economiche per gestire le proprie attività?

Se svolte con saggezza e onestà, queste tre sono cose totalmente lecite e senza nulla di sbagliato: perché allora Gesù ci chiede, per essere suoi discepoli, di liberarci dagli affetti più cari, di addossarci il peso del Vangelo come fosse una croce, e di rinunciare a tutti i nostri averi? È proprio vero ciò che ci dice la prima lettura di oggi, tratta dal libro della Sapienza: “Quale uomo può conoscere il volere di Dio? Chi può immaginare che cosa vuole il Signore? A stento immaginiamo le cose della terra...ma chi ha investigato le cose del cielo? Chi avrebbe conosciuto il tuo volere, se tu non gli avessi dato la sapienza e dall'alto non gli avessi inviato il tuo santo spirito?”.

Queste parole, tuttavia, non devono diventare una comoda giustificazione che ci porti a dire: “Del resto, è così: non potremo mai capire il pensiero di Dio riguardo alla nostra vita, per cui rassegniamoci...”. Certo, il pensare di Dio anche riguardo alla vita di fede non coincide con il nostro modo di pensare: ma ciò non toglie che noi dobbiamo cercare di capirlo, e laddove sia possibile, seguirlo e cercare di conformare la nostra vita alla sua vita, il nostro pensiero al suo pensiero. E il suo pensiero, riguardo alla vita di fede, è chiaro, sia pur nella sua crudità: per quanto importante e bella, nessuna delle cose della nostra vita è da anteporre a Dio. E se a Dio non siamo capaci di dare il primato rispetto a ogni cosa, per quanto bella, importante e gratificante, alla nostra vita di fede manca sempre qualcosa: manca quella libertà - interiore ed esteriore - da tutto ciò che siamo e abbiamo per poterci dire liberamente suoi discepoli.

Per cui, se l'amore verso Dio non viene prima dell'amore verso le persone a noi più care, non abbiamo quella libertà di cuore che egli ci chiede per poterlo seguire liberamente.

Se ricerchiamo il consenso e l'approvazione degli altri in tutto ciò che facciamo, e non accettiamo il peso della sofferenza che l'annuncio del Vangelo inevitabilmente comporta, anche a costo di essere disprezzati, non abbiamo quella libertà di spirito che egli ci chiede per poterlo seguire liberamente.

Se la preoccupazione per la gestione dei beni materiali diventa prioritaria anche nelle nostre scelte di vita ecclesiale, la malizia che il denaro porta con sé ci toglie quella libertà di azione che egli ci chiede per poterlo seguire liberamente.

Seguire Gesù è impegnativo, c'è poco da fare: e forse, non è per tutti. Lui invita tutti quanti a seguirlo: ma vuole anche essere molto chiaro ed evitare facili entusiasmi per una vita cristiana “di massa” che oggi non c'è più come c'era in passato.

E forse, ascoltando le esigenze che credere nel Vangelo comporta, è meglio così...

 

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