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TESTO Commento su Giovanni 5, 31-47

padre Lino Pedron  

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Giovedì della IV settimana di Quaresima (03/04/2003)

Vangelo: Gv 5,31-47 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

A sostegno della sua missione divina Gesù presenta quattro testimoni: il Battista, le proprie opere, il Padre, le Scritture.

Anzitutto Gesù si appella alla testimonianza di Dio, espressa prima in un personaggio misterioso e senza nome (v.32) e poi ripresa in seguito, in forma esplicita, con l'appellativo di Padre (vv.37-38).

Gesù fa appello alla testimonianza del Padre: essa è vera, forte, inoppugnabile, incontestabile. L'uomo può ingannarsi nei suoi giudizi, Dio no.

Il Battista ha reso testimonianza a Cristo che è la verità (Gv 14,6). Gesù non ha bisogno di una testimonianza umana; si è appellato alla testimonianza del Battista solo per favorire la salvezza dei suoi interlocutori. La testimonianza del Battista ha avuto lo scopo di favorire la fede di tutti, soprattutto dei giudei (Gv 1,7). Il Battista ha preparato e favorito la rivelazione di Gesù a Israele (Gv 1,31).

Le autorità religiose di Gerusalemme vollero essere illuminate dalla parola del Battista, e per tale ragione gli mandarono un'ambasceria (Gv 1,19ss). Ma purtroppo non accettarono la sua testimonianza; non vollero riconoscere Gesù come Messia e Figlio di Dio, nonostante la proclamazione chiara ed esplicita del Battista (Gv 1,29ss).

Dopo aver citato in suo favore la testimonianza del Battista, Gesù ne porta una maggiore: le opere che compie. Tra esse occupa un posto di primo piano la risurrezione dei morti.

I giudei non hanno mai sperimentato la presenza visibile di Dio e non sono in comunione con lui, perché non credono nel suo inviato. L'esperienza di Dio si concretizza nella dimora della sua parola nel cuore dell'uomo. Dio ha reso e continua a rendere testimonianza al Figlio suo nel cuore di ogni uomo. Solo chi accoglie la parola di Dio in sé, accoglie la testimonianza del Padre.

Dopo la testimonianza del Padre, Gesù si appella alla testimonianza delle Scritture. L'Antico Testamento deve fornire la fede in Gesù, perché parla di lui. "La legge era uno strumento di preparazione. Coloro che la capivano veramente, coloro che per mezzo di essa entravano nel disegno di Dio e vi corrispondevano meglio che potevano, erano guidati verso il termine voluto dal Padre, Gesù Cristo, nel quale solo è offerta la vita eterna" (Giblet). I giudei che studiavano le Scritture avrebbero dovuto essere le persone più preparate ad accogliere Gesù. Ma purtroppo i giudei non vogliono credere in Gesù.

A differenza dei giudei che ricevono gloria gli uni dagli altri, e perciò non possono credere, Gesù non riceve gloria dagli uomini, non cerca il loro plauso. L'amore dei giudei per la gloria umana è l'amore dell'uomo per la falsa grandezza. Gli avversari sono ostinati nella mancanza di fede perché amano più la gloria degli uomini che quella di Dio (cfr Gv 12,43). Questi increduli ostinati avranno come accusatore il loro stesso profeta, Mosè, perché essi non credono neppure ai suoi scritti.

I giudei che non credono in Gesù, non credono neppure in Mosè, non sono veri figli di Abramo, ma sono discendenti del diavolo (cfr Gv 8,39-44): la loro mancanza di fede smentisce la venerazione che dicono di avere verso questi padri del popolo eletto.

Mosè ha scritto di Gesù: egli è il centro delle Scritture; la Legge e i Profeti parlano di lui (cfr Gv 1,45) e gli rendono testimonianza (Gv 5,39). I nemici di Gesù non credono agli scritti di Mosè: a maggior ragione non possono credere alle parole del Figlio di Dio. Rifiutando Cristo, i giudei dimostrano di non credere neppure in Mosè.

Gesù accusa i giudei di non credere nella sua persona divina perché non cercano la gloria di Dio, ma la propria (Gv 5,44). La condotta dei giudei è un ammonimento anche per noi perché non ci serviamo della religione per il nostro prestigio o tornaconto umano. Lo zelo religioso può essere talvolta un'occulta sublimazione del nostro orgoglio: ci serviamo di Dio invece di servire Dio.

La Chiesa, come Cristo, non deve cercare la gloria umana: "Come Cristo ha compiuto la redenzione attraverso la povertà e le persecuzioni, così pure la Chiesa è chiamata a prendere la stessa via per comunicare agli uomini i frutti della salvezza... La Chiesa non è costituita per cercare la gloria della terra, bensì a diffondere, anche col suo esempio, l'umiltà e l'abnegazione" (Costituzione dogmatica sulla Chiesa del Concilio Vaticano II, 8).

 

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