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TESTO Commento su Luca 12,49-53

fr. Massimo Rossi  

XX Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (14/08/2022)

Vangelo: Lc 12,49-53 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 12,49-53

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: 49Sono venuto a gettare fuoco sulla terra, e quanto vorrei che fosse già acceso! 50Ho un battesimo nel quale sarò battezzato, e come sono angosciato finché non sia compiuto!

51Pensate che io sia venuto a portare pace sulla terra? No, io vi dico, ma divisione. 52D’ora innanzi, se in una famiglia vi sono cinque persone, saranno divisi tre contro due e due contro tre; 53si divideranno padre contro figlio e figlio contro padre, madre contro figlia e figlia contro madre, suocera contro nuora e nuora contro suocera».

Le letture di questa domenica XX, vigilia dell'Assunta, descrivono fatti storici a dir poco inquietanti; le forze del male si accaniscono contro un sol uomo e sembrano trionfare: il povero profeta Geremia (VII-VI secc. A.C.) viene arrestato per ordine del Re e precipitato in una cisterna di fango; l'accusa era di aver profetato la rovina di Gerusalemme, a motivo dei suoi peccati.

Nel Vangelo di Luca, Gesù presagisce la sua fine e la rivela, presentando uno scenario di guerre e
discordie in famiglia, nella società, in tutto il mondo.

Nella dichiarazione del Nazareno risuonano le parole del vecchio sacerdote Simeone, il giorno della

presentazione di Gesù al tempio, per essere circonciso; rivolto alla madre, Maria, disse: “Questo

bambino è qui per la rovina e la risurrezione di molti in Israele, segno di contraddizione perché

siano svelati i pensieri di molti cuori. E anche a te una spada trafiggerà l'anima.” (Lc 2,34-35).

La vicenda di Geremia è profezia della passione di Cristo... Le invettive del profeta, passate alla

storia sacra come Lamentationes Jeremiæ Prophetæ (lamentazioni di Geremia) trovano un locus

analogo nei Lamenti di Gesù sulla città santa (Mt 23,37-39): “Gerusalemme, Gerusalemme, che

uccidi i profeti e lapidi quelli che sono inviati, quante volte ho voluto raccogliere i tuoi figli, come

una gallina raccoglie i pulcini sotto le ali, e voi non avete voluto! Ecco: la vostra casa sarà

lasciata deserta! Vi dico infatti che non mi vedrete più finché non direte: Benedetto colui che

viene nel nome del Signore!”. Tuttavia le parole del Messia atteso e rifiutato, non sono parole di

vendetta e di condanna; esprimono invece il dolore di Dio perché i Giudei si sono ribellati a Lui.

Bene scrive H.U. von Balthasar, commentando i misteri della Passione di Cristo: tutti vogliono

liberarsi di Gesù, ma anche della colpa per averlo messo a morte: “Giuda restituisce il prezzo del

sangue. I Giudei si rifiutano di metterlo nel tesoro del Tempio. Pilato se ne lava le mani.

Nessuno vuole esserne colpevole. Nessuno pensa al Padre, alla cui bontà resiste apertamente,

proprio perché Questi offre agli uomini, nella Sua mano tesa, quanto ha di più prezioso.

Il colpo contro la mano di Dio percuote ciò che essa tiene. La percuote con una pioggia di colpi

con cui l'umanità esprime a Dio la sua opinione. Gli consegna il suo perverso promemoria.”.

Torniamo alla lettera del Vangelo; il racconto dell'evangelista si sviluppa per similitudini e simboli:

Il Figlio di Dio è venuto a portare il fuoco sulla terra; al tempo stesso, attende un battesimo, già

programmato da tempo, e l'attesa si fa per Lui sempre più angosciante...

Il fuoco e l'acqua sono elementi naturali dal potenziale devastante; devastante, ma anche purificante:

il fuoco raffina l'oro nel crogiolo, bruciando via scorie e impurità. Anche l'acqua è simbolo di

purezza: lava le macchie, non solo materiali, ma anche spirituali, prodotte dal peccato.

Naturalmente, il nostro Redentore non aveva alcuna colpa da farsi lavare via.

Le colpe, quelle sono tutte nostre. Lui ha pagato per noi. E noi possiamo attingere al credito che Dio

Padre ha aperto in nostro favore, attraverso la Passione del Figlio, aderendo per fede a Lui e
vivendo in conformità con il credo che professiamo.

Questa conversione radicale all'Amore di Dio non è facile, tantomeno indolore. Ecco dunque gli

annunci di Gesù, sulle divisioni in seno alla famiglia: “padre contro figlio e figlio contro padre;

madre contro figlia e figlia contro madre; suocera contro nuora e nuora contro suocera.”: beh,

sugli attriti fra suocera e nuora, non avevamo bisogno che venisse Gesù a rivelarcelo. Quanto

invece alle divisioni tra genitori e figli, a motivo della fede, questo stupisce e, purtroppo si tratta di
realtà tutt'altro che teoriche...

Intendiamoci, l'adesione alla fede può creare problemi anche gravi, fino a compromettere gli affetti

e spaccare la famiglia, non tanto per la fede in sé, quanto per le ricadute che la fede procura sulla

mentalità (del credente) e sulle scelte che conseguono alla conversione; non ultima una risposta positiva alla vocazione alla sequela Christi...

Noi sacerdoti raccogliamo le confidenze di molte famiglie, soprattutto dei figli, i quali, raggiunta la

maggiore età, si trovano a decidere di sé e del loro futuro; e assistiamo talvolta a vere e proprie liti

tra chi intende far valere la propria fede autentica e impegnativa, e chi oppone invece una fede

formale, di tradizione, di facciata, senza alcun impatto sostanziale suo vissuto personale...

E, a esprimere una fede, come l'ho definita sopra, autentica e impegnativa, non sono sempre e solo i genitori, in contrasto coi figli!...

Tanto per fare un esempio, la scelta di seguire Cristo, sommamente amato, entrando in convento, o in seminario, non incontra immediatamente il favore incondizionato della famiglia: la vocazione alla vita consacrata, o al sacerdozio, è un cammino difficile già di suo, in controtendenza rispetto alla mentalità comune dei giovani; se a questo si devono aggiungere le critiche, talvolta feroci, quando non addirittura l'ostracismo dei familiari, il cammino in salita diventa addirittura una scalata in solitaria, senza appigli di sicurezza, verso una vetta che sembra irraggiungibile.

Molti Santi patirono storie simili: una di queste riguarda un giovane Tommaso D'Aquino, rapito e imprigionato dalla sua stessa famiglia in una torre del loro castello, per impedirgli di chiedere e ricevere l'abito dell'Ordine Domenicano...

Mi preme concludere la riflessione con una precisazione che ritengo di fondamentale importanza: il

Signore parla, sì, di fuoco da gettare sulla terra, di divisione a motivo del Vangelo. Ma sarebbe un

grave errore assimilare il Maestro di Nazareth a un integralista, simile agli esponenti di quelle

frange estremiste che si agitano tra le file dei nostri fratelli Musulmani. Ricordatevi come il Signore

redarguì Giacomo e Giovanni, quando, di fronte al rifiuto dei Samaritani di accoglierlo nel loro

villaggio, chiesero a Lui di poterli colpire con un fuoco dal cielo.

Identificare Gesù come pericoloso terrorista fu l'errore peggiore che i Giudei potessero commettere.

Risuscitato il terzo giorno, le prime parole che (Cristo) pronunciò furono: “Pace a voi!”
Non aggiungo altro.

 

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