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TESTO In Paradiso non si va in carrozza

don Michele Cerutti

XX Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (14/08/2022)

Vangelo: Lc 12,49-53 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 12,49-53

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: 49Sono venuto a gettare fuoco sulla terra, e quanto vorrei che fosse già acceso! 50Ho un battesimo nel quale sarò battezzato, e come sono angosciato finché non sia compiuto!

51Pensate che io sia venuto a portare pace sulla terra? No, io vi dico, ma divisione. 52D’ora innanzi, se in una famiglia vi sono cinque persone, saranno divisi tre contro due e due contro tre; 53si divideranno padre contro figlio e figlio contro padre, madre contro figlia e figlia contro madre, suocera contro nuora e nuora contro suocera».

Un grande Santo quale Giovanni Bosco afferma: in paradiso non si va in carrozza.
Il brano evangelico di questa domenica ci offre una conferma.
Ambientiamo il contesto in cui viene redatto l'evangelo di Luca. Siamo in un periodo successivo alla morte di Gesù e alla sua resurrezione. Gli Evangelisti redigono le loro narrazioni in mezzo alle turbolenze persecutorie delle prime comunità cristiane.
Luca avverte quelle comunità che la proposta cristiana non è accomodante e non si adegua alle mode del tempo. La proposta cristiana invece può segnare rottura anche con il contesto più prossimo a quello di ognuno di noi quale la famiglia.
Emblematico il brano evangelico, che proclamiamo nella domenica di Quaresima, quello del cieco nato. C'è un passaggio significativo in cui viene detto:
Ma i Giudei non credettero di lui che fosse stato cieco e che avesse acquistato la vista, finché non chiamarono i genitori di colui che aveva ricuperato la vista. E li interrogarono: «È questo il vostro figlio, che voi dite essere nato cieco? Come mai ora ci vede?». I genitori di lui risposero: «Sappiamo che questo è nostro figlio e che è nato cieco; ma come ora ci veda non lo sappiamo, e chi gli abbia aperto gli occhi, noi non lo sappiamo. Chiedetelo a lui: ha l'età, parlerà lui di sé». Questo dissero i suoi genitori, perché avevano paura dei Giudei; infatti i Giudei avevano già stabilito che, se uno lo avesse riconosciuto come il Cristo, venisse espulso dalla sinagoga. Per questo i suoi genitori dissero: «Ha l'età: chiedetelo a lui!».
Questo episodio mette in luce come già da subito essere cristiani non è semplice assolutamente e professarne la fede porta a difficoltà nell'essere accolti. Il Vangelo è per costruire un Regno di Pace, ma questa passa attraverso una guerra.
Qualche settimana fa nel bel mezzo della guerra in Ucraina in un programma televisivo qualche d'uno affermava una espressione latina: Si vis pacem, para bellum (Se vuoi la pace preparati alla guerra). Tutto per giustificare l'inutile strage. Si vis pacem, para bellum è quella che, invece, il cristiano è chiamato a vivere nel proprio essere per affermare nella propria vita, in una continua lotta interiore, la bellezza della fede. Sapendo che questa si combatte non da soli, ma aiutati da Lui.
I martiri di ogni tempo, ovvero coloro che hanno lavato nel sangue dell'Agnello le loro vesti, come ci dice l'Apocalisse, sono coloro che questa battaglia l'hanno combattuta fino a donare la vita.
Pensiamo a Edith Stein questa Santa che internata a Bunchewald ha vissuto le persecuzioni su due fronti: quella di essere di origine ebrea e quindi sottoposta alla crudeltà delle leggi razziali e dopo aver percorso studi filosofici e aver abbracciato la fede cattolica c'è l'incomprensione della madre di lei che vede in Edith una traditrice della tradizione ebraica che le era stata impartita.
Non c'è ambito in cui essere cristiani diventa semplice perché la dimensione della persecuzione diventa propria di chi professa la propria fede in Cristo.
Allora si può veramente concludere con don Bosco: In paradiso non si va in carrozza.

 

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