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TESTO Per un vero tesoro indelebile

padre Gian Franco Scarpitta  

XIX Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (07/08/2022)

Vangelo: Lc 12,32-48 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 12,32-48

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: 32Non temere, piccolo gregge, perché al Padre vostro è piaciuto dare a voi il Regno.

33Vendete ciò che possedete e datelo in elemosina; fatevi borse che non invecchiano, un tesoro sicuro nei cieli, dove ladro non arriva e tarlo non consuma. 34Perché, dov’è il vostro tesoro, là sarà anche il vostro cuore.

35Siate pronti, con le vesti strette ai fianchi e le lampade accese; 36siate simili a quelli che aspettano il loro padrone quando torna dalle nozze, in modo che, quando arriva e bussa, gli aprano subito. 37Beati quei servi che il padrone al suo ritorno troverà ancora svegli; in verità io vi dico, si stringerà le vesti ai fianchi, li farà mettere a tavola e passerà a servirli. 38E se, giungendo nel mezzo della notte o prima dell’alba, li troverà così, beati loro! 39Cercate di capire questo: se il padrone di casa sapesse a quale ora viene il ladro, non si lascerebbe scassinare la casa. 40Anche voi tenetevi pronti perché, nell’ora che non immaginate, viene il Figlio dell’uomo».

41Allora Pietro disse: «Signore, questa parabola la dici per noi o anche per tutti?». 42Il Signore rispose: «Chi è dunque l’amministratore fidato e prudente, che il padrone metterà a capo della sua servitù per dare la razione di cibo a tempo debito? 43Beato quel servo che il padrone, arrivando, troverà ad agire così. 44Davvero io vi dico che lo metterà a capo di tutti i suoi averi. 45Ma se quel servo dicesse in cuor suo: “Il mio padrone tarda a venire” e cominciasse a percuotere i servi e le serve, a mangiare, a bere e a ubriacarsi, 46il padrone di quel servo arriverà un giorno in cui non se l’aspetta e a un’ora che non sa, lo punirà severamente e gli infliggerà la sorte che meritano gli infedeli.

47Il servo che, conoscendo la volontà del padrone, non avrà disposto o agito secondo la sua volontà, riceverà molte percosse; 48quello invece che, non conoscendola, avrà fatto cose meritevoli di percosse, ne riceverà poche. A chiunque fu dato molto, molto sarà chiesto; a chi fu affidato molto, sarà richiesto molto di più.

Forma breve (Lc 12,35-40):

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: 35Siate pronti, con le vesti strette ai fianchi e le lampade accese; 36siate simili a quelli che aspettano il loro padrone quando torna dalle nozze, in modo che, quando arriva e bussa, gli aprano subito. 37Beati quei servi che il padrone al suo ritorno troverà ancora svegli; in verità io vi dico, si stringerà le vesti ai fianchi, li farà mettere a tavola e passerà a servirli. 38E se, giungendo nel mezzo della notte o prima dell’alba, li troverà così, beati loro! 39Cercate di capire questo: se il padrone di casa sapesse a quale ora viene il ladro, non si lascerebbe scassinare la casa. 40Anche voi tenetevi pronti perché, nell’ora che non immaginate, viene il Figlio dell’uomo».

La fiducia eccessiva nei beni materiali e il loro sfruttamento considerati come fini e non come strumenti di vita dignitosa e decorosa, è la causa fondamentale della rottura dei rapporti con Dio e con il prossimo, con la conseguenza nefasta di rovina e di autolesionismo. Paolo esprime meglio questo concetto, che Gesù riprende in questa Domenica dopo avercene dato lume nella liturgia della scorsa settimana: “Quando dunque abbiamo di che mangiare e di che coprirci, contentiamoci di questo. Al contrario, coloro che vogliono arricchire, cadono nella tentazione, nel laccio e in molte bramosie insensate e funeste, che fanno affogare gli uomini in rovina e perdizione. L'attaccamento al denaro infatti è la radice di tutti i mali; per il suo sfrenato desiderio alcuni hanno deviato dalla fede e si sono da se stessi tormentati con molti dolori. Ma tu, uomo di Dio, fuggi queste cose; tendi alla giustizia alla pietà, alla fede, alla carità, alla pazienza e alla mitezza.”(1Tm 6, 8 - 11). Un idolo è una divinità precostituita che ci asseconda tutte le volte che vogliamo. Idolatrare il denaro e la ricchezza e trincerarci nelle sicumere illusorie che esse comportano, equivale a costruirsi un Dio a misura personale che assolutizza per intero la nostra vita, pretendendo di essere considerato egli stesso la nostra ragione di vita e comportando che in suo nome ci si distacchi da ogni altro valore, escludendo così Dio e il prossimo. Il ricco è colui che per salvaguardare i suoi averi prende le distanze dagli altri, tratta tutti con sospetto e ostilità, misconosce il valore delle persone a meno che non risultino di sua utilità. E' superfluo dire che, allontanandosi da ogni riferimento etico e religioso, non conosce altro Dio se non il denaro che possiede.

Sulla scia di Paolo, Gesù oggi ripete con fermezza questa verità, ma sempre con l'apostolo ci indica una via utile per non cadere nella tentazione del guadagno a tutti i costi. Quale? A dire il vero si tratta di tre programmi di vita che si richiamano l'un l'altro: 1) “Non temere piccolo gregge”. Piccolo perché seguendo la logica antitetica dell'umano, ci si trova a lottare da soli contro la mentalità egoistica e arrivistica di questo secolo: chi fugge la tentazione alla concupiscienza e al possesso, inevitabilmente si troverà a fronteggiare ogni sorta di riprovazione e di contrarietà del mondo che procede controcorrente. Cionondimeno occorre non temere, non lasciarci dominare dalla paura e dallo sconforto, ma riporre sempre la fede in Colui che ci ha scelti e che con fiducia ci chiama alla sua sequela. Non aver paura insomma di seguire una logica distante da quella a cui siamo abituati, che è quella del Regno. Al contrario, entusiasmarci di poter avere in eredità il Regno medesimo con tutti i suoi frutti e le sue potenzialità. 2) Vigilare attentamente su noi stessi per non lasciarci sorprendere da tutto ciò che ci distoglie dal proposito del Regno. Stare sempre desti e pronti è la condizione essenziale per non cadere nella trappola del Maligno che sotto tutti gli aspetti è sempre pronto a tenderci insidie e tranelli nella lotta contro ogni avversità. La vigilanza non collima con l'indolenza e con l'apatia, ma al contrario comporta creatività, intraprendenza e azione libera, in modo però da comportarci ogni giorno come se fosse l'ultimo. Come se il giudice cioè fosse alle porte da un momento all'altro. Vigilare su noi stessi comporta in parole povere lavorare con fiducia e concentrarsi sul bene per allontanare ogni insidia e ogni devianza dai nostri buoni propositi 3) Nella misura in cui ci sentiamo tentati di possedere e di guadagnare, amare e donare con gioia. Fare il bene per sconfiggere il male (Rm 12, 21) è il costitutivo comune della nostra lotta, ma ogni singola opera di misericordia procura tutte quelle soddisfazioni di cui il vizio, la concupiscienza e la voluttà sfrenata ci privano. C'è più soddisfazione nel dare che nel ricevere; c'è più gioia nel donare e nel donarsi che non nell'afferrare smodatamente e la carità esercitata senza ipocrisia e con dovuta umiltà è la chiave della nostra stessa realizzazione, in quanto aiuta a scoprire la nostra identità e il vero senso della vita: essere utili agli altri. Senza per nulla escludere l'individualità, non ci si può chiudere barricandoci nelle nostre stesse certezze, peggio ancora se queste si identifichino con le soddisfazioni materiali e il successo economico. Non per niente si chiede ai "ricchi", cioè a coloro che possiedono, di rendersi "poveri di spirito" e ad esercitare essi per primi la carità, donando volentieri e disinteressatamente quanto possiedono, al fine di non cadere nella tentazione di idolatrare le proprie ricchezze, ma di trovare nei beni che possiedono nient'altro che degli strumenti per l'altrui edificazione.

Non pochi esponenti della psicologia affermano che la serenità mentale è garantita nell'aprirsi e nel donarsi costantemente e che il bene sincero e disinteressato concepisce il senso di realizzazione e di pacificazione con se stessi; l'esercizio dell'amore e della carità vince ogni sorta di tentazione e di prova, procurando che l'amore con Dio ci ha amati si estenda ad oltranza senza limiti. La fede, la speranza e soprattutto la carità ci aiuteranno ad ammonticchiare il vero tesoro che al contrario della ricchezza materiale è destinato a restare sempre intatto e a non conoscere tignola e ruggine, cioè il Regno di Dio, che al presente viviamo nelle parole e nelle opere di Cristo e un giorno vivremo nella dimensione definitiva di gloria. Il Regno è il vero tesoro che Dio stesso dona a piene mani ma per costruire il quale serve anche la corrispondenza e l'opera di ciascuno nella vita di tutti i giorni. L'amore è l'elemento antiossidante in grado di rendere sempre limpido e gradevole il vero tesoro e vivere nell'amore comporta escludere che anche noi stessi ci consumiamo.

Già Seneca diceva che l'umanità è meschina se non sa andare oltre all'umano; se cioè vive della mediocrità e dell'autosufficienza che rendono fin troppo facile il sopravvivere ma ci precludono le condizioni del vero vivere. Andare oltre, prevaricare noi stessi per cogliere il fondamento vero della vita è vocazione comune di tutti che nessuno può mai disattendere.

 

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