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TESTO Dio è un immenso tesoro

Paolo De Martino   Home Page

XVIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (03/08/2025)

Vangelo: Lc 12,13-21 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 12,13-21

In quel tempo, 13uno della folla disse a Gesù: «Maestro, di’ a mio fratello che divida con me l’eredità». 14Ma egli rispose: «O uomo, chi mi ha costituito giudice o mediatore sopra di voi?». 15E disse loro: «Fate attenzione e tenetevi lontani da ogni cupidigia perché, anche se uno è nell’abbondanza, la sua vita non dipende da ciò che egli possiede».

16Poi disse loro una parabola: «La campagna di un uomo ricco aveva dato un raccolto abbondante. 17Egli ragionava tra sé: “Che farò, poiché non ho dove mettere i miei raccolti? 18Farò così – disse –: demolirò i miei magazzini e ne costruirò altri più grandi e vi raccoglierò tutto il grano e i miei beni. 19Poi dirò a me stesso: Anima mia, hai a disposizione molti beni, per molti anni; ripòsati, mangia, bevi e divèrtiti!”. 20Ma Dio gli disse: “Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita. E quello che hai preparato, di chi sarà?”. 21Così è di chi accumula tesori per sé e non si arricchisce presso Dio».

Un uomo anonimo tra la folla fa emergere improvvisamente una questione cruciale: quale spazio deve dare il cristiano al possesso dei beni materiali?

Come spesso accade nei Vangeli - e nella vita stessa - Gesù non si limita a rispondere direttamente alle domande che gli vengono rivolte. Non offre soluzioni già pronte, ma invita ad aprire lo sguardo su orizzonti più ampi. Egli non è venuto a sostituirsi all'uomo, ma a risvegliarne la libertà e la responsabilità. Dio ci ha creati capaci di affrontare le sfide concrete della vita. La Scrittura ci ricorda che ogni cosa ha origine in Dio, ma la cura e l'amministrazione del creato sono affidate alle mani dell'uomo.

Gesù non si ferma alla superficie della domanda, ma la mette in discussione, invitandoci a guardare la realtà con lo sguardo di Dio. È il grande tema della libertà umana: l'uomo non è chiamato a eseguire ordini ciechi, ma a inventare percorsi di vita che lo portino a costruire relazioni vere con gli altri e con Dio.
Eredità

E' una parabola ironica e tagliente il cui protagonista, come spesso capita, non ha nome. Si rivolge a Gesù come a un rabbi, poiché questi ultimi erano non solo teologi, ma anche giuristi che potevano essere chiamati per risolvere questioni di diritto. La controversia riguarda una questione di eredità. «Maestro, di' a mio fratello che divida con me l'eredità». E' uno dei motivi per cui si litiga ancora nelle nostre famiglie convinti, ieri come oggi, che nei beni troveremo la nostra sicurezza. Non si dice nulla riguardo al fatto. La Legge stabiliva che alla morte, l'eredità spettasse al figlio maschio primogenito, così che il patrimonio non fosse diviso (comunque agli altri figli era riservata una parte dei beni mobili).

Gesù risponde in modo spazientito perché ha letto in quella pretesa non una sete di giustizia ma una brama di possesso. «Fate attenzione e tenetevi lontani da ogni cupidigia perché, anche se uno è nell'abbondanza, la sua vita non dipende da ciò che egli possiede». I due fratelli credono che la felicità gli venga da ciò che possiedono e non da ciò che sono. Come scrisse Erich Fromm: «Si direbbe che se uno non ha nulla, non è nulla». Gesù vuole andare all'essenziale e smascherare i due fratelli.
Io

A questa istruzione, Gesù aggiunge la parabola dell'uomo ricco e stolto. Non è disonesto né avido. In fondo vuole solo far fruttare i suoi guadagni per poi goderseli in pace un giorno. Non facciamo così anche noi? A lui manca solo la “sapienza del vivere”, vive fuori dal tempo. Usa sempre verbi al futuro come se la vita non dovesse mai finire. Ne conosco di persone che vivono come se non dovessero morire mai, come se ci fosse sempre un'altra possibilità, una vita di scorta.

Luca utilizza uno dei suoi espedienti letterari: ci comunica i pensieri del personaggio. È un programma di vita nel quale c'è solo l'”io”: “Io farò, io demolirò, io costruirò, io raccoglierò...”. Tutto il resto è accompagnato dall'aggettivo “mio”: “I miei raccolti, i miei magazzini, i miei beni, la mia vita, anima mia”. Una vera ossessione questo “mio”. Amico lettore, cosa aspetti a vivere? Il rischio è morire senza aver vissuto. Ciò che non ami, che non gusti adesso, non lo potrai fare mai più, perché il domani non sarà mai più come l'oggi.

L'uomo della parabola vuole aumentare gli spazi, ingrandirsi. Si lega a obiettivi da raggiungere con l'illusione che esista qualcosa di materiale che possa colmare la sua sete di felicità. La sua grandiosità non è data da quello che è ma da quello che ha, non sa che la ricchezza promette ma non mantiene, non colma il cuore né il futuro.

La realtà invece è che io sono il mio tesoro. Amico lettore, se attendi che qualcosa lì fuori ti renda felice, non sarai mai felice. La felicità è già qui, basta solo avere il coraggio di fermarsi, ascoltare e sceglierla.

E' una parabola scomoda per i ricchi. Gesù non li ha mai tollerati. «E' più facile per un cammello passare per la cruna di un ago che per un ricco entrare nel regno di Dio» (Lc 18,15). Non li sopportava perché un uomo ricco, non è libero, è posseduto dalle cose, è un morto vivente che ha così tanta paura da lasciarsi possedere dalle cose. Gesù ha guarito lebbrosi, indemoniati, ha ridato la vista a ciechi. Solo con uno ha fallito: il giovane ricco. L'ha amato fino alla fine, ma non ha potuto fare nulla.

Attenzione, per Gesù la ricchezza è una benedizione, non è sporca, è solo pericolosa: «La campagna di un uomo ricco aveva dato un raccolto abbondante». Si trasforma in maledizione se non è condivisa. L'abbondanza deve essere un'occasione per distribuire quei beni a chi non ha questa fortuna. Non a caso l'uomo della parabola è ricco ma solo: nessun altro è nominato nella parabola, nessuno è attorno a lui. L'uomo è ricco di cose ma povero d'amore, è ricco ma è al centro di un deserto. Il ricco si sarebbe arricchito davanti a Dio se avesse utilizzato la sua ricchezza anche per aiutare gli altri.
Morte

Ma ecco arrivare la sorpresa: all'improvviso giunge la morte.

La morte è la logica conseguenza delle sue scelte: in realtà lui era già morto dentro di sé, spiritualmente era un morto vivente. Vivere così è un lento morire perché esistere non vuol dire ancora vivere. Per esistere basta mangiare, bere, dormire: per vivere occorre ben altro.

L'argomento del buon uso dei beni terreni è molto importante per Luca e non è difficile percepire in questa sua insistenza, la preoccupazione di rivolgersi a una comunità cristiana ricca, o piuttosto di interpellare i ricchi presenti tra i lettori cui si rivolge la sua opera.

Gesù non disprezza i beni della terra, ma risponde a una domanda di felicità. Vuoi essere felice? Non cercarla nelle cose, gli unici beni da accumulare per essere felici sono relazioni belle, pure, autentiche, libere. Si narra che un giorno un visitatore arriva nella cella di un monaco del deserto e conversando gli domanda: «Come mai hai così poche cose nella tua cella? Un letto, un tavolo, una sedia, una lampada?». Il monaco replica: «E tu come mai hai solo una sacca con te?». «Ma perché io sono in viaggio», risponde il visitatore. E il monaco: «Anch'io sono in viaggio». La vita è fragile, precaria perché sempre in viaggio verso un altrove. «Vanità delle vanità», dice Qoelet, «vanità delle vanità, tutto è vanità», cioè precario, transitorio, evanescente. Si tratta di una visione indubbiamente sconsolante, che non sembra lasciare spazio alla speranza e alla gioia, ma è realistica. La vita è un soffio, usiamola bene.
Domande

Prima di finire, alcune domande per te amico lettore: quali tesori stai accumulando? Quelli davanti a Dio o quelli davanti agli uomini? Quale logica stai vivendo? Quella del Regno o quella del mondo? Quella dell'accumulo o quella della condivisione?

La bella notizia di questa domenica? Se scegliamo Cristo, se scegliamo quell'immenso tesoro, che non è paragonabile a nessun altro bene, abbiamo scelto Dio stesso.

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