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TESTO Ospitalità come servizio e comunione in Cristo

diac. Vito Calella

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XVI Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (17/07/2022)

Vangelo: Lc 10,38-42 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 10,38-42

In quel tempo, 38mentre erano in cammino, Gesù entrò in un villaggio e una donna, di nome Marta, lo ospitò. 39Ella aveva una sorella, di nome Maria, la quale, seduta ai piedi del Signore, ascoltava la sua parola. 40Marta invece era distolta per i molti servizi. Allora si fece avanti e disse: «Signore, non t’importa nulla che mia sorella mi abbia lasciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti». 41Ma il Signore le rispose: «Marta, Marta, tu ti affanni e ti agiti per molte cose, 42ma di una cosa sola c’è bisogno. Maria ha scelto la parte migliore, che non le sarà tolta».

Ospitati nel cuore della Trinità grazie alla risurezione di Gesù

Uno degli effetti della risurrezione di Gesù è l'ospitalità della nostra umanità nel Padre, unito eternamente al Figlio, perché Gesù, riscattato dal sepolcro, è tornato al Padre con il suo corpo trasfigurato.

Ha ospitato nel cuore della Santíssima Trinità tutta la nostra fragile e vulnerabile condizione umana.

Noi siamo qui riuniti, ogni domenica, per celebrare la centralità del mistero della sua morte e risurrezione, fortificando la nostra fede alla mensa della Parola e dell'Eucaristia.

La parola di Dio di questa domenica ci parla di “ospitalità” intesa come “donarsi nel servizio” e anche come “lasciarsi coinvolgere nella comunione”..
Ospitalità come "servizio"

É bello immaginare Sara obbediente alle disposizioni di Abramo, nel preparare l'acqua per la lavanda dei piedi ai tre pellegrini, nel portare una sedia su cui riposare all'ombra della quercia, nel cucinare il pane mentre i servi preparano la carne arrostita al fuoco.

É commovente contemplare la didicazione servizievole di Marta, che attiva tutte le attenzioni per poter far sentire “in casa sua” l'amico Gesù e i suoi discepoli.

É altrettanto commovente contemplare la dedicazione radicale dell'apostolo Paolo.

Egli, dopo averci presentato il meraviglioso inno Cristologico (seconda lettura di domenica scorsa), oggi ci offre la testimonianza del suo instancabile e faticoso servizio apostolico nel “corpo” ecclesiale, che in altre occasioni è paragonato ad un “edificio-tempio”: «Fratelli, sono lieto nelle sofferenze che sopporto per voi e del compimento a ciò che, dei patimenti di Cristo, manca nella mia carne, a favore del suo corpo che è la Chiesa. Di essa sono diventato ministro, secondo la missione affidatami da Dio verso di voi di portare a compimento la parola di Dio, il mistero nascosto da secoli e da generazioni, ma ora manifestato ai suoi santi» (Cl 1,24-26).

Sara e Marta, nelle loro rispettive case, sono un fantastico esempio di servizio per onorare le fatiche dell'ospitalità, fatta di tante attenzioni: lavare i piedi a chi arriva, predisporre la stanza per il riposo, preparare cibo buono e variegato.

L'apostolo Paolo è un fantastico esempio di servizio, sofferto tanto quanto i patimenti della croce di Gesù, per offrire agli ospiti della “casa” ecclesiale l'alimento essenziale della parola di Dio.

Egli si comporta come Gesù nella casa di Marta, Maria e Lazzaro.

Gesù, da ospite-pellegrino, accolto assieme a tutto il gruppo dei suoi discepoli, non se ne sta con le mani in mano aspettando di ricevere tutti gli onori della casa, ma serve a Maria il cibo speciale del suo insegnamento di sapienza e amore.
Ospitalità come comunione in Cristo

Paolo, in ogni comunità da lui iniziata o visitata spende tutte le sue energie, con la fatica della donazione totale di se stesso, per rivelare il mistero che lo ha sempre affascinato e sostenuto nella sua attività missionaria: «Sono stato crocifisso con Cristo, e non vivo più io, ma Cristo vive in me. E questa vita, che io vivo nel corpo, la vivo nella fede del Figlio di Dio, che mi ha amato e ha consegnato se stesso per me» (Gal 2,19b-20).

Oggi lo comunica a noi, denominati «santi» grazie al dono dello Spirito Santo che abita nel tempio vivo della nostra corporeità vivente e grazie al dono dei sacramenti dell'iniziazione cristiana (battesimo, cresima, eucaristia) che ci santificano: «A noi il Padre volle far conoscere la gloriosa ricchezza di questo mistero in mezzo alle genti: Cristo in noi, speranza della gloria» (Cl 1,27). «Cristo in noi»: quando andiamo in chiesa alla domenica è Cristo stesso che ci serve con il banchetto della Parola e dell'Eucaristia per farci sentire ospitati nel cuore della Santissima Trinità.

Paolo, come Gesù di fronte a Maria, ci «annuncia, ci ammonisce, ci istruisce con ogni sapienza» con lo scopo di farci fare esperienza di essere ospitati in Cristo Gesù, nostro Signore, perché siamo destinati ad essere «perfetti in Cristo» (cf Cl 1,28).

Essere ospitati in Cristo per diventare ospitali con la diaconia

Il nostro progressivo diventare «perfetti in Cristo» è la forza trainante del nostro progressivo diventare servi degli altri, «camminando senza colpa, praticando la giustizia, dicendo la verità che scaturisce dal nostro cuore, senza spargere calunnie contro il nostro prossimo con l'arma della nostra lingua», usando il denaro per condividere e non per accumulare interessi secondo la pratica degli «usurai» e, mettendoci sempre a difesa dei più poveri e innocenti (cf Sal 14).

Maria «scelse la parte migliore, che non le sarà tolta» (Lc 10,42) perché «il suo suo sedersi ai piedi del Signore per ascoltare la sua parola» (Lc 10,39) la rendeva progressivamente «perfetta in Cristo».

L'intimità della relazione con Cristo diventi il nostro desiderio prioritario, facendo nostra la testimonianza dell'apostolo Paolo, quella di Maria, sorella di Marta e quella di Abramo.

Più dedichiamo tempo all'ascolto orante e paziente della parola di Dio, più ci predisponiamo all'accoglienza e al rispetto dell'altro, chiunque esso sia, riconoscendo nella sua visita la presenza benedicente e provvidente del Padre, unito al Figlio nello Spirito Santo. Abramo, uomo di ascolto fedele delle parole del Signore, seppe riconoscere nei tre pellegrini Dio stesso che veniva a visitarlo: «Mio signore, se ho trovato grazia ai tuoi occhi, non passare oltre senza fermarti dal tuo servo» (Gn 18,3).

Più dedichiamo tempo all'ascolto dell'insegnamento di Gesù, che ci parla con sapienza e ci insegna con amore, come fece Maria, più il nostro servire con gratuità e dedicazione gli altri, con gesti di ospitalità, sarà vissuto con gioia e libertà di cuore, senza lasciarci scoraggiare dal peso della fatica e del sacrificio della nostra donazione.

Più dedichiamo tempo a contemplare il mistero della morte e risurrezione di Gesù, come faceva l'apostolo Paolo, convertito dall'annuncio pasquale, più sentiremo sbocciare dal profondo del nostro cuore la chiamata alla diaconia, al servizio gratuito nel corpo ecclesiale della nostra comunità cristiana.

Si, perché il nostro essere «in Cristo» è il frutto più bello del nostro essere ospitati dal Padre unito al Figlio nello Spirito Santo con l'offerta del cibo domenicale della Parola e dell'Eucaristia. Ma il banchetto della Parola e dell'Eucaristia ci rende tutti diaconi nelle nostre relazioni vissute in tutti i variegati ambienti della vita quotidiana.

 

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