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TESTO I Comandamenti e la vera Legge

padre Gian Franco Scarpitta  

XV Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (10/07/2022)

Vangelo: Lc 10,25-37 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 10,25-37

In quel tempo, 25un dottore della Legge si alzò per metterlo alla prova e chiese: «Maestro, che cosa devo fare per ereditare la vita eterna?». 26Gesù gli disse: «Che cosa sta scritto nella Legge? Come leggi?». 27Costui rispose: «Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente, e il tuo prossimo come te stesso». 28Gli disse: «Hai risposto bene; fa’ questo e vivrai».

29Ma quello, volendo giustificarsi, disse a Gesù: «E chi è mio prossimo?». 30Gesù riprese: «Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico e cadde nelle mani dei briganti, che gli portarono via tutto, lo percossero a sangue e se ne andarono, lasciandolo mezzo morto. 31Per caso, un sacerdote scendeva per quella medesima strada e, quando lo vide, passò oltre. 32Anche un levita, giunto in quel luogo, vide e passò oltre. 33Invece un Samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto, vide e ne ebbe compassione. 34Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi lo caricò sulla sua cavalcatura, lo portò in un albergo e si prese cura di lui. 35Il giorno seguente, tirò fuori due denari e li diede all’albergatore, dicendo: “Abbi cura di lui; ciò che spenderai in più, te lo pagherò al mio ritorno”. 36Chi di questi tre ti sembra sia stato prossimo di colui che è caduto nelle mani dei briganti?». 37Quello rispose: «Chi ha avuto compassione di lui». Gesù gli disse: «Va’ e anche tu fa’ così».

Siamo stati abituati a riconoscere la legge di Dio nei famosi dieci comandamenti, comunicati da Dio a Mosè sul monte Sinai e completati nella profondità da Gesù. Abbiamo imparato ad elencarli da piccoli con il Catechismo di San Pio X e ne abbiamo approfondito l'attualità con altri sussidi catechetici più recenti, che ci aiutano a individuarne la positività piuttosto che la tassatività. Purtroppo però siamo tentati di considerare alcuni di questi Comandamenti più “importanti” degli altri e di conseguenza siamo portati (almeno nell'esperienza pastorale) a considerare alcuni peccati “più gravi” rispetto ad altri e tante volte addirittura a considerare peccato la mancanza ad un Comandamento piuttosto che a un altro.

Eppure dovrebbe essere chiaro che la Legge divina è valida su tutti i punti e non trascura alcun aspetto fra quelli che propone. In altre parole, se da una parte è vero che esiste un “ordine di gravità” fra le varie prescrizioni, dall'altra è altrettanto vero che nessuno dei comandamenti va sminuito e disatteso e ciascuno di essi rivendica la sua importanza. San Giacomo afferma anzi che:

“Chiunque infatti osserva tutta la legge, ma la trasgredisce in un punto solo, si rende colpevole di tutto. Poiché colui che ha detto: ‘Non commettere adulterio ', ha detto anche: ‘Non uccidere '. Quindi, se tu non commetti adulterio ma uccidi, sei trasgressore della legge.” (Gc 10, 11)

Si cade nel “peccato grave” insomma quando deliberatamente e in piena consapevolezza si trasgredisce uno qualsiasi di questi Comandamenti e seppure è vero che uccidere è più grave di bestemmiare o dire falsa testimonianza, ciò non vuol dire che siamo esentati dal mancare contro la verità o verso l'onore di Dio. Come non si ruba, così non si deve bestemmiare. Come non si uccide, cosi neppure si deve mentire o desiderare la roba degli altri. Come non si percuote o non si calunnia nessuno, coì occorre astenersi dagli atti impuri.

Tutti i comandamenti vanno osservati con attenzione e partecipazione senza omissione o eccezione alcuna. La ragione di ciò è una sola: ogni singola prescrizione è di origine divina;. essa non deriva dall'inventiva o dal capriccio dell'uomo, ma scaturisce dalla Rivelazione e dall'alleanza fra l'uomo e Dio, la quale verte in fin dei conti al nostro esclusivo vantaggio. Dio si è manifestato all'uomo con un Decalogo non perché Egli necessiti che l'uomo lo osservi, ma perché vuole che l'uomo sia integro e irreprensibile sotto tutti gli aspetti, da quello individuale a quello collettivo, da quello dell'intimità e della formazione personale ai suoi rapporti con il prossimo e con la società. Ciò per poter vivere nella piena realizzazione di se stesso, salvaguardare la propria dignità e raggiungere così la vita e la salvezza. Ad immagine del Santo che vi ha chiamati, diventate Santi anche voi in tutta la vostra condotta (1Pt 1, 15) .

Oltretutto trasgredire la legge di Dio in un solo comandamento non sempre vuol dire mantenere inviolati tutti gli altri: anche se non immediatamente evidente sussiste in ogni caso una correlazione fra i Comandamenti divini e nel trasgredire una norma in un certo qual modo, per via indiretta, si disattendono anche tutte le altre.

Tutto questo però non si comprenderà mai fin quando non comprenderemo il vero “comandamento” che è la sintesi delle suddette prescrizioni divine: “Ama il prossimo tuo come te stesso”; ma ancora più esattamente: “Ama il tuo prossimo come Dio ha amore per te”, lo stesso monito che Gesù diede nella famosa Cena di congedo: “Amatevi gli uni gli altri, come il Padre ha amato me e io ho amato voi”(Gv 15, 9 e ss). La configurazione dell'amore ci introduce in aspetto rinnovato e più invitante dei Comandamenti, che è quello delle Beatitudini, che costituiscono la loro versione in positivo. In sintesi, chi ama i fratelli disinteressatamente sull'esempio di Cristo e nell'intimità con lui e con il Padre, ha certamente adempiuto la legge intera di Dio. Lo dice espressamente Paolo, che dona una visione rinnovata dei Comandamenti, anche rispetto a Giacomo:

"Chi ama il suo simile ha adempiuto la legge. Infatti, il precetto: Non commettere adulterio, non uccidere, non rubare, non desiderare e qualsiasi altro comandamento, si riassume in queste parole: Amerai il prossimo tuo come te stesso. L'amore non fa nessun male al prossimo: pieno compimento della legge è l'amore» (Rm 13,8-10). Diceva peraltro Lucia all'Innominato nel famoso libro de “I promessi sposi” che “Dio perdona tante cose per un'opera di misericordia”; la carità copre anche una moltitudine di peccati (1Pt 4, 8) al di là dei Comandamenti, e in ogni caso la misericordia di Dio prevarica anche il giudizio (Gc 2, 13).

Forse non convince l'espressione del Deuteronomio (Prima Lettura) per la quale la Parola di Dio è a noi vicina e di estrema facilità perché la mettiamo in pratica. Mettere in atto l'amore del Signore nei confronti degli altri a volte sempre inverosimile oltre che difficile e amare i propri nemici diventa addirittura assurdo e inumano.

Gesù ci incoraggia a prendere sul serio una simile prescrizione dell'amore universale e ne mostra la concretezza allargando il concetto di “prossimo”. Nella parabola famosissima del Samaritano che s'imbatte in un pover'uomo riverso sulla strada e dolorante perché percosso a sangue da alcuni delinquenti, ci parla di un evento umanamente parlando inaudito e impensabile sotto tutti i punti di vista: la Samaria era considerata territorio impuro dai Giudei e se anche l'ombra di un suo abitante copriva quella di un Giudeo ecco che vi era uno stato di impurità e di nefandezza. Strano a dirsi dunque che un Samaritano si trovasse nel tratto di strada che da Gerusalemme conduce a Gerico. Ma ancora più inverosimile che, unico fra tutti, sia proprio lui a chinarsi su quello sventurato per soccorrerlo e aiutarlo anziché finire di ucciderlo, considerata la logica vigente di discriminazione sociale. Proprio lui, il Samaritano, risaputo nemico dei Giudei, presta allo sventurato quell'attenzione concreta che un levita e un sacerdote e nessun altro avevano osato rivolgere. Abbandona in quell'istante le divergenze conflittuali asprissime fra Giudei e Samaritani e forse dimentica perfino di essere lui un Samaritano e quell'altro un Giudeo: quello che ha davanti a sé è un uomo che ha bisogno di assistenza e di cure e come tale va trattato. Occorre provvedere a lui nel migliore dei modi, anche ripromettendosi di tornare una seconda volta a pagare eventuali debiti rimasti. Il Samaritano è il “prossimo” dell'uomo aggredito perché a lui si è “fatto prossimo”, gli si è avvicinato innanzitutto con la sua persona e con la sua disponibilità, quindi con gli atti concreti di solidarietà e di aiuto e finalmente con il dispendio di denaro. La novità che introduce Gesù al concetto di prossimo è quella per cui tutti occorre “farci prossimi” agli altri, non importa chi siano, abbattendo ogni sorta di barriera fisica e psicologica.

Si esplicita in questo racconto la concretezza dell'amore eroico perché disinteressato, universale perché libero di pregiudizi e di illazioni; realista perché non si basa sulla fantasia ma sull'identità dello stesso Cristo che sarà egli stesso “l'uomo aggredito” che sulla croce verserà il suo sangue per tutti, ravvicinando tutti e superando ogni delimitazione, con la sola differenza che nessuno si chinerà a salvare lui.

Amore che eluderà e vincerà lo spettro della morte per rendersi vita per tutti noi e per guadagnare a tutti la salvezza, realizzando per noi la vera legge di Dio in grado di soddisfare tutti i Comandamenti.

 

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