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TESTO L'uomo di strada

don Mario Simula  

XV Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (10/07/2022)

Vangelo: Lc 10,25-37 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 10,25-37

In quel tempo, 25un dottore della Legge si alzò per metterlo alla prova e chiese: «Maestro, che cosa devo fare per ereditare la vita eterna?». 26Gesù gli disse: «Che cosa sta scritto nella Legge? Come leggi?». 27Costui rispose: «Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente, e il tuo prossimo come te stesso». 28Gli disse: «Hai risposto bene; fa’ questo e vivrai».

29Ma quello, volendo giustificarsi, disse a Gesù: «E chi è mio prossimo?». 30Gesù riprese: «Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico e cadde nelle mani dei briganti, che gli portarono via tutto, lo percossero a sangue e se ne andarono, lasciandolo mezzo morto. 31Per caso, un sacerdote scendeva per quella medesima strada e, quando lo vide, passò oltre. 32Anche un levita, giunto in quel luogo, vide e passò oltre. 33Invece un Samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto, vide e ne ebbe compassione. 34Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi lo caricò sulla sua cavalcatura, lo portò in un albergo e si prese cura di lui. 35Il giorno seguente, tirò fuori due denari e li diede all’albergatore, dicendo: “Abbi cura di lui; ciò che spenderai in più, te lo pagherò al mio ritorno”. 36Chi di questi tre ti sembra sia stato prossimo di colui che è caduto nelle mani dei briganti?». 37Quello rispose: «Chi ha avuto compassione di lui». Gesù gli disse: «Va’ e anche tu fa’ così».

Impara a scorgere ogni bisognoso nel corpo e nel cuore chiuso nella sua solitudine e talvolta nel suo dolore. Accorgiti della sua presenza. Non girarti mai dall'altra parte. Rischi di rimanere solo. Il tuo amore si inaridisce. La tua bontà muore. La tua vista riesce soltanto a ripiegarsi sulla tua persona: non vede altro, non si preoccupa di altro, non ama altro.
Illanguidisce in una miopia che restringe il campo della tua attenzione e della tua premura.
Diventi un albero senza frutti. Rinsecchito. Egoista, che succhia il suolo per se stesso.
L'uomo di strada, spesso buttato come uno straccio, ha cuore, prova sentimenti. Piange e gioisce. Sa condividere con chi, come lui, vive nella povertà.
Quanti malcapitati contiene il mondo! Sono figli di nessun altro se non dell'egoismo dei potenti.
In strada ci siamo anche noi smarriti e dimenticati. Generati dall'indifferenza che sembra essere la qualità dominante di questa umanità disperata. Innumerevoli volte ci siamo trovati lungo il sentiero inaffidabile che scende da Gerusalemme a Gerico e siamo caduti negli agguati di coloro che attentano al nostro cuore, alla nostra fede, alla nostra vita semplice.
E' passato anche qualche possibile soccorritore. In lui ha prevalso il ruolo di scriba e di levita, di servitore ufficiali del tempio, capace soltanto di guardare altrove e non verso il dolore, di ascoltare gli elogi e non le grida e i lamenti.
Lungo i percorsi umani c'è sempre qualche samaritano. Uno straniero. Un infedele che ha il coraggio di fermarsi accanto alle ferite degli altri. Nel suo cuore è vivo il bisogno della solidarietà e dell'amore. Si annida la compassione e la premura. Una sorta di dimenticanza coraggiosa che ignora, per tutto il tempo necessario, il proprio lavoro, le mete verso le quali si sta orientando, ogni altro incontro.
In quel cuore prevale esclusivamente e in modo sconfinato, la misericordia, lo sguardo benevolo, l'attenzione che non è distratta da alcun altro interesse o pensiero se non quello della necessità che incombe tra le mani.
Nel cuore del samaritano (Gesù dice: “Invece un samaritano! Meno male che esiste un samaritano!”), prospera un amore che conosce soltanto le parole e gli atteggiamenti della tenerezza, della disponibilità senza calcoli, la gratuità, la misericordia viscerale, la benevolenza, come se il cuore del misero, del malcapitato, del solo, del moribondo diventasse legge.
Il samaritano sperimenta la concretezza dell'amore gratuito e totale di chi riesce a “passare accanto” e fermarsi.
Vede. La peggiore forma di cecità è far finta di non vedere.
Il samaritano vede con gli occhi e con la sensibilità. Vede, oltre i segni, una situazione estrema che aspetta una risposta.
Vede tanto profondamente da riuscire a provare compassione, a sentire sofferenza, a cogliere una condizione estrema.
La com-passione sgorga da un cuore che trabocca di amore e al quale non sfugge alcun dolore e alcuna domanda. Il richiamo della sofferenza altrui è talmente forte e irresistibile che suscita il bisogno di farsi vicino. Di diventare prossimo. Di mettere in movimento la vicinanza.
Soprattutto suscita l'urgenza di mettersi a disposizione con tutte le risorse possibili.
Il samaritano fascia le ferite a quel povero sconosciuto. Ai milioni di poveri sconosciuti che assiepano le strade del mondo. Le fascia dopo averle disinfettate, toccandole con le proprie mani. L'olio e l'aceto sono tutto quello di cui dispone. Sono la terapia per il miserabile a tal punto che il samaritano li versa delicatamente e con abbondanza sulle sue ferite.
Le ferite diventano presto putride, dice il salmo. Non per questo uomo di Dio che le cura. Le vorrebbe anche baciare. Tuttavia le tocca come fa Gesù con le piaghe del lebbroso e con i piedi sporchi dei discepoli e col cuore sprecato dell'adultera.
Se non contempliamo Gesù non riusciamo a seminare compassione. Dispenseremo soltanto teorie, giustificazioni, alibi. Quando non arriviamo a dire: “Gli sta bene ciò che gli è capitato!”.
Prendersi cura va molto oltre un pronto soccorso spiccio e palliativo. Comporta dare tempo, risorse, premura, precedenza, attenzione esclusiva.
Il samaritano buono e misericordioso, carica quell'uomo mezzo morto sulla sua cavalcatura, lo porta in un albergo sicuro e si prende cura di lui senza alcuno sconto, senza fretta, senza fastidio. Rimane lì quella notte e, prima di riprendere il viaggio, dà all'albergatore il corrispettivo della spesa sostenuta, riservandosi di integrare tutto il resto al suo ritorno.
E' chiara l'allusione. L'attenzione non si conclude in un momento. Prevede la pienezza di un amore senza sconti. L'amore non esiste per mettere a tacere la coscienza con la dose minima del dono di sé. Offre tutto di sé.
Non è difficile, a questo punto, scoprire chi sia il “mio prossimo”: chi ha avuto compassione.
Il vero, speciale Samaritano della nostra vita è Gesù di Nazareth, instancabile dono di amore per ciascuno di noi!

Gesù, quante volte mi hai trovato buttato per terra come un sacco di immondizia.
Vittima di scelte insensate. Non persona. Non discepolo. Senza voce né pianto. Uno che aspetta il peggio con fatalismo. Tristemente consapevole che nessuno si sarebbe accorto di me.
Tu, Gesù, sei passato per quel sentiero e ti sei avvicinato.
Ti arrivava alle orecchie il rantolo del moribondo.
Hai guardato gli occhi tumefatti dai colpi e dal pianto.
Sicuramente ero, davanti a Te, uno scomodo malcapitato che la colpa aveva reso inservibile.
Gesù, in quel momento ho risentito, misteriosamente, il sangue disgelarsi, il corpo rianimarsi.
Tu, Gesù toccavi le mie membra slogate: erano ancora buone a riprendere vita.
Sperimentavo, di attimo in attimo, il calore della dolcezza che sconfiggeva il tremore glaciale della mia persona.
Gesù, non mi hai detto una parola. Tante ne stavi pronunciando, soavemente, con i tuoi gesti. Quell'olio e quell'aceto mi ristoravano, restituendo alla mia persona quel poco di forze che mi avrebbero permesso di rispondere ai tuoi sforzi per rialzarmi, per caricarmi sul tuo giumento, per sdraiarmi sul letto dell'albergo.
Gesù, il peso del peccato, della mia storia sbagliata si alleggeriva sotto la delicatezza della tua carezza.
Gesù, mio Samaritano impenitente. Mai disattento. Mai superiore alle mie miserie. Mai pentito per l'amore che mi stavi donando.
Gesù, Samaritano di strada, servo dei malcapitati di ogni tempo e di ogni ora.
Gesù, mio straordinario medico. Sono sul letto del mio pentimento. Mi raggiunge lentamente il sonno.
Gesù, mio Samaritano, so che ripasserai per questa strada per chiedere di me.
Io potrò offriti la bellezza del frutto che il tuo amore ha fatto crescere dal mio letame.
Un giorno, sarò anche io prossimo di qualcuno alla stessa maniera?
Il battito del mio cuore te lo chiede con insistenza.

 

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