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TESTO Va' e anche tu fa' cosí

don Roberto Seregni  

XV Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (10/07/2022)

Vangelo: Lc 10,25-37 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 10,25-37

In quel tempo, 25un dottore della Legge si alzò per metterlo alla prova e chiese: «Maestro, che cosa devo fare per ereditare la vita eterna?». 26Gesù gli disse: «Che cosa sta scritto nella Legge? Come leggi?». 27Costui rispose: «Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente, e il tuo prossimo come te stesso». 28Gli disse: «Hai risposto bene; fa’ questo e vivrai».

29Ma quello, volendo giustificarsi, disse a Gesù: «E chi è mio prossimo?». 30Gesù riprese: «Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico e cadde nelle mani dei briganti, che gli portarono via tutto, lo percossero a sangue e se ne andarono, lasciandolo mezzo morto. 31Per caso, un sacerdote scendeva per quella medesima strada e, quando lo vide, passò oltre. 32Anche un levita, giunto in quel luogo, vide e passò oltre. 33Invece un Samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto, vide e ne ebbe compassione. 34Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi lo caricò sulla sua cavalcatura, lo portò in un albergo e si prese cura di lui. 35Il giorno seguente, tirò fuori due denari e li diede all’albergatore, dicendo: “Abbi cura di lui; ciò che spenderai in più, te lo pagherò al mio ritorno”. 36Chi di questi tre ti sembra sia stato prossimo di colui che è caduto nelle mani dei briganti?». 37Quello rispose: «Chi ha avuto compassione di lui». Gesù gli disse: «Va’ e anche tu fa’ così».

Vorrei provare a concentrare la nostra attenzione sulle due domande che avvolgono, come una cornice, questa meravigliosa parabola di Gesù.

“E chi è il mio prossimo?”

Il dottore della Legge interroga Gesù su chi deve essere trattato come “il mio prossimo”, ma il maestro rifiuta di entrare in un problema che cerca di delimitare la circonferenza dell'amore. Gesù ribalta la questione, vuole provocare nuove domande, abbracciando orizzonti più ampi e inesplorati.

Chiedersi “chi è il mio prossimo” significa che l'unica cosa che mi interessa è sapere chi sono obbligato ad amare e chi - senza sentirmi in colpa - posso guardare con indifferenza.

La vera domanda, quella che deve inquietare il cuore dei suoi discepoli è un'altra: mi sono fatto prossimo?

Essere discepolo è ridurre le distanze, abbattere barriere e pregiudizi. Il discepolo non si preoccupa se l'altro ha le qualità necessarie per essere considerato prossimo, ma deve farsi prossimo, proprio come ha fatto il samaritano. Il maestro ci chiede una conversione radicale: non devo preoccuparmi di chi è il mio prossimo, ma farmi prossimo di tutti quelli che hanno bisogno di me.

Leggendo con attenzione la parabola, scopriamo che il samaritano è Gesù stesso e l'uomo ferito siamo noi, l'umanità lacerata sul cammino della vita.

Solo lasciandoci guarire dalle mani compassionevoli di Gesù buon Samaritano, che sana le ferite dell'umanità con il vino della nuova alleanza e l'olio della grazia, diventeremo una Chiesa samaritana.

Solo sperimentando la bellezza di un amore che guarisce e libera, potremo essere samaritani: uomini e donne guariti e risuscitati dalla mano misericordiosa di Gesù, chiamati a testimoniare con umiltà e passione, la bellezza dell'unico amore che può davvero riempire il cuore.

Solo lasciando cadere le nostre maschere e le nostre paure, potremo sperimentare la dolcezza e la fermezza dell'amore che perdona. Solo cosí potremo trovare nuovi cammini per diventare una chiesa samaritana. Una Chiesa vicina alle persone che lavorano, lottano e soffrono. Una Chiesa che abbatte le barriere e si lascia guidare dallo Spirito profetico di Cristo e non dal potere o dal desiderio di apparire. Una Chiesa preoccupata degli ultimi, appassionata dall'annuncio rivoluzionario di Gesù e dalla trasparenza del volto misericordioso del Padre.

Don Roberto Seregni

 

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