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TESTO Come pupilla degli occhi

don Angelo Casati  

IV domenica dopo Pentecoste (Anno C) (03/07/2022)

Vangelo: Mt 5,21-24 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mt 5,21-24

21Avete inteso che fu detto agli antichi: Non ucciderai; chi avrà ucciso dovrà essere sottoposto al giudizio. 22Ma io vi dico: chiunque si adira con il proprio fratello dovrà essere sottoposto al giudizio. Chi poi dice al fratello: “Stupido”, dovrà essere sottoposto al sinedrio; e chi gli dice: “Pazzo”, sarà destinato al fuoco della Geènna.

23Se dunque tu presenti la tua offerta all’altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, 24lascia lì il tuo dono davanti all’altare, va’ prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna a offrire il tuo dono.

Vado immaginando giorni e notti, lontanissime nel tempo, quando nelle tende o fuori le tende, magari al fuoco, ci si tramandava racconti, e anche questo di Caino e Abele. Inquietante. E che cosa poteva significare, per chi ascoltava, che la prima uccisione di un uomo fosse stata per pietra di fratello? Anche questo racconto lascia pause, come assenze di colore, come tagli nell'affresco antico. Lascia domande nei vuoti. Un primo vuoto è in quella sensazione che Caino prova di fronte ai sacrifici offerti a Dio: il suo non più gradito, quello di suo fratello gradito. Come se ora avesse nel fratello un concorrente. Ma quella, che si stava creando nella storia, non era forse proprio una nuova condizione? Fino ad allora, fino all'arrivo del fratello, lo spazio era tutto suo; starei per dire anche lo spazio di Dio. Fratello o concorrente? Prendeva forma e corpo l'immagine del concorrente. E dilagava.

Dilagava nell'animo irritato, nel volto abbattuto. Leggiamo: "Caino ne fu molto irritato e il suo volto era abbattuto. Il Signore disse allora a Caino: "Perché sei irritato e perché è abbattuto il tuo volto? Se agisci bene, non dovresti forse tenerlo alto? Ma se non agisci bene, il peccato è accovacciato alla tua porta; verso di te è il suo istinto, e tu lo dominerai". Accovacciato alla tua porta, alla porta dell'anima. Per questo Gesù mette in guardia non solo dalla pietra che uccide, ma da ciò che sta all'origine, da ciò che sta accovacciato dentro di noi, da ciò che azzera Il riconoscimento dell'altro, il rispetto dall'altro, definito "stupido" e "pazzo". Se il volto è abbattuto, se il volto non lo tieni alto, l'altro non lo vedi né lo ascolti. Le parole, di conseguenza, saranno parole a vuoto. Un vuoto che registriamo nel racconto, dove si scrive "Caino parlò al fratello Abele". "Parlò al fratello Abele". Punto.

Un vuoto di parole, il vuoto degli occhi abbassati. Che non vedono più il volto dell'altro. Il volto dell'altro. E la memoria mi corre a uno scritto di decenni fa. Ero rimasto affascinato da una riflessione sul volto di un filosofo, don Italo Mancini - insegnava filosofia delle religioni e filosofia del diritto presso l'università libera di Urbino -. Un volto - scriveva - "da guardare, da rispettare, da accarezzare. il volto la parte più indifesa di noi, la parte più esposta, la più rivelativa". E aggiungeva: "anche la più deterrente, tanto che è difficile uccidere uno guardandolo in volto". Uccidere uno guardandolo in volto è il vuoto di umanità. Ed è il nostro triste approdo, siamo arrivati a questo. Italo Mancini si augurava che il terzo millennio fosse l'alba di un nuovo modo di pensare che mettesse al centro il volto, la cultura dei volti, la civiltà dei volti, l'eticità dei volti. Da questa nuova cultura sarebbe nata - diceva - la pace.

Faccio ritorno al racconto: "Mentre erano in campagna, Caino alzò la mano contro il fratello Abele e lo uccise. Allora il Signore disse a Caino: "Dov'è Abele, tuo fratello?". Egli rispose: "Non lo so. Sono forse io il custode di mio fratello?". "Dov'è?". "Dove?". Sempre questo "dove?"! Pensate, la stessa domanda fatta ad Adamo, che con Eva si era nascosto tra gli alberi del giardino: "Dove sei?". Come se ci fosse da riconoscere un fuori posto, un fuori posto in me o un fuori pasto in cui ho esiliato un altro. Dove? Ora cacciato fuori dalla vita è Abele, il suo nome era soffio, soffio di vita; ma fuori anche Caino: "Ramingo e fuggiasco sarai sulla terra": e andare ramingo e fuggiasco non è vita, sei fuori. E vengo alla voce del sangue di Abele che grida a Dio dal suolo. Il sangue o, forse meglio, i sangui, che hanno voce, gridano, a Dio. Uso il plurale perché mi ritorna una traduzione molto letterale del testo che ho udito anni fa da Erri De Luca.

È scritto: "Voce dei sangui di tuo fratello sono gridanti verso di me dal suolo". E aggiungeva: "Lo dice la divinità a Caino, primo degli assassini. Il verbo sta al participio presente, "sono gridanti", perché quei sangui gridano e continuano a gridare, all'infinito e a oltranza. Quella storia racconta pure che assassino e vittima sono fratelli, perché di questa parentela biologica stringente è fatta l'umanità. Credo nella desolazione di Caino, nella sua espulsione da ogni focolare, credo nella sua insonnia che non è frutto di recinti e sbarre, ma grido che lo accompagna ovunque. Credo ai sangui di Abele, alla loro formula chimica che arrossa il mondo e lo denuncia. Credo alla terra che non può assorbirli perché non può nasconderne la voce".

Ma permettete che sfiori ora brevemente una legatura che, immagino, abbiate colto anche voi nel testo: "Allora il Signore disse a Caino: "Dov'è Abele, tuo fratello?". Egli rispose: "Non lo so. Sono forse io il custode di mio fratello?"". La legatura stretta tra fratello e custode. "Custodire" è verbo di Dio nella Bibbia; e, di conseguenza, verbo degli umani. Ed è un verbo di grande fascino: lo usiamo quando abbiamo negli occhi o nel cuore qualcosa di molto prezioso. Da custodire! Per quanto riguarda Dio, mi ribatte nel cuore, tenerissima, una immagine del salmo: "Custodiscimi come pupilla degli occhi, all'ombra delle tue ali nascondimi" (Sal 17,8). Come pupilla degli occhi. La custodia. Che è l'opposto dell'indifferenza, dell'insensibilità, o dello scarto. Come sarebbe urgente che il verbo "custodire" e la parola "custodia" riprendessero tutto il loro valore e colore nel nostro tempo.

Lo sguardo va d'istinto ad orizzonti lontani: siamo custodi di giustizia, di libertà, di umanità? O menefreghisti, usurpatori, violentatori? La custodia tenera o l'indifferenza? O, peggio ancora, lo scarto? E se mi guardo nel mio intimo? Che immagine mi darei. DI custode? Custode di volti e di fili d'erba, di voci e di silenzi, di sorrisi e di pianti, di un viso e di una moltitudine, di fede e di ricerche, di cammini e di smarrimenti di soffi di umanità e di tenerezze del divino? Ho ancora occhi per il segno, che Dio imprime anche sul più ramingo degli umani?

Custodiscimi come pupilla degli occhi.

 

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