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TESTO Commento Matteo 10,17-22

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Santo Stefano, primo martire (26/12/2005)

Vangelo: Mt 10,17-22 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mt 10,17-22

17Guardatevi dagli uomini, perché vi consegneranno ai tribunali e vi flagelleranno nelle loro sinagoghe; 18e sarete condotti davanti a governatori e re per causa mia, per dare testimonianza a loro e ai pagani. 19Ma, quando vi consegneranno, non preoccupatevi di come o di che cosa direte, perché vi sarà dato in quell’ora ciò che dovrete dire: 20infatti non siete voi a parlare, ma è lo Spirito del Padre vostro che parla in voi.

21Il fratello farà morire il fratello e il padre il figlio, e i figli si alzeranno ad accusare i genitori e li uccideranno. 22Sarete odiati da tutti a causa del mio nome. Ma chi avrà perseverato fino alla fine sarà salvato.

Il giorno dopo Natale, le vesti liturgiche cambiano colore. Al bianco della gioia natalizia subentra il rosso, colore del sangue per la festa di Santo Stefano, primo martire della Chiesa. La nascita di Gesù provoca effetti diversi nel mondo.

PRIMO MARTIRE. Gesù aveva detto di se stesso: "Non sono venuto a portare la pace, ma la spada e la divisione". Di fronte a lui si è diviso il mondo. Chi per l'odio e chi per l'amore, chi per la verità e la giustizia, chi per la menzogna e la violenza. La venuta del Figlio di Dio in terra impone una scelta. I martiri l'hanno fatta eroicamente, a prezzo del sangue. Il primo è stato Santo Stefano, diacono. Fu condiscepolo di Paolo alla scuola di Gamaliele e, secondo la tradizione, votato allo studio della Bibbia. Il libro degli Atti parla del suo valore come controversista nelle dispute con i rabbini, da subito avversari di Cristo. Fu ordinato diacono, tra i primi sette, dalla Chiesa di Gerusalemme. Il suo martirio, altamente significativo, ricalca in qualche modo quello di Cristo: accusato ingiustamente, prima di morire prega dicendo: "Signore, non imputare loro questo peccato". Come Gesù dalla croce aveva perdonato ai suoi crocifissori. Inizia con Stefano il numero sterminato di coloro che, come i Santi Innocenti, entrano alla corte del re, seguendolo con fedeltà sino all'effusione del sangue.

SI MISERO A LAPIDARLO. Il racconto degli Atti degli Apostoli sulla morte di Stefano è di una forza tutta particolare. Luca vi ha messo dentro la sua capacità narrativa. Prima si assiste alla violenta disputa tra Stefano e i suoi avversari, che "non riuscivano a resistere alla sapienza ispirata con cui egli parlava. All'udirlo fremevano in cuore loro e digrignavano i denti contro di lui". Una situazione di forte tensione, durante la quale Stefano ha la visione dei cieli aperti, dove vede la gloria di Dio e Gesù che stava alla sua destra. Quindi, gli avversari si scagliarono tutti insieme, contro di lui, uccidendolo a colpi di pietra. Così avverrà altre volte nella storia dei martiri cristiani. I loro avversari, a corto di argomenti, non troveranno altra soluzione che la spada o i colpi di pietra. Non sapendo contraddire la verità, non potendo resistere alla Sapienza che viene dall'alto. Infatti, la menzogna non potrà mai prevalere, perché solo la verità ci farà liberi.

ODIATI DA TUTTI. Quanto alla sorte che sarebbe toccata ai suoi discepoli, Gesù non ha mai illuso nessuno. Disse con assoluta chiarezza che "gli uomini vi consegneranno ai loro tribunali e vi flagelleranno nelle loro sinagoghe e sarete condotti davanti ai governatori e ai re per causa mia, per dare testimonianza a loro e ai pagani". E ancora: "Sarete odiati da tutti a causa del mio nome; ma chi persevererà sino alla fine sarà salvato". Una promessa esplicita di persecuzione e di morte. Così avverrà di fatto, nella storia della Chiesa, dai primi secoli sino ad oggi. Non ci sono soltanto i "primi" martiri cristiani, ma anche gli "ultimi", quelli dei nostri giorni. Si muore ancora per la fede. In varie parti del mondo, neppure oggi, è possibile dichiararsi cristiani e professare la fede se non a rischio di esclusioni e limitazioni. Ed anche da noi, non sempre è facile vivere in coerenza il Vangelo. La nostra testimonianza ha spesso un prezzo da pagare nella perseveranza.

Commento a cura di don Carlo Caviglione

 

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