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TESTO Il sacerdozio esistenziale di Cristo chiama alla condivisione e alla missione

diac. Vito Calella

Santissimo Corpo e Sangue di Cristo (Anno C) (19/06/2022)

Vangelo: Lc 9,11-17 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 9,11-17

11Ma le folle vennero a saperlo e lo seguirono. Egli le accolse e prese a parlare loro del regno di Dio e a guarire quanti avevano bisogno di cure.

12Il giorno cominciava a declinare e i Dodici gli si avvicinarono dicendo: «Congeda la folla perché vada nei villaggi e nelle campagne dei dintorni, per alloggiare e trovare cibo: qui siamo in una zona deserta». 13Gesù disse loro: «Voi stessi date loro da mangiare». Ma essi risposero: «Non abbiamo che cinque pani e due pesci, a meno che non andiamo noi a comprare viveri per tutta questa gente». 14C’erano infatti circa cinquemila uomini. Egli disse ai suoi discepoli: «Fateli sedere a gruppi di cinquanta circa». 15Fecero così e li fecero sedere tutti quanti. 16Egli prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò su di essi la benedizione, li spezzò e li dava ai discepoli perché li distribuissero alla folla. 17Tutti mangiarono a sazietà e furono portati via i pezzi loro avanzati: dodici ceste.

Melquisedek è un primo annuncio su Gesù Cristo sacerdote servo che si dona a noi nel sacramento dell'Eucaristia.

Rimaniamo stupiti nellàscoltare che, all'inizio della storia della salvezza, nel villaggio di Salem (futura Gerusalemme), Abramo incontrò il sacerdote re Melchisedek. L'ospitalità di Melchisedec si realizzò con due azioni significative: l'offerta del pane e del vino e la preghiera di benedizione sull'ospite Abramo: «Melchìsedek, re di Salem, offrì pane e vino: era sacerdote del Dio altissimo e benedisse Abram» (Gn 1,18-19a). Abbiamo ascoltato la bella preghiera di benedizione (cfr Gen 1,19b).

La risposta di Abramo fu la seguente: «Gli diede la decima di tutto» (Gen 1,19c).

Melchisedek è insieme sacerdote e re, esercita il suo sacerdozio liturgico come pastore e guida del popolo che abita a Salem, e l'accoglienza di Abramo con pane e vino diventa preannuncio del dono di sé che Gesù, il Figlio amato dal Padre, farà con il pane e il vino trasformati in segni vivi ed efficaci dell'evento salvifico della sua morte e risurrezione.

Melchisedek appare per la prima volta nella Bibbia in questi due versetti del libro della Genesi, nel contesto dei racconti della storia del patriarca Abramo, nostro modello di uomo di fede.

È ricordato per la seconda volta nel Salmo 109, scritto per celebrare l'intronizzazione del re di Gerusalemme, discendente di Davide, chiamato «figlio di Dio». Ancora una volta il «re» viene contemporaneamente proclamato «sacerdote».
Un sacerdozio esistenziale

Il sacerdozio di Melchisedek è del tutto diverso rispetto all'istituzione del sacerdozio della tribù di Levi. I leviti erano stati scelti, tra le dodici tribù d'Israele, per esercitare il culto liturgico dell'antica alleanza tra il popolo d'Israele, istruire il popolo nella Legge di Mosè e praticare sacrifici di animali. Il sacerdozio del re, secondo l'ordine di Melchisedek, non è cultuale, ma esistenziale. Il sacerdozio di Melchisedek è prima di tutto dedizione gratuita al servizio del popolo, a cominciare dai più poveri.

Il sacerdozio del re Melchisedek ha un'altra importante caratteristica: durerà per sempre.

Nella storia del popolo d'Israele, il sacerdozio levitico divenne esclusivamente cultuale dopo la costruzione del tempio di Gerusalemme. Quando il tempio fu completamente distrutto durante la guerra giudaica contro i romani nel 70 d.C., scomparve come istituzione. L'autore della lettera agli Ebrei era ben consapevole di tutto questo e, ispirato dallo Spirito Santo, scrisse la sua bella omelia su Gesù Cristo, il sommo sacerdote servo, che, con la sua morte e risurrezione, realizza la promessa del Salmo 109.

Gesù Cristo, il Figlio prediletto del Padre, è riconosciuto da noi cristiani come il sommo sacerdote servo, il risuscitato che vive in eterno; il mediatore della nuova ed eterna alleanza con il dono dello Spirito Santo, grazie all'offerta esistenziale del suo corpo donato e del suo sangue versato con la sua morte in croce.

La celebrazione eucaristica è diventata, fin dai tempi della Chiesa apostolica, il centro della vita di ogni comunità cristiana. Nei primi secoli i cristiani si riunivano nelle case per celebrare la cena pasquale nel giorno del Signore. Non facevano semplicemente il “ricordo” dell'ultima cena di Gesù! Soprattutto, credevano che quell'evento storico di morte e risurrezione avesse potere di salvezza per l'umanità intera in ogni tempo e in ogni parte del mondo.

Ringraziamo Dio per la testimonianza del primo racconto dell'istituzione della Santa Eucaristia, attestato nella prima lettera di san Paolo ai Corinzi.
Condivisione e missione

Il dono divino della nostra comunione con il Padre, unito al Figlio nello Spirito Santo, è già disponibile per ciascuno di noi qui e ora.

Lo scopo di questa esperienza di comunione con la Santissima Trinità è comunicare a tutti la nostra gioia di sentirci rispettati nella nostra dignità di figli amati, nonostante la nostra fragilità e vulnerabilità, nonostante i nostri peccati, perché ci immergiamo nella misericordia e nella fedeltà del Padre.

Lo scopo della nostra esperienza di comunione con la Santissima Trinità è comunicare a tutti la nostra storia di redenzione, di liberazione e di vita nuova, avvenuta quando abbiamo scoperto che Gesù Cristo, sommo sacerdote servo della nostra salvezza, ha perdonato i nostri peccati con la sua morte e risurrezione e noi abbiamo deciso di centrare la nostra vita, attraverso la nostra fede, sul mistero pasquale della sua offerta esistenziale.

Lo scopo della nostra esperienza di comunione con la Santissima Trinità è comunicare a tutti il nostro amore per lo Spirito Santo, riversato gratuitamente nei nostri cuori, perché il nostro corpo possa diventare strumento per la realizzazione del regno del Padre, regno di gioia, di pace e di giustizia già in questo mondo.

La nostra fede in Cristo morto e risuscitato, per la forza dello Spirito Santo, che vive e opera in noi, diventa testimonianza di unità nella carità nei nostri rapporti umani e testimonianza di cura e rispetto nei nostri rapporti con tutte le creature della natura.

La nostra speranza in Cristo morto e risuscitato, per la forza dello Spirito Santo, diventa impegno concreto per far prevalere il frutto dello Spirito, che è «amore, gioia e pace, pazienza e benevolenza, generosità e fiducia, mitezza e dominio di sé» (Gal. 5,22-23a), nel contesto di questo mondo, dove il predominio dell'egoismo umano sembra ancora prevalere, provocando «unioni illegittime, impurità, dissolutezza, idolatria, stregoneria, inimicizie, liti, gelosie, rabbia, discordie, settarismo, ubriachezza, orgie e altre cose simili» (Gal 5,19-21).

La nostra autentica comunione con il corpo e il sangue di Cristo, vissuta nella celebrazione eucaristica, si completa fuori della Chiesa attraverso la nostra scelta di condividere e di diventare discepoli missionari.
Condivisione

L'offerta della decima da parte di Abramo, in risposta all'ospitalità di Melchisedek, è un invito a condividere il poco, ma il meglio, che abbiamo e siamo, affinché il Padre, unito al Figlio nello Spirito Santo, ci renda strumenti della sua azione salvifica nel luogo in cui siamo chiamati a vivere la nostra esistenza. “Condivisione” è anche il significato di quei «cinque pani e due pesci» che furono messi a disposizione di Gesù.

Rocrdiamoci che il verbo “condividere” significa “dividere-con”.

La nostra iniziativa umana come Corpo ecclesiale di Cristo è credere nella con-divisione del poco che abbiamo e siamo. Lo possiamo imparare solo incontrando i più poveri e sofferenti, perché in mezzo a loro troviamo, con stupore, gesti concreti e audaci di condivisione. L'apostolo Paolo ha ricordato l'istituzione dell'Eucaristia ai Corinzi perché tra loro si stava verificando uno scandalo: i più ricchi trovavano difficoltà a condividere i propri beni e gli alimenti con i fratelli e le sorelle più poveri, quando avveniva la confraternizzazione dopo la celebrazione eucaristica. Non può essere così.

Se siamo chiamati a condividere quel poco che abbiamo e siamo, senza accumulare, senza aggrapparci alle nostre sicurezze materiali e umane, lo Spirito Santo del Padre unito al Figlio fa accadere la “moltiplicazione” e si compie il miracolo dell'unità nella carità, dove nessuno si sente escluso e nel bisogno.
Missione

L'invito di Gesù, ascoltato nel Vangelo, è una chiamata alla missione: «Voi stessidate loro da mangiare» (Lc 9,13). L'organizzazione in «gruppi di cinquanta» rappresenta oggi simbolicamente l'insieme delle azioni di solidarietà, di evangelizzazione e di liturgia che le nostre comunità compiono nel mondo, a partire dall'attenzione privilegiata verso i più poveri, sapendo che la stessa presenza viva e vera di Cristo risuscitato nelle specie sacre del pane e del vino siamo chiamati a scoprirla nella vita dei poveri.

 

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