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TESTO Commento su Giovanni 14,15-16.23-26

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Pentecoste (Anno C) - Messa del Giorno (05/06/2022)

Vangelo: Gv 14,15-16.23-26 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Gv 14,15-16.23-26

15Se mi amate, osserverete i miei comandamenti; 16e io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paràclito perché rimanga con voi per sempre,

23Gli rispose Gesù: «Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui. 24Chi non mi ama, non osserva le mie parole; e la parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato.

25Vi ho detto queste cose mentre sono ancora presso di voi. 26Ma il Paràclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto.

COMMENTO ALLE LETTURE

Commento a cura di don Massimo Cautero

La pentecoste, giorno del dono.

Tanti anni fa ebbi modo di confrontarmi con tante persone di vari gruppi “pentecostali” (anche all'estero!) e movimenti “carismatici” (soprattutto in Italia). La mia fede non era “informata” e teologicamente “supportata” per un confronto diretto sulle tematiche dello Spirito Santo e sulle pratiche di preghiera che lo invocavano all'interno dei vari gruppi, ma quello che vedevo e sentivo mi rasserenava, e osservando tanta gente gioiosa e contenta non mi chiedevo più di tanto. Quello che capivo chiaramente è che in quel particolare momento ecclesiale, parliamo della fine degli anni '80 e degli anni '90, c'era veramente bisogno di una “ventata” di aria nuova, quella che solo l'irruenza del Paraclito può dare, specialmente nelle situazioni stagnanti delle Chiese protestanti del vecchio e del nuovo mondo, e per un “fuoco di gioia” all'interno della Chiesa Cattolica che faceva fatica a ravvivarsi.

I movimenti carismatici e pentecostali sono stati, e per tanti versi lo sono ancora, quel soffio vitale che tiene acceso il fuoco ma, nel tempo, notai che non tardarono a manifestarsi angolature strane, che sottolineavano come importanti sempre più quegli aspetti, delle manifestazioni dello Spirito, che dal mio povero punto di vista erano si eclatanti ma non propriamente basilari per fondare e/o sostenere la Fede, anche se va detto che molte persone hanno avuto modo di convertirsi e ri-convertirsi al Vangelo proprio grazie a questi segni.

Chi mi conosce sa che, pur nutrendo grande rispetto e stupore nei confronti dei miracoli e dei segni, non ho mai reputato che, da soli, potessero suscitare e/o supportare la Fede in maniera decisiva: pensate agli Apostoli e discepoli che pur avendo vissuto al fianco di Gesù, e visto innumerevoli segni e miracoli, non hanno avuto abbastanza per non scappare o tradire! Per questo ho sempre invitato tutti a guardare ad essi come “segni di amore” sulla strada del dono della vita eterna, segni di quell'amore nel quale tutti ci dobbiamo abbandonare. I miracoli ed i segni “prodigiosi” incoraggiano a camminare decisi e spediti nella Parola ed alla sequela di Gesù, ma se uno non decide di prendere in mano la propria fede e cominciare a fare il primo vero passo, essi, da soli, non porteranno lontano.

Il dono dello Spirito Santo nella Pentecoste è un dato di fatto, uno dei momenti fondanti per la Chiesa, ma anche uno dei fatti forse meno capiti: i doni e la presenza dello Spirito non sono il fine per la Chiesa ma il mezzo per realizzare la sua missione. Certo, essere pieni di Spirito Santo abilita a cose bellissime e miracolose, ma anche fossero le cose più miracolose viste al mondo resterebbero “lettera morta” se non ci aiutassero a vivere da figli, “eredi di Dio, coeredi di Cristo, figli che prendono parte alle sofferenze di Cristo per partecipare anche alla Sua Gloria”, come ci ricorda il Vangelo di questa Domenica. Capito questo, la vera domanda sul dono dello Spirito Santo, la problematica più importante di tutte, è: come facciamo a sapere che siamo nello Spirito e/o lo Spirito ci abita? Ma soprattutto come riusciamo a “permanere” nella sua verità ed usare correttamente i doni ricevuti?

Ad aiutarci c'è un atteggiamento fondamentale della Chiesa e dei singoli figli sul quale interrogarci: siamo capaci di ringraziare? Solo chi entra nella logica del ringraziamento può andare nell'oltre di quell'amore che diventa vita per se e per tutti (Gv 11,41-44, la preghiera per Lazzaro). Tutta la vita di Gesù è un ringraziamento al Padre e trasmette questo ai suoi, sino all'ultimo, sino a lasciare il suo testamento completo nell'ultima cena, il ringraziamento Pasquale, che è l'asse portante dell'azione sacramentale dei suoi, della Chiesa: Eucarestia, ringraziamento, il nome dice tutto, sarebbe bello prendere l'abitudine - così tanto per ricordarci - di chiamarla sempre così, forse a scapito di altri termini che, seppur giusti e corretti, usiamo abitualmente ma non sottolineano questo atteggiamento fondamentale del “ringraziare”.

Un dono senza ringraziamento diventa qualcos'altro, non più un dono, c'è il pericolo che addirittura diventi un “dovuto”, un diritto da usare ed anche, forse, abusare. Lo Spirito Santo è donato invece per amare, per concentrare tutto l'amore possibile nel necessario della volontà salvifica di Dio che ci viene affidata. Posso sentirmi “pieno di grazia”, “pieno di Spirito Santo”, parlare tutte le lingue del mondo, conosciute e sconosciute, parlare con gli angeli, ma se questo non mi aiuta ad amare, ad agire sacramentalmente per amore, a ringraziare, resto solo una “cassa di risonanza” vuota, che non dice niente a nessuno, incapace di annunciare ogni buona cosa di Dio, figuriamoci il Vangelo (1 Cor 13).

Cosa aspettarci dalla Pentecoste? Cosa chiedere? Aspettiamoci il dono, chiediamo un cuore libero e capace di amare accogliendo. Impariamo ad esprimerci con il linguaggio del ringraziamento, che indichi l'amore con cui amiamo e la gioia che accompagna le nostre vite. Sappiamo benissimo che dobbiamo continuare ad affrontare le bruttezze e le preoccupazioni di questo mondo, ma ricordiamoci anche che in questo mondo, abitati dallo Spirito Santo, siamo il vero miracolo di speranza che tutti aspettano!

 

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