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padre Gian Franco Scarpitta  

Ascensione del Signore (Anno C) (29/05/2022)

Vangelo: Lc 24,46-53 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 24,46-53

46e disse loro: «Così sta scritto: il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno, 47e nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. 48Di questo voi siete testimoni. 49Ed ecco, io mando su di voi colui che il Padre mio ha promesso; ma voi restate in città, finché non siate rivestiti di potenza dall’alto».

50Poi li condusse fuori verso Betània e, alzate le mani, li benedisse. 51Mentre li benediceva, si staccò da loro e veniva portato su, in cielo. 52Ed essi si prostrarono davanti a lui; poi tornarono a Gerusalemme con grande gioia 53e stavano sempre nel tempio lodando Dio.

Quaranta giorni sono passati dalla resurrezione; Gesù ha impiegato questo tempo (simbolico di attesa e di impegno) apparendo più volte a coloro che aveva preso più strettamente con sé e che gli renderanno testimonianza fino all'estremità del mondo (gli apostoli), apparendo anche, come dirà Paolo, a centinaia di persone, istruendo i suoi intorno alla loro missione e al loro futuro senza la sua presenza tangibile. Comanda gli apostoli di rimettere o non rimettere i peccati in forza dello Spirito che infonde su di loro, di predicare e battezzare nel nome del Padre, del Figlio, dello Spirito Santo, poiché a lui è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra. Il potere cioè della misericordia, del perdono e dell'amore disinteressato per cui aveva iniziato la sua opera terrena e continuerà a protrarre questa anche oltre la sua vita fisica.

Tutto questo viene sintetizzato dall'apostolo Luca, sia nel suo Vangelo che narra l'attività terrena di Gesù, sia nel testo immediatamente correlato chiamato Atti degli Apostoli, che descrive il “tempo della Chiesa”, quello in cui Gesù opererà nella forma invisibile per mezzo dei suoi in forza dello Spirito Santo promesso dal Padre ed effuso a Pentecoste.

In ambedue i testi, che si curano di raccogliere testimonianze attendibili e veritiere, Luca descrive infatti come Gesù, trascorsi 40 giorni dalla sua resurrezione, “viene assunto al Cielo”, sottratto cioè alla percezione comune dei sensi per assumere pienamente la dimensione celeste. Viene sottratto alla mondanità, alla sfera del quotidiano e del provvisorio per raggiungere la sfera dell'assoluto. Negli scritti del Nuovo Testamento, quando si descrive un'azione nella quale non viene menzionato il complemento d'agente, questi dev'essere identificato con Dio. Quindi “fu assunto al Cielo da Dio”. Il Padre, dal quale era proceduta l'incarnazione e per volontà del quale era avvenuta la redenzione in pienezza sulla croce, adesso assume con sé il proprio Figlio. Poiché Gesù è Dio come il Padre, si può anche affermare che Gesù “ascende”, si eleva, sale al Cielo. Non nel senso fisico e plastico del termine, ma in senso teologico: Gesù recupera la dimensione definitiva del divino, accentuata anche dall'espressione allusiva “siede alla destra del Padre.”

La scena del resto non è dissimile dalla famosa trasfigurazione collocata sul monte Tabor: una nube discende su Gesù ed egli scompare dalla loro vista. La “nube” è l'elemento biblico che indica l'intimità fra Dio e l'uomo, la presenza divina di assoluto che entra in profondità di comunicazione con il relativo, quindi Dio che coinvolge in questo caso Gesù fino a fargli perdere ogni identità con il mondo terreno. Il “distacco” di Gesù dai suoi discepoli di cui parla Luca nel Vangelo, indica la fine delle relazioni immediate e dirette, il termine di ogni cognizione sensoriale e di ogni interazione puramente terrena. Gesù recupera la dimensione assoluta del divino e del trascendente, quale era sempre stata sin dall'eternità (Gv 1, 1).

Allora occorrerà rassegnarsi alla sua assenza, al suo silenzio totalizzante? Certamente no. Squizzato scrive a tal proposito che nell'episodio dell'ascensione Gesù passa anzi dall'”Io Sono” (Es 3, 14; Gv 8, 24)all'Io sono con voi tutti i giorni” (Mt 28, 29). La sua presenza, proprio perché ineffabile e misterica, copre ogni realtà del quotidiano, riguarda ogni ambito e persiste in qualsiasi esperienza della nostra vita. Gesù asceso al Cielo è un Dio sempre “in agguato”; proprio perché non più fruibile fisicamente lo si può riscontrare dappertutto, in ogni ambito e in ogni situazione.

Come lui stesso aveva promesso più volte, adesso Gesù si farà notare grazie allo Spirito Santo che attualizzerà sempre il suo esserci e ci condurrà di volta in volta a conoscere ogni verità intorno a lui: lo Spirito ci ricorderà ciò che Gesù ci ha insegnato e ci renderà edotti su ciò che vorrà illustrarci in futuro. E' grazie allo Spirito che ancora oggi possiamo essere certi che Gesù è con noi, perché nello Spirito facciamo esperienza di lui. L'Io Sono diventa l'essere con noi di Gesù costantemente, la sua compagnia constante, il suo sostegno e l'incentivo perché possiamo sempre vivere e operare al meglio. Nello Spirito Santo facciamo esperienza di Gesù soprattutto nei “segni visibili della sua presenza invisibile” che sono i Sacramenti, primo fra tutti l'Eucarestia.

Evidentemente si tratta di un esserci di Gesù per noi che però prescinde dalle prerogative di scienza e di illuminazione intellettuale: l'esperienza di lui avviene nella fede, che fonda tutto ciò che si spera ed è la prova di tutto ciò che si vede (Eb 11, 1).

Credere in Colui che ci ha dato la garanzia di sé per sempre è l'invito che Gesù stesso ci rivolge in ogni tempo; la fede tuttavia non può che essere un vissuto, un'esperienza piena, un affidamento di noi stessi a ciò che comunque resta un mistero. Solo la fede ci può rassicurare e infonderci coraggio di non essere rimasti soli, così come gli apostoli, superata la titubanza iniziale, capirono di non essere rimasti senza guida e senza sollecitazione, ma che appunto lo Spirito Santo li avrebbe condotti alla certezza esaltante della presenza stanziale di Gesù che nella loro missione agisce egli stesso, sollecitandoli e motivandoli.

E intanto l'ascensione al Cielo ci ragguaglia di un'altra verità: la nostra patria è nei cieli (Fil 3, 20) e seppure siamo chiamati ad edificare questo luogo transitorio, siamo destinati alla gloria finale. Per questo mentre persistiamo in questo mondo “ se siamo risorti con Cristo cerchiamo le cose di lassù, dov'è assiso Cristo alla destra di Dio”(Col 3, 1 - 2). Secondo la sua promessa, un giorno egli si manifesterà per farci apparire con lui nella gloria; nel frattempo aspiriamo al paradiso futuro del quale lui stesso ci ha dato speranza che anima la costanza, la fiducia e la perseveranza. Nel frattempo però da risorti siamo chiamati ciascuno a edifica il paradiso già in questo sistema di cose foriere e momentanee. Piedi sulla terra e occhi rivolti al cielo.

 

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