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TESTO L'amore modellato su quello di Cristo

padre Antonio Rungi

V Domenica di Pasqua (Anno C) (15/05/2022)

Vangelo: Gv 13,31-35 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Gv 13,31-35

31Quando fu uscito, Gesù disse: «Ora il Figlio dell’uomo è stato glorificato, e Dio è stato glorificato in lui. 32Se Dio è stato glorificato in lui, anche Dio lo glorificherà da parte sua e lo glorificherà subito. 33Figlioli, ancora per poco sono con voi; voi mi cercherete ma, come ho detto ai Giudei, ora lo dico anche a voi: dove vado io, voi non potete venire. 34Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri. 35Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri».

Il vangelo della quinta domenica di Pasqua, ci immerge nell'essenza stessa del cristianesimo, quale religione dell'amore di Dio verso l'umanità, manifestata a noi attraverso l'incarnazione, la passione, morte in croce e risurrezione del Signore.
E proprio nell'ultima cena, nell'imminente passione di Cristo che il Maestro sale in cattedra, anzi si inginocchia davanti alle fragilità umane e dice ai suoi dodici apostoli con precise parole: «Vi do un comandamento nuovo, che vi amiate come io vi ho amato».
E' questa una di quelle espressioni che solo Cristo poteva dire e comunicare ai suoi ascoltatori diretti ed anche fruitori immediati del suo messaggio e del suo linguaggio. Parole di un peso incontenibile se consideriamo il fatto che ci dice che si tratta di qualcosa di assolutamente nuovo e diverso, quello che comanda di fare, rapportandolo a se stesso.

Nella sacra scrittura, nell'Antico testamento il comandamento dell'amore è tante volte espresso. Basta citare il libro dei Proverbi che dice: «Se il tuo nemico ha fame, dagli pane da mangiare, se ha sete, dagli acqua da bere» (Prov 25,21).
Da sempre e dovunque nel mondo le persone credono di mare, pensano di amare, ma alla fine non amano che se stesse e con amano secondo il modello che Cristo propone a quanti si pongono alla sua sequela. Nella sua richiesta di amare, egli non comanda nessuno e tantomeno obbliga qualcuno ad amare per forza.
Chiede solo di fare spazio all'amore nel cuore di ogni uomo, perché dall'amore sgorga la sensibilità, il rispetto, la collaborazione e la pace tra tutti gli esseri umani, perché l'amore se è autentico non può che essere verso ogni fratello e sorella della terra, chiaramente a partire da coloro che ci sono vicini e fanno parte della nostra vita e sono la nostra vita.
Comandamento non significa obbligo, ma essere motivato e spinto dal proprio desiderio di fare il bene e poi farlo concretamente. Per cui, il primo passo per noi verso l'amore è entrare nel cuore di un Dio che è amore ed ama per primo.
Come i fiori sbocciamo senza un perché, naturalmente perché costituiti nel loro essere per colorare il mondo e la vita così è per l'amore umano, che attinge la sua origine essenziale nell'amore di Colui che è veramente amore e cioè Dio. Lui ama perché ama, ed è la sua natura. La realtà è che «siamo immersi in un oceano d'amore, quello di Dio eppure non ce ne accorgiamo e non lo viviamo nella quotidianità.

Il secondo passo da fare verso l'amore prendere a nodello di questo nostro amare, proprio colui che è Amore Incarnato. Gesù, infatti, non dice amate quanto me, il confronto ci schiaccerebbe. Ma: amate come me. Non basta amare, potrebbe essere anche una forma di possesso e di potere sull'altro, un amore che prende e pretende, e non dona niente; esistono anche amori violenti e disperati, tristi e perfino distruttivi. Gesù ama di «combattiva tenerezza» (Evangelii gaudium), alle volte coraggioso come un eroe, alle volte tenero come un innamorato o come una madre, che non si arrende, non si stanca, non si rassegna alla pecora perduta, la insegue per colline, burroni, valli, tra sterpaglie e precipizi vari e trovatala se la carica sulle spalle, teneramente felice e la porta in salvo. Noi siamo il suo gregge e popolo che egli guida, noi siamo quelle pecorelle smarrite nell'odio, nella guerra e nella violenza che solo l'amore di Cristo può riportare a saggi consigli e modi di agire, espressioni di vero amore.
Amore che è bene sottolineare non è buonismo o umanesimo di facciata, perché il Signore ripudia l'ipocrisia dei sepolcri imbiancati, che davanti dicono d'amore e dietro pugnalano la vitta di turno da sacrificare sull'altare dei propri interessi ed egoismi, senza limiti. E' bene sapere, come egli stessi ci ha detto, che Gesù tra vittima e il carnefice non assumere un ruolo di imparzialità, condanna apertamente nel tempo e soprattutto nell'eternità, quando da giudice unico e supremo valuterà il nostro operato in base alla carità.

Il terzo ed ultimo passo da compire verso l'amore è quello espresso da Gesù in queste parole: amatevi gli uni gli altri. Espressione che diverse volte nel Nuovo Testamento e che invita i cristiani e gli uomini di buona volontà a vivere nella reciprocità, guardandosi negli occhi, faccia a faccia, a tu per tu, nella sincerità dei pensieri, dei sentimenti e dei progetti che si nutrono dentro e che non sempre affiorano apertamente. Lo sappiamo bene che non si ama l'umanità in generale; si ama quest'uomo, questo bambino, questo straniero, questo volto. Si ama il padre, la madre, il figlio, la sorella, il vicino di casa, i colleghi, e si amano anche i nemici. Si amano le persone ad una ad una, volto per volto, cuore a cuore. Quell' amarsi gli uni gli altri, che Gesù ci ha raccomandato non è altro che uno scambio gratuito di doni, senza attendere una ricompensa o un ritorno di qualsiasi genere.

D'altra parte siamo tutti mendicanti d'amore, e proprio perché bisognosi di amare e di essere amati, il vero amore umano e cristiano si pesa sulla bilancia precisa ed esatta del dare e del ricevere amore senza limiti e misure.

 

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