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TESTO Il colore di quelle parole

don Angelo Casati  

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V domenica T. Pasqua (Anno C) (15/05/2022)

Vangelo: Gv 13,31b-35 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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31Quando fu uscito, Gesù disse: «Ora il Figlio dell’uomo è stato glorificato, e Dio è stato glorificato in lui. 32Se Dio è stato glorificato in lui, anche Dio lo glorificherà da parte sua e lo glorificherà subito. 33Figlioli, ancora per poco sono con voi; voi mi cercherete ma, come ho detto ai Giudei, ora lo dico anche a voi: dove vado io, voi non potete venire. 34Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri. 35Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri».

Se a scriverti è una persona che tu ami, a volte ti chiedi come era la luce quando ti scriveva. Capita con le parole di Gesù oggi. Dove? E come era la luce? Da brivido: nella stanza al piano superiore. Era ormai notte: piovevano da lucerne onde di luce silenziosa. Lui. Gesù, poco prima si era cinto i fianchi con un asciugamano e aveva lavato i piedi dei suoi discepoli. Poi fu cena, l'ultima, il boccone lo diede anche a Giuda. Era da poco uscito, nella notte, e lui li guardava: teneva in cuore, per loro, parole che prendevano il suono di un testamento. Disse - ora conosciamo il colore delle parole -: "Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri".

Tutto faceva invito a non scordare. Forse anche la parola "nuovo": li lasciava sospesi. La parola "nuovo" - voi lo sapete - è parola che accende attenzione, niente di stantio, di risaputo, di ripetuto, di scolorito. Comandamento "nuovo". Se si fossero fermati all' "amatevi", avrebbero potuto forse pensare che l'amare gli altri, sino all'amore talvolta del nemico, era comandamento che già si era affacciato in qualche pagina del Primo Testamento. Non stava forse scritto nel libro dell'Esodo: "Quando vedrai l'asino del tuo nemico accasciarsi sotto il carico, non abbandonarlo a se stesso: mettiti con lui ad aiutarlo"? (Es 23,5).

Ma lui non si era fermato a dire: "Amatevi gli uni gli altri". Aveva mosse le parole, come a prolungarle e aveva aggiunto: "Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri". Lì stava il "nuovo": in quel "come io... così anche voi": "Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri". Il suo comandamento, parole ultime, testamento prezioso. E su quelle parole si sarebbe dovuta verificare, nei secoli, l'identità dei discepoli: "Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri".

E qui per un inciso, che forse non è un dettaglio, mi si apre una riflessione sul passato. Chi di voi è avanti negli anni -, anche se non come me - ricorda gli esami di coscienza del passato - non so di quelli di oggi - che la verifica, sull'essere o no discepoli, la mettevano su una moltitudine di altre cose - vi lascio pensare quali - e non su questo, o in ombra questo. Che è il comandamento nuovo. E che strano, strano in apparenza, che nel comandamento nuovo non appaia l'amare Dio, ma "amatevi tra voi". Stranezza che subito si dissolve al ricordo delle parole di Giovanni nella sua prima lettera: "Chi infatti non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio che non vede" ( 1 Gv 4,20). E aggiunge: "E questo è il comandamento che abbiamo da lui".

"Questo": notate l'insistenza. Senza mai dimenticare la sorgente segreta del nostro amare: "Noi amiamo perché egli ci ha amati per primo". Vi dicevo che la novità del comandamento sta in quel "come... così". Di conseguenza gli occhi accorrono a Gesù, a "come" lui ha amato. Non astrattamente. No. Alle sue parole, ai suoi gesti. Le sue parole, per esempio. E' scritto che nella sinagoga del suo paese "erano stupiti del suo insegnamento, perché insegnava loro come uno che ha autorità e non come gli scribi" (Mc 1,22). Autorità - spesso lo dimentichiamo - è da "augere", aumentare, allargare. Non parole che ti tolgono il fiato - toglievano il fiato gli scribi con i loro mille precetti - ma parole che ti fanno respirare. Lui con il suo annuncio faceva respirare.

E io, noi? Togliamo il fiato o facciamo respirare? Siamo soffocanti o liberiamo orizzonti. Bisognerebbe rincorrere nei vangeli le sue parole. Ma anche i suoi gesti. Pensate al gesto - e lo abbiamo appena ricordato - che prende così grande evidenza nel vangelo di Giovanni da lasciare in ombra l'istituzione dell'eucaristia: il gesto di Gesù, chinato a lavare i piedi dei discepoli. E anche qui appare il "come", "come io": "Voi mi chiamate Maestro e Signore e dite bene, perché lo sono. Se dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i vostri piedi, anche voi dovete lavarvi i piedi gli uni gli altri. Vi ho dato infatti l'esempio, perché come ho fatto io, facciate anche voi".

Sollevare stanchezze. E come posso io, come possiamo noi, oggi, sollevare stanchezze? Quali stancheze? E dove, come, quando? Voi mi capite dovremmo ripercorrere pagine e pagine dei vangeli per sorprendere - non senza emozione, penso - come Gesù ha amato. E non avremo mai finito di farlo. Mi limito a una sintesi limpida che trovo negli Atti degli Apostoli, una sintesi con cui Pietro racconta di Gesù, a Cesarea nella casa di Cornelio, il centurione romano. Dice: "Passò beneficando e risanando". Pensate la limpidezza di questi tre verbi. Che salvano da ogni impallidimento del verbo amare: passare, beneficare, risanare. E le estensioni di questi verbi sono a non finire. Io li sfioro, solo con un accenno e disordinatamente. A voi dilatarli. A non finire.

Amare è passare. Passare: non, stare lontani, o stare alla finestra, sui palchi o sui balconi. E' andare con passione per strade e per case: le nostre e le strade e le case del mondo, immergersi, sporcarsi le mani. Amare è beneficare, fare il bene. Fare il bene e farlo bene. Il vero bene, quello autentico e non quello che ci mettiamo in mente noi, alla maniere di donna Prassede, molto inclinata a fare il bene, ma anche a far coincidere la volontà di Dio con le sue sconnessioni. Amare è risanare. Non aggiungere ferite a ferite, non ignorare il carico a volte devastante delle ferite altrui, e chiedersi che cosa potrebbe essere balsamo.

I testi molto belli della Liturgia di oggi meriterebbero ben altro commento, ma io mi fermo qui: "Amatevi come io ho amato voi"... "Passò beneficando e risanando". E la domanda ritorna a me: "Io passo? Passo beneficando e risanando?".

Gesù ci ricolmi del suo spirito.

 

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