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TESTO L'amore? Nulla di nuovo. O quasi...

don Alberto Brignoli   Amici di Pongo

V Domenica di Pasqua (Anno C) (15/05/2022)

Vangelo: Gv 13,31-35 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Gv 13,31-35

31Quando fu uscito, Gesù disse: «Ora il Figlio dell’uomo è stato glorificato, e Dio è stato glorificato in lui. 32Se Dio è stato glorificato in lui, anche Dio lo glorificherà da parte sua e lo glorificherà subito. 33Figlioli, ancora per poco sono con voi; voi mi cercherete ma, come ho detto ai Giudei, ora lo dico anche a voi: dove vado io, voi non potete venire. 34Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri. 35Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri».

Da che mondo è mondo, l'uomo ama e si ama. Perché da che mondo è mondo, esiste l'amore. Ci è difficile, infatti, pensare in quale momento sia iniziato l'amore tra gli esseri umani. Non è un'invenzione, e neppure una scoperta: è qualcosa di insito nei nostri cuori dal momento in cui nasciamo, e che certamente nelle sue forme, nelle sue espressioni e nelle sue manifestazioni si è evoluto e si evolve continuamente, così come si evolve l'umanità stessa. Il modo di amare di oggi non è lo stesso di quello di cent'anni fa, né tantomeno è simile a quello degli uomini preistorici: tuttavia, questo sentimento, che ti porta a sentirti emotivamente attratto per un'altra persona o per un gruppo di persone, non è nulla di nuovo sul panorama dell'umanità. Nessuno potrà mai venirci a dire: “Sai, ho scoperto una cosa nuova, mai sperimentata da nessuno fino a questo momento: l'amore”. Lo prenderemmo per pazzo, oppure per una persona talmente innamorata da non capire più nulla e da non sapere più nemmeno ciò che dice.

Sulla scorta di questo, mi piacerebbe proprio capire cosa intende Gesù per “nuovo” quando, nel Vangelo di oggi, ci parla dell'amore: “Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri”. “Nuovo”? Ma cosa vuoi che abbia di nuovo l'amore? Lo si vive da sempre, lo si sperimenta sempre, in continuazione... non ci pare proprio che si possa parlare di una cosa “nuova”.

Poi, però, se ci addentriamo nel brevissimo ma profondo brano di Vangelo che abbiamo di fronte; se diamo per buone le parole del Libro dell'Apocalisse il cui brano riportato nella seconda lettura di oggi termina con le parole “Ecco, io faccio nuove tutte le cose” (e l'aggettivo “nuovo” ritorna almeno altre tre volte nel testo), allora ci accorgiamo che il Signore vuole davvero dirci qualcosa di nuovo riguardo all'amore.

Subito, balza alla nostra attenzione un particolare molto forte. Gesù non invita, non esorta i suoi discepoli ad amarsi, a volersi bene: glielo impone, glielo “comanda”. Non lo fa nel senso della costrizione, perché Gesù non obbliga nessuno a fare nulla: semplicemente, vede l'amore come qualcosa di inevitabile, di ineludibile, di imprescindibile, una sorta di appello insindacabile, un comando di quelli che “non può che essere così”, come ci è comandato di respirare per sopravvivere, di mangiare per vivere. In definitiva: non si può non amare, se ci si riconosce come discepoli di Gesù.

E non solo si tratta di un comando, di una cosa inevitabile e necessaria: è una cosa “distintiva”, è ciò che ci contrassegna come tali, che ci identifica come cristiani. E pure questa è una cosa rivoluzionaria: l'amore come segno distintivo della nostra fede in Gesù Cristo. “Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri”.

Era un'affermazione rivoluzionaria per quel tempo e per quel contesto, quando il segno distintivo dell'appartenenza al popolo d'Israele era la circoncisione, era il tempio, era la sinagoga, erano gli oltre 600 precetti della Legge di Mosè, da alcuni osservati in maniera talmente letterale che non dava spazio a interpretazioni, spesso entrando in contrasto con i principi basilari della morale e del rispetto dell'altro. Ma è un'affermazione rivoluzionaria anche per il nostro tempo, dove l'appartenenza identitaria a un gruppo (e spesso anche a una fede) è data da una tessera, da un simbolo, da una bandiera, da una divisa, da un insieme di pratiche e comportamenti che dietro di sé rischiano di avere un vuoto di valori e di punti di riferimento veri per gli appartenenti a quel gruppo, a quella religione, a quella nazione o a quel paese: e allora, si riempie il vuoto e il silenzio con slogan gridati, con comportamenti aggressivi e poco rispettosi della libertà degli altri, con gesti a volte violenti, se non addirittura con il rumore assordante delle armi. Le armi e la violenza possono difendere degli interessi personali o di gruppo, ma non difendono e ancor meno diffondono una cultura dell'amore.

E la più sconvolgente delle novità di cui l'amore annunciato da Gesù è portatore riguarda proprio la cultura dell'amore: i discepoli di Gesù contribuiscono a creare una cultura dell'amore nella misura in cui amano e si amano “come egli ha amato”. Ovvero, come poco prima di queste parole aveva mostrato loro.

Giuda era appena uscito dal cenacolo, immerso nella notte buia del tradimento: ma pure a lui il Maestro aveva avuto l'opportunità di compiere un ultimo gesto d'amore, la lavanda dei piedi, il gesto d'amore per eccellenza, quello basato sull'umile e disponibile servizio a tutti, anche a quelli che di lì a poco lo avrebbero tradito, rinnegato, abbandonato.

L'amore cristiano, allora, non ha la pretesa di dirti chi devi amare, quando lo devi amare, per quanto tempo lo devi amare, dove lo devi amare, con che regole lo devi amare o sotto quale bandiera questo debba avvenire: ci chiede solo di metterci al servizio degli altri, buoni o cattivi, giusti o peccatori, santi o traditori che essi - e noi con loro - possano essere. Al di là dell'identità tua o di gruppo che sbandieri quando partecipi a un corteo o a un comizio. Quelli sono slogan e gesti estemporanei e occasionali che lasciano il tempo che trovano. Se vuoi amare come Gesù ci ha amato, prendi il catino e il grembiule e lavi i piedi ai tuoi fratelli, chiunque essi siano.

Allora, e solo allora, ci riconosceranno come suoi discepoli.

 

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