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TESTO L'amore per la gloria

padre Gian Franco Scarpitta  

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V Domenica di Pasqua (Anno C) (15/05/2022)

Vangelo: Gv 13,31-35 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Gv 13,31-35

31Quando fu uscito, Gesù disse: «Ora il Figlio dell’uomo è stato glorificato, e Dio è stato glorificato in lui. 32Se Dio è stato glorificato in lui, anche Dio lo glorificherà da parte sua e lo glorificherà subito. 33Figlioli, ancora per poco sono con voi; voi mi cercherete ma, come ho detto ai Giudei, ora lo dico anche a voi: dove vado io, voi non potete venire. 34Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri. 35Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri».

Giuda era appena stato smascherato senza troppo stupore da parte di Gesù, che anzi gli aveva intimato: “Ciò che devi fare fallo al più presto”. Fra lo stupore degli altri apostoli era fuggito via dalcenacolo, ma Gesù lasciava intendere ai suoi che la sua malvagità era già prevista nei piani di Dio, affinché in lui Gesù Cristo, fosse glorificato Dio Padre e lo stesso Cristo partecipasse della gloria, coinvolgendo in essa tutti quanti noi. La gloria di Dio però, pur essendo un attributo di magnificenza e di grandezza, si rende manifesta nell'amore. Più di una volta la “gloria del Signore”(kabot) rifulge nella Bibbia quando Dio si mostra nel suo grande splendore e nella sua ineffabilità (Es 24, 16; Es 34), ma essa si è maggiormente manifestata nelle grandi opere di Dio a vantaggio dell'uomo, nei suoi interventi salvifici, nella sua forza prorompente con cui risolleva le sorti dei giusti. Dio rende manifesta la sua gloria amando l'uomo. Quale massima espressione dell'amore più di quella che si concretizza nel suo Figlio Gesù Cristo che sulla croce paga liberamente il prezzo del nostro riscatto? Nel supplizio estremo Gesù rivela l'amore estremo che lo accomuna con il Padre, ma soprattutto l'amore che salva e redime, che ci chiama tutti alla partecipazione di questa realtà di comunione fra il Padre e il Figlio nello Spirito. Solo l'amore può lasciare che Giuda persista nel suo intento, solo l'amore può fare in modo che Gesù lasci correre e sempre lo spasimo per l'umanità può consentirgli di percorrere ogni singola tappa di questo itinerario orrendo senza opporvi resistenza. Si tratta dell'amore con cui Dio salva l'uomo anziché abbandonarlo a se stesso, ricomponendo l'armonia e l'unità che questi aveva infanto. Lo stesso amore che di conseguenza deve diventare il contrassegno del cristiano, che deve caratterizzare tutta la nostra vita, essendo esso il comandamento più grande, anzi il compendio di tutti i Comandamenti e di tutte le leggi divine.Così Gesù, accomiatandosi dai suoi, dona loro il Comandamento che Giovanni definirà sempre nuovo eppure antico (1Gv 2, 3 - 10). Esso è infatti all'origine di ogni successo umano di qualsiasi epoca e dimensione sociale: anche se non si dovesse disporre di altre qualità e di altre risorse, l'uomo può riuscire anche con il solo amore; venendo a mancare questo, nessun'altra prerogativa è in grado di garantire il successo. Sin dai primi tempi quindi la nostra vocazione universale ha sempre avuto come finalità il donarci gli uni agli altri, il mutuo, spontaneo, amore vicendevole. Nonostante si tratti di un concetto arcaico, a detta di Gesù l'amore è anche un comandamento nuovo, perché siamo invitati a riscoprirne con convinzione la valenza e la produttività. La sua “novità” consiste infatti nella nostra buona disposizione, nella nostra umile disposizione ad amare ma soprattutto essa riguarda anche un termine di paragone: “Amatevi gli uni gli altri, come io ho amato voi”. E' Gesù stesso cioè il criterio e fondamento per cui si deve vivere questo amore senza riserve né condizioni: poiché siamo stati amati, non possiamo fare diversamente. Se Gesù ci ha serviti con la sollecitudine e la solerzia del pastore premuroso o del maestro provvido che lava i piedi ai suoi, non possiamo esimervi dal fare dell'amore la nostra caratteristica portante, affinché riscopriamo nel dare il senso reale della nostra vita.“Se vogliamo che tutto resti com'è, occorre che tutto cambi” osservava Tomasi di Lampedusa. Se vogliamo riscoprire la nostra identità e il senso della nostra esistenza, occorre che trasformiamo radicalmente noi stessi nelle abitudini, nei pensieri e nelle congetture, per riconoscere nell'amore il senso stesso del nostro esistere e del nostro vivere. Anche l'intera comunità cristiana non può non rivedere se stessa sotto questa ottica, che è anche alla base di ogni successo missionario. L'amore che ricalca la gloria di Dio fra noi

 

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