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TESTO Un respiro nuovo

don Maurizio Prandi

V Domenica di Pasqua (Anno C) (15/05/2022)

Vangelo: Gv 13,31-35 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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31Quando fu uscito, Gesù disse: «Ora il Figlio dell’uomo è stato glorificato, e Dio è stato glorificato in lui. 32Se Dio è stato glorificato in lui, anche Dio lo glorificherà da parte sua e lo glorificherà subito. 33Figlioli, ancora per poco sono con voi; voi mi cercherete ma, come ho detto ai Giudei, ora lo dico anche a voi: dove vado io, voi non potete venire. 34Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri. 35Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri».

Il contesto di questo brano di vangelo ce lo dicono le prime parole che abbiamo ascoltato e che ci raccontano dell'uscita di Giuda dal cenacolo e durante la condivisione qualcuno insisteva molto sullo stato d'animo di Gesù che Giovanni, nei versetti precedenti descrive come molto turbato. Aveva appena lavato i piedi stanchi dei suoi discepoli dicendo a loro e a ognuno di noi che non c'è Eucarestia se la stacchiamo dal servizio, che anche servire il fratello è sacramento; aveva appena detto che per lui quella sarebbe stata una notte di tradimento e di consegna e in quello che abbiamo definito come il suo testamento non c'è spazio per parole di lamento o di rancore ma c'è spazio, per parole che raccontano di una presenza d'amore!
Dico presenza perché questa è la parola con la quale ci siamo abituati a tradurre la parola gloria e Gesù tiene insieme queste due parole (gloria e amore). Ora il figlio dell'uomo è stato glorificato, scrive Giovanni, e sull'onda di questa glorificazione anche il Padre lo glorificherà; torno indietro nel tempo allora e ancora una volta mi ripeto quanto ho imparato una mattina in una delle comunità della nostra missione a Cuba, quando Anagloria spiegava così il significato del verbo glorificare: per me vuol dire esaltare il positivo, il bene, le cose belle e buone che uno ha fatto nella sua vita e attraverso le quali resta presente in mezzo a coloro che lo amano. Che bello: glorificare non è “incensare" qualcuno per tirarlo dalla propria parte, ma è compromettersi con l'altro perché sottolineare il positivo, il bene compiuto sono un impegno per conoscere a fondo qualcuno e per tirare fuori qualcosa che per sempre potrà rimanerti di lei o di lui.

Gesù che parla di gloria in un contesto così particolare ci dice che glorificare Dio vuol dire riconoscere la sua presenza in momenti dove istintivamente si scommetterebbe invece sulla sua assenza: il tradimento, la Croce. Parla di una gloria (scrive don Angelo Casati) che ha già ricevuto e di una gloria che riceverà dal Padre suo: ebbene uno si guarda intorno, in quella sala al piano superiore, dove Gesù sembra quasi fare un bilancio della sua vita. Glorificato? Ma da chi? È proprio una idea di gloria diversa, nuova come il comandamento che sta per consegnare ai discepoli. Nella sua vita è stato glorificato ma dai piccoli, dalla povera gente, dagli umili, da pubblicani e peccatori. Perché lui è passato beneficando. E questa era per lui gloria: beneficare, fare del bene. Come c'è scritto nel vangelo Gesù passò, facendo del bene e tutto questo Gesù lo lascia come testamento alla sua chiesa; poco importa che ci sia chi se ne accorge scrive don Angelo, ti basti la luce che si è accesa negli occhi di qualcuno.

Bello che ciò che in quaresima il nostro Vescovo ha proposto nei giorni di esercizi spirituali, in un certo senso ritorni qui: quella differenza religione-fede si può specchiare in modi diversi di intendere la gloria perché la religione la porta ad essere usata per il proprio tornaconto, per sopraffare l'altro per dominarlo, per escluderlo, non per amarlo.
La gloria che è questa presenza, questa manifestazione di Dio là dove non te lo aspetti:
- in una comunità incompleta e incompiuta, che, come ascoltavamo due domeniche fa, non prende in considerazione il mandato di Gesù ma torna a fare quello che ha sempre fatto
- in mani ferite, bucate che ti accolgono e ti ospitano senza permettere che nessuno ti strappi da lì
- in un Dio che sarà con i suoi ancora per poco tempo
- in un comandamento nuovo che chiede di amare e non di essere amati.
A conclusione di questo primo passaggio condivido il percorso che porterà la comunità dei Discepoli che Amano a ricevere il comandamento dell'amore: Riflettendo sul Vangelo di domenica, che è proprio la consegna del comandamento dell'amore, ci è sembrato di capire come tale “consegna” sia un affidamento della presenza di Dio agli uomini, nel senso che Gesù affida la glorificazione di Dio agli uomini, glorificazione intesa come rendere presente, concretizzare Dio. Significativo che Dio in Gesù dica ai discepoli (e a noi) che si fida e ci affida la sua presenza. La domanda che ci ha guidato è questa:
Abbiamo mai fatto esperienza di Dio “concretizzato”, “manifestato”? Vissuto la sensazione di “sentire” la presenza di Dio?

E poi Gesù parla di un comandamento nuovo. Recuperiamo però quando veniva sottolineato nel nostro percorso sulle parole difficili proprio sulla parola comandamento, perché Giovanni non usa la parola nomos che vuol dire “legge” ma entolè, che come ci veniva detto ha questo sfaccettatura che riguarda l'interiorità e che possiamo tradurre con respiro. Vi do un respiro nuovo, vi dono un respiro nuovo, perché l'amore non si dà, non cade dall'alto, ma si dona ed è una parola bellissima perché, leggevo in un commentario, porta con sé i significati ulteriori di progetto, incarico e missione! Ecco allora che il cammino dei nostri adolescenti (questa volta la comunità dei discepoli che credono) ci viene incontro sotto forma di domanda alla quale potremo cercare di dare una risposta nella settimana che oggi si apre: Quali atti d'amore ricevo/vivo e quanti restituisco? Di più: Pensando alle parole "come io vi ho amato" quali sono le caratteristiche dell'amore di Gesù? Sono domande importanti perché disegnano il volto del Dio in cui crediamo! Voi mi cercherete dice Gesù, ma ad una presenza nuova deve corrispondere anche un modo nuovo di cercare e trovare Gesù che non può prescindere proprio da quella domanda sul ricevere e restituire amore, non si può prescindere dall'amore fraterno!

Infine (e concludo), per dire il comandamento, che abbiamo tradotto con respiro, Giovanni, nel suo vangelo, nelle Lettere e nell'Apocalisse usa molto spesso il termine parola e insieme alla Comunità dei discepoli che ascoltano e che a fine mese riceveranno in consegna il Vangelo abbiamo cominciato la ricerca di quelle parole che nel Vangelo Gesù usa per raccontare Dio e il suo volto, quelle parole che ci raccontano il come Dio ama, perché come diceva Rosanna durante la condivisione l'altra sera quello di cui parla Gesù non è un amore generico - ammesso che possa esistere un amore generico -, ma è il suo amore che chiede sempre di affacciarci agli altri in un intreccio di parole che diventano gesti, sentimenti, diventano concretezza, una parola non da biascicare, ma da fare!

 

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