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TESTO Il Venerdì dell'amore folle

padre Gian Franco Scarpitta  

Venerdì Santo (Passione del Signore) (15/04/2022)

Vangelo: Gv 18,1-19,42 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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1Dopo aver detto queste cose, Gesù uscì con i suoi discepoli al di là del torrente Cedron, dove c’era un giardino, nel quale entrò con i suoi discepoli. 2Anche Giuda, il traditore, conosceva quel luogo, perché Gesù spesso si era trovato là con i suoi discepoli. 3Giuda dunque vi andò, dopo aver preso un gruppo di soldati e alcune guardie fornite dai capi dei sacerdoti e dai farisei, con lanterne, fiaccole e armi. 4Gesù allora, sapendo tutto quello che doveva accadergli, si fece innanzi e disse loro: «Chi cercate?». 5Gli risposero: «Gesù, il Nazareno». Disse loro Gesù: «Sono io!». Vi era con loro anche Giuda, il traditore. 6Appena disse loro «Sono io», indietreggiarono e caddero a terra. 7Domandò loro di nuovo: «Chi cercate?». Risposero: «Gesù, il Nazareno». 8Gesù replicò: «Vi ho detto: sono io. Se dunque cercate me, lasciate che questi se ne vadano», 9perché si compisse la parola che egli aveva detto: «Non ho perduto nessuno di quelli che mi hai dato». 10Allora Simon Pietro, che aveva una spada, la trasse fuori, colpì il servo del sommo sacerdote e gli tagliò l’orecchio destro. Quel servo si chiamava Malco. 11Gesù allora disse a Pietro: «Rimetti la spada nel fodero: il calice che il Padre mi ha dato, non dovrò berlo?».

12Allora i soldati, con il comandante e le guardie dei Giudei, catturarono Gesù, lo legarono 13e lo condussero prima da Anna: egli infatti era suocero di Caifa, che era sommo sacerdote quell’anno. 14Caifa era quello che aveva consigliato ai Giudei: «È conveniente che un solo uomo muoia per il popolo».

15Intanto Simon Pietro seguiva Gesù insieme a un altro discepolo. Questo discepolo era conosciuto dal sommo sacerdote ed entrò con Gesù nel cortile del sommo sacerdote. 16Pietro invece si fermò fuori, vicino alla porta. Allora quell’altro discepolo, noto al sommo sacerdote, tornò fuori, parlò alla portinaia e fece entrare Pietro. 17E la giovane portinaia disse a Pietro: «Non sei anche tu uno dei discepoli di quest’uomo?». Egli rispose: «Non lo sono». 18Intanto i servi e le guardie avevano acceso un fuoco, perché faceva freddo, e si scaldavano; anche Pietro stava con loro e si scaldava.

19Il sommo sacerdote, dunque, interrogò Gesù riguardo ai suoi discepoli e al suo insegnamento. 20Gesù gli rispose: «Io ho parlato al mondo apertamente; ho sempre insegnato nella sinagoga e nel tempio, dove tutti i Giudei si riuniscono, e non ho mai detto nulla di nascosto. 21Perché interroghi me? Interroga quelli che hanno udito ciò che ho detto loro; ecco, essi sanno che cosa ho detto». 22Appena detto questo, una delle guardie presenti diede uno schiaffo a Gesù, dicendo: «Così rispondi al sommo sacerdote?». 23Gli rispose Gesù: «Se ho parlato male, dimostrami dov’è il male. Ma se ho parlato bene, perché mi percuoti?». 24Allora Anna lo mandò, con le mani legate, a Caifa, il sommo sacerdote.

25Intanto Simon Pietro stava lì a scaldarsi. Gli dissero: «Non sei anche tu uno dei suoi discepoli?». Egli lo negò e disse: «Non lo sono». 26Ma uno dei servi del sommo sacerdote, parente di quello a cui Pietro aveva tagliato l’orecchio, disse: «Non ti ho forse visto con lui nel giardino?». 27Pietro negò di nuovo, e subito un gallo cantò.

28Condussero poi Gesù dalla casa di Caifa nel pretorio. Era l’alba ed essi non vollero entrare nel pretorio, per non contaminarsi e poter mangiare la Pasqua. 29Pilato dunque uscì verso di loro e domandò: «Che accusa portate contro quest’uomo?». 30Gli risposero: «Se costui non fosse un malfattore, non te l’avremmo consegnato». 31Allora Pilato disse loro: «Prendetelo voi e giudicatelo secondo la vostra Legge!». Gli risposero i Giudei: «A noi non è consentito mettere a morte nessuno». 32Così si compivano le parole che Gesù aveva detto, indicando di quale morte doveva morire.

33Pilato allora rientrò nel pretorio, fece chiamare Gesù e gli disse: «Sei tu il re dei Giudei?». 34Gesù rispose: «Dici questo da te, oppure altri ti hanno parlato di me?». 35Pilato disse: «Sono forse io Giudeo? La tua gente e i capi dei sacerdoti ti hanno consegnato a me. Che cosa hai fatto?». 36Rispose Gesù: «Il mio regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai Giudei; ma il mio regno non è di quaggiù». 37Allora Pilato gli disse: «Dunque tu sei re?». Rispose Gesù: «Tu lo dici: io sono re. Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per dare testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce». 38Gli dice Pilato: «Che cos’è la verità?».

E, detto questo, uscì di nuovo verso i Giudei e disse loro: «Io non trovo in lui colpa alcuna. 39Vi è tra voi l’usanza che, in occasione della Pasqua, io rimetta uno in libertà per voi: volete dunque che io rimetta in libertà per voi il re dei Giudei?». 40Allora essi gridarono di nuovo: «Non costui, ma Barabba!». Barabba era un brigante.

1Allora Pilato fece prendere Gesù e lo fece flagellare. 2E i soldati, intrecciata una corona di spine, gliela posero sul capo e gli misero addosso un mantello di porpora. 3Poi gli si avvicinavano e dicevano: «Salve, re dei Giudei!». E gli davano schiaffi.

4Pilato uscì fuori di nuovo e disse loro: «Ecco, io ve lo conduco fuori, perché sappiate che non trovo in lui colpa alcuna». 5Allora Gesù uscì, portando la corona di spine e il mantello di porpora. E Pilato disse loro: «Ecco l’uomo!».

6Come lo videro, i capi dei sacerdoti e le guardie gridarono: «Crocifiggilo! Crocifiggilo!». Disse loro Pilato: «Prendetelo voi e crocifiggetelo; io in lui non trovo colpa». 7Gli risposero i Giudei: «Noi abbiamo una Legge e secondo la Legge deve morire, perché si è fatto Figlio di Dio».

8All’udire queste parole, Pilato ebbe ancor più paura. 9Entrò di nuovo nel pretorio e disse a Gesù: «Di dove sei tu?». Ma Gesù non gli diede risposta. 10Gli disse allora Pilato: «Non mi parli? Non sai che ho il potere di metterti in libertà e il potere di metterti in croce?». 11Gli rispose Gesù: «Tu non avresti alcun potere su di me, se ciò non ti fosse stato dato dall’alto. Per questo chi mi ha consegnato a te ha un peccato più grande».

12Da quel momento Pilato cercava di metterlo in libertà. Ma i Giudei gridarono: «Se liberi costui, non sei amico di Cesare! Chiunque si fa re si mette contro Cesare». 13Udite queste parole, Pilato fece condurre fuori Gesù e sedette in tribunale, nel luogo chiamato Litòstroto, in ebraico Gabbatà. 14Era la Parasceve della Pasqua, verso mezzogiorno. Pilato disse ai Giudei: «Ecco il vostro re!». 15Ma quelli gridarono: «Via! Via! Crocifiggilo!». Disse loro Pilato: «Metterò in croce il vostro re?». Risposero i capi dei sacerdoti: «Non abbiamo altro re che Cesare». 16Allora lo consegnò loro perché fosse crocifisso.

Essi presero Gesù 17ed egli, portando la croce, si avviò verso il luogo detto del Cranio, in ebraico Gòlgota, 18dove lo crocifissero e con lui altri due, uno da una parte e uno dall’altra, e Gesù in mezzo. 19Pilato compose anche l’iscrizione e la fece porre sulla croce; vi era scritto: «Gesù il Nazareno, il re dei Giudei». 20Molti Giudei lessero questa iscrizione, perché il luogo dove Gesù fu crocifisso era vicino alla città; era scritta in ebraico, in latino e in greco. 21I capi dei sacerdoti dei Giudei dissero allora a Pilato: «Non scrivere: “Il re dei Giudei”, ma: “Costui ha detto: Io sono il re dei Giudei”». 22Rispose Pilato: «Quel che ho scritto, ho scritto».

23I soldati poi, quando ebbero crocifisso Gesù, presero le sue vesti, ne fecero quattro parti – una per ciascun soldato – e la tunica. Ma quella tunica era senza cuciture, tessuta tutta d’un pezzo da cima a fondo. 24Perciò dissero tra loro: «Non stracciamola, ma tiriamo a sorte a chi tocca». Così si compiva la Scrittura, che dice:

Si sono divisi tra loro le mie vesti

e sulla mia tunica hanno gettato la sorte.

E i soldati fecero così.

25Stavano presso la croce di Gesù sua madre, la sorella di sua madre, Maria madre di Clèopa e Maria di Màgdala. 26Gesù allora, vedendo la madre e accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: «Donna, ecco tuo figlio!». 27Poi disse al discepolo: «Ecco tua madre!». E da quell’ora il discepolo l’accolse con sé.

28Dopo questo, Gesù, sapendo che ormai tutto era compiuto, affinché si compisse la Scrittura, disse: «Ho sete». 29Vi era lì un vaso pieno di aceto; posero perciò una spugna, imbevuta di aceto, in cima a una canna e gliela accostarono alla bocca. 30Dopo aver preso l’aceto, Gesù disse: «È compiuto!». E, chinato il capo, consegnò lo spirito.

31Era il giorno della Parasceve e i Giudei, perché i corpi non rimanessero sulla croce durante il sabato – era infatti un giorno solenne quel sabato –, chiesero a Pilato che fossero spezzate loro le gambe e fossero portati via. 32Vennero dunque i soldati e spezzarono le gambe all’uno e all’altro che erano stati crocifissi insieme con lui. 33Venuti però da Gesù, vedendo che era già morto, non gli spezzarono le gambe, 34ma uno dei soldati con una lancia gli colpì il fianco, e subito ne uscì sangue e acqua. 35Chi ha visto ne dà testimonianza e la sua testimonianza è vera; egli sa che dice il vero, perché anche voi crediate. 36Questo infatti avvenne perché si compisse la Scrittura: Non gli sarà spezzato alcun osso. 37E un altro passo della Scrittura dice ancora: Volgeranno lo sguardo a colui che hanno trafitto.

38Dopo questi fatti Giuseppe di Arimatea, che era discepolo di Gesù, ma di nascosto, per timore dei Giudei, chiese a Pilato di prendere il corpo di Gesù. Pilato lo concesse. Allora egli andò e prese il corpo di Gesù. 39Vi andò anche Nicodèmo – quello che in precedenza era andato da lui di notte – e portò circa trenta chili di una mistura di mirra e di àloe. 40Essi presero allora il corpo di Gesù e lo avvolsero con teli, insieme ad aromi, come usano fare i Giudei per preparare la sepoltura. 41Ora, nel luogo dove era stato crocifisso, vi era un giardino e nel giardino un sepolcro nuovo, nel quale nessuno era stato ancora posto. 42Là dunque, poiché era il giorno della Parasceve dei Giudei e dato che il sepolcro era vicino, posero Gesù.

Ieri è stato il Giovedi dell'amore. Lo si evinceva nell'atto umile e disinteressato con cui Gesù si chinava a lavare i piedi dei suoi discepoli, spiegando che amare intensamente vuol dire sacrificarsi fino al paradosso, non soltanto nelle opere grandiose e straordinarie, ma soprattutto nelle comuni circostanze della vita.

Oggi è invece il Venerdi dell'amore e della pazzia. L'amore che già si rendeva palese in un umilissimo gesto casalingo, adesso si esplicita maggiormente nell'inverosimile, nell'assurdo, in ciò che noi normalmente concepiamo irrazionale e inconcepibile.

Che Dio potesse incarnarsi e assumere sembianza umana, era già impensabile per il mondo giudaico al quale Gesù apparteneva; che poi potesse restare inerte e impassibile alle sofferenze, alle percosse e ai chiodi di una croce, era ancora più insostenibile. Nella mentalità corrente ebraica, come anche per la nostra comune accezione odierna, Dio per essere tale doveva imporsi, esplicitare tutta la sua onnipotenza contro i propri nemici, sottometterli imperativo e indomito e farsi valere contro i suoi avversari. In più, non era concepibile che un Dio, fonte di ogni benedizione, potesse morire appeso a un patibolo ligneo, perché in tal caso era destinato a essere “maledetto”. Era scritto infatti “Maledetto chi pende dal legno” (Gal 3, 14).

Certo Gesù, vero Dio e vero uomo, avrebbe potuto reagire con la forza e con la sopraffazione di coloro che lo stavano oltraggiando, avrebbe potuto mostrare la sua divinità nella preponderanza e nell'affermazione di sé e non gli sarebbe costato nulla evitare la cattura, il processo e la morte ignominiosa sulla croce. E invece preferisce sottostare e assecondare la volontà umana di atrocità e di vendetta, subisce ogni sorta di vessazione, di ingiustizia e di umiliazione e non oppone resistenza quando lo costringono a recare il legno del supplizio sulle proprie spalle, per esservi appeso e morire fra gli insulti e le esecrazioni. Assurdo per il comune pensare del suo tempo e di tutti i tempi. Ma proprio questa è la scelta del Verbo Incarnato Gesù Cristo, quella della “follia”, che è antitetica alla saggezza umana: in Gesù Cristo “Dio ha scelto ciò che nel mondo è stolto per confondere i sapienti, Dio ha scelto ciò che nel mondo è debole per confondere i forti. Dio ha scelto ciò che nel mondo è ignobile e disprezzato e ciò che è nulla per ridurre al nulla le cose che sono (1Cor 1, 27 - 28); Gesù stesso lo aveva dimostrato nella sua predilezione per i poveri, per i deboli e per i peccatori, delineando quali fossero le preferenze sociali di Dio. Lo aveva palesato nella sua disponibilità a guarire i lebbrosi, gli storpi e i non vedenti, superando ogni sorta di pregiudizio che erano costretti a subire; così pure Gesù aveva capovolto la logica umana nella sua vicinanza disinteressata ai peccatori e alle prostitute.

Adesso lo dimostra nell'ulteriore “pazzia della croce” dove ciò che è assurdo diventa ordinario e ciò che è inverosimile è possibile a farsi e la nostra logica corrente è del tutto capovolta. Cristo crocifisso è infatti “scandalo per i Giudei, stoltezza per i pagani, ma per chi crede è potenza, sapienza di Dio”(1 Cor 23 - 24).

La croce di Gesù non asseconda le pretese razionalistiche di coloro che cercano Dio nella filosofia e nella scienza sperimentale o in altra risorsa del sapere umano; e neppure vogliono soddisfare le attese di coloro che sono disposti a credere in conseguenza di un miracolo o di un intervento soprannaturale prodigioso. Al contrario, essa è una prerogativa umanamente assurda e inconcepibile, che Dio ha scelto come luogo della sua vera potenza. Non ha preferito la croce nonostante la possibilità di riprodurre se stesso nei miracoli o nei ritrovati della razionalità; Dio ha scelto la croce appunto perché vi sono troppe pretese di scienza e di razionalità. Un Dio al quale dunque si accede con l'apertura del cuore e con l'adesione libera e accogliente che è la fede.

Quale giustificazione può avere questa scelta divina se non nell'amore autentico, cioè istoriato di umiltà e di sacrificio nel dono totale di sé? E' appunto per amore dell'uomo che necessita di essere riscattato dai suoi peccati e liberato dalla sua inconsapevole schiavitù che Gesù opta per ciò che noi riteniamo pazzo e inconcepibile. E' per la salvezza dell'uomo che Gesù paga il prezzo di tutti con il suo sangue, addossando su di sé tutte le pene che noi avremmo meritato per i nostri peccati. E' per la croce di Cristo che siamo stati recuperati alla dignità di figli di Dio e possiamo ora sperare nella vita eterna al termine del nostro itinerario terreno e già adesso nei percorsi della vita presente. L'amore vero e disinteressato è sempre quello sacrificato del dono di se stessi; che poi comporti delle scelte umanamente assurde ne prova definitivamente l'autenticità. Non c'è quindi amore più autentico e indubbio da parte di Dio che quello di morire per noi appeso a una croce. Goethe scriveva che la pazzia non è altro che la ragione sotto diversa forma; diciamo che essa è la ragionevolezza dell'amore.

Ci sono oggigiorno genitori che, per evitare il carcere ai loro figli colpevoli di omicidio, autoaccusandosi affrontano essi stessi il processo e la condanna; altri che si ritrovano a dormire per strada pur di assicurare un tetto sicuro ai propri figli. In casi come questi c'è un riverbero dell'amore spassionato della croce di Cristo, ma difficilmente si trova chi sarebbe disposto a tanto eroismo a favore dei nemici e degli avversari. Eppure il sangue redentivo della croce raggiunge anche coloro che “non sanno quello che fanno”, ossia i peccatori recidivi e ostinati, i lontani, i reietti. I nemici. Tanta e tale è “l'assurdità” del patibolo di Cristo.

Se Dio avesse individuato un rimedio più comodo ed efficace per salvarci lo avrebbe messo in atto e nella sua onnipotenza avrebbe potuto anche far sorgere un espediente più semplice per noi e per sé. Se tuttavia ha deliberato per l'estremo supplizio patibolare, ciò è stato perché nulla di ciò che è umano ha voluto essergli estraneo, neppure la possibilità di amare con l'umiliazione estrema.

 

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