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TESTO Con Gesù il nostro annientamento

padre Gian Franco Scarpitta   S. Vito Equense

Domenica delle Palme (Anno C) (10/04/2022)

Vangelo: Lc 22,14-23,56 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 22,14-23,56

14Quando venne l’ora, prese posto a tavola e gli apostoli con lui, 15e disse loro: «Ho tanto desiderato mangiare questa Pasqua con voi, prima della mia passione, 16perché io vi dico: non la mangerò più, finché essa non si compia nel regno di Dio». 17E, ricevuto un calice, rese grazie e disse: «Prendetelo e fatelo passare tra voi, 18perché io vi dico: da questo momento non berrò più del frutto della vite, finché non verrà il regno di Dio». 19Poi prese il pane, rese grazie, lo spezzò e lo diede loro dicendo: «Questo è il mio corpo, che è dato per voi; fate questo in memoria di me». 20E, dopo aver cenato, fece lo stesso con il calice dicendo: «Questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue, che è versato per voi».

21«Ma ecco, la mano di colui che mi tradisce è con me, sulla tavola. 22Il Figlio dell’uomo se ne va, secondo quanto è stabilito, ma guai a quell’uomo dal quale egli viene tradito!». 23Allora essi cominciarono a domandarsi l’un l’altro chi di loro avrebbe fatto questo.

24E nacque tra loro anche una discussione: chi di loro fosse da considerare più grande. 25Egli disse: «I re delle nazioni le governano, e coloro che hanno potere su di esse sono chiamati benefattori. 26Voi però non fate così; ma chi tra voi è più grande diventi come il più giovane, e chi governa come colui che serve. 27Infatti chi è più grande, chi sta a tavola o chi serve? Non è forse colui che sta a tavola? Eppure io sto in mezzo a voi come colui che serve.

28Voi siete quelli che avete perseverato con me nelle mie prove 29e io preparo per voi un regno, come il Padre mio l’ha preparato per me, 30perché mangiate e beviate alla mia mensa nel mio regno. E siederete in trono a giudicare le dodici tribù d’Israele.

31Simone, Simone, ecco: Satana vi ha cercati per vagliarvi come il grano; 32ma io ho pregato per te, perché la tua fede non venga meno. E tu, una volta convertito, conferma i tuoi fratelli». 33E Pietro gli disse: «Signore, con te sono pronto ad andare anche in prigione e alla morte». 34Gli rispose: «Pietro, io ti dico: oggi il gallo non canterà prima che tu, per tre volte, abbia negato di conoscermi».

35Poi disse loro: «Quando vi ho mandato senza borsa, né sacca, né sandali, vi è forse mancato qualcosa?». Risposero: «Nulla». 36Ed egli soggiunse: «Ma ora, chi ha una borsa la prenda, e così chi ha una sacca; chi non ha spada, venda il mantello e ne compri una. 37Perché io vi dico: deve compiersi in me questa parola della Scrittura: E fu annoverato tra gli empi. Infatti tutto quello che mi riguarda volge al suo compimento». 38Ed essi dissero: «Signore, ecco qui due spade». Ma egli disse: «Basta!».

39Uscì e andò, come al solito, al monte degli Ulivi; anche i discepoli lo seguirono. 40Giunto sul luogo, disse loro: «Pregate, per non entrare in tentazione». 41Poi si allontanò da loro circa un tiro di sasso, cadde in ginocchio e pregava dicendo: 42«Padre, se vuoi, allontana da me questo calice! Tuttavia non sia fatta la mia, ma la tua volontà». 43Gli apparve allora un angelo dal cielo per confortarlo. 44Entrato nella lotta, pregava più intensamente, e il suo sudore diventò come gocce di sangue che cadono a terra. 45Poi, rialzatosi dalla preghiera, andò dai discepoli e li trovò che dormivano per la tristezza. 46E disse loro: «Perché dormite? Alzatevi e pregate, per non entrare in tentazione».

47Mentre ancora egli parlava, ecco giungere una folla; colui che si chiamava Giuda, uno dei Dodici, li precedeva e si avvicinò a Gesù per baciarlo. 48Gesù gli disse: «Giuda, con un bacio tu tradisci il Figlio dell’uomo?». 49Allora quelli che erano con lui, vedendo ciò che stava per accadere, dissero: «Signore, dobbiamo colpire con la spada?». 50E uno di loro colpì il servo del sommo sacerdote e gli staccò l’orecchio destro. 51Ma Gesù intervenne dicendo: «Lasciate! Basta così!». E, toccandogli l’orecchio, lo guarì.

52Poi Gesù disse a coloro che erano venuti contro di lui, capi dei sacerdoti, capi delle guardie del tempio e anziani: «Come se fossi un ladro siete venuti con spade e bastoni. 53Ogni giorno ero con voi nel tempio e non avete mai messo le mani su di me; ma questa è l’ora vostra e il potere delle tenebre».

54Dopo averlo catturato, lo condussero via e lo fecero entrare nella casa del sommo sacerdote. Pietro lo seguiva da lontano. 55Avevano acceso un fuoco in mezzo al cortile e si erano seduti attorno; anche Pietro sedette in mezzo a loro. 56Una giovane serva lo vide seduto vicino al fuoco e, guardandolo attentamente, disse: «Anche questi era con lui». 57Ma egli negò dicendo: «O donna, non lo conosco!». 58Poco dopo un altro lo vide e disse: «Anche tu sei uno di loro!». Ma Pietro rispose: «O uomo, non lo sono!». 59Passata circa un’ora, un altro insisteva: «In verità, anche questi era con lui; infatti è Galileo». 60Ma Pietro disse: «O uomo, non so quello che dici». E in quell’istante, mentre ancora parlava, un gallo cantò. 61Allora il Signore si voltò e fissò lo sguardo su Pietro, e Pietro si ricordò della parola che il Signore gli aveva detto: «Prima che il gallo canti, oggi mi rinnegherai tre volte». 62E, uscito fuori, pianse amaramente.

63E intanto gli uomini che avevano in custodia Gesù lo deridevano e lo picchiavano, 64gli bendavano gli occhi e gli dicevano: «Fa’ il profeta! Chi è che ti ha colpito?». 65E molte altre cose dicevano contro di lui, insultandolo.

66Appena fu giorno, si riunì il consiglio degli anziani del popolo, con i capi dei sacerdoti e gli scribi; lo condussero davanti al loro sinedrio 67e gli dissero: «Se tu sei il Cristo, dillo a noi». Rispose loro: «Anche se ve lo dico, non mi crederete; 68se vi interrogo, non mi risponderete. 69Ma d’ora in poi il Figlio dell’uomo siederà alla destra della potenza di Dio». 70Allora tutti dissero: «Tu dunque sei il Figlio di Dio?». Ed egli rispose loro: «Voi stessi dite che io lo sono». 71E quelli dissero: «Che bisogno abbiamo ancora di testimonianza? L’abbiamo udito noi stessi dalla sua bocca».

1Tutta l’assemblea si alzò; lo condussero da Pilato 2e cominciarono ad accusarlo: «Abbiamo trovato costui che metteva in agitazione il nostro popolo, impediva di pagare tributi a Cesare e affermava di essere Cristo re». 3Pilato allora lo interrogò: «Sei tu il re dei Giudei?». Ed egli rispose: «Tu lo dici». 4Pilato disse ai capi dei sacerdoti e alla folla: «Non trovo in quest’uomo alcun motivo di condanna». 5Ma essi insistevano dicendo: «Costui solleva il popolo, insegnando per tutta la Giudea, dopo aver cominciato dalla Galilea, fino a qui».

6Udito ciò, Pilato domandò se quell’uomo era Galileo 7e, saputo che stava sotto l’autorità di Erode, lo rinviò a Erode, che in quei giorni si trovava anch’egli a Gerusalemme.

8Vedendo Gesù, Erode si rallegrò molto. Da molto tempo infatti desiderava vederlo, per averne sentito parlare, e sperava di vedere qualche miracolo fatto da lui. 9Lo interrogò, facendogli molte domande, ma egli non gli rispose nulla. 10Erano presenti anche i capi dei sacerdoti e gli scribi, e insistevano nell’accusarlo. 11Allora anche Erode, con i suoi soldati, lo insultò, si fece beffe di lui, gli mise addosso una splendida veste e lo rimandò a Pilato. 12In quel giorno Erode e Pilato diventarono amici tra loro; prima infatti tra loro vi era stata inimicizia.

13Pilato, riuniti i capi dei sacerdoti, le autorità e il popolo, 14disse loro: «Mi avete portato quest’uomo come agitatore del popolo. Ecco, io l’ho esaminato davanti a voi, ma non ho trovato in quest’uomo nessuna delle colpe di cui lo accusate; 15e neanche Erode: infatti ce l’ha rimandato. Ecco, egli non ha fatto nulla che meriti la morte. 16Perciò, dopo averlo punito, lo rimetterò in libertà». 17[..]

18Ma essi si misero a gridare tutti insieme: «Togli di mezzo costui! Rimettici in libertà Barabba!». 19Questi era stato messo in prigione per una rivolta, scoppiata in città, e per omicidio.

20Pilato parlò loro di nuovo, perché voleva rimettere in libertà Gesù. 21Ma essi urlavano: «Crocifiggilo! Crocifiggilo!». 22Ed egli, per la terza volta, disse loro: «Ma che male ha fatto costui? Non ho trovato in lui nulla che meriti la morte. Dunque, lo punirò e lo rimetterò in libertà». 23Essi però insistevano a gran voce, chiedendo che venisse crocifisso, e le loro grida crescevano. 24Pilato allora decise che la loro richiesta venisse eseguita. 25Rimise in libertà colui che era stato messo in prigione per rivolta e omicidio, e che essi richiedevano, e consegnò Gesù al loro volere.

26Mentre lo conducevano via, fermarono un certo Simone di Cirene, che tornava dai campi, e gli misero addosso la croce, da portare dietro a Gesù.

27Lo seguiva una grande moltitudine di popolo e di donne, che si battevano il petto e facevano lamenti su di lui. 28Ma Gesù, voltandosi verso di loro, disse: «Figlie di Gerusalemme, non piangete su di me, ma piangete su voi stesse e sui vostri figli. 29Ecco, verranno giorni nei quali si dirà: “Beate le sterili, i grembi che non hanno generato e i seni che non hanno allattato”. 30Allora cominceranno a dire ai monti: “Cadete su di noi!”, e alle colline: “Copriteci!”. 31Perché, se si tratta così il legno verde, che avverrà del legno secco?». 32Insieme con lui venivano condotti a morte anche altri due, che erano malfattori.

33Quando giunsero sul luogo chiamato Cranio, vi crocifissero lui e i malfattori, uno a destra e l’altro a sinistra. 34Gesù diceva: «Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno». Poi dividendo le sue vesti, le tirarono a sorte.

35Il popolo stava a vedere; i capi invece lo deridevano dicendo: «Ha salvato altri! Salvi se stesso, se è lui il Cristo di Dio, l’eletto». 36Anche i soldati lo deridevano, gli si accostavano per porgergli dell’aceto 37e dicevano: «Se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso». 38Sopra di lui c’era anche una scritta: «Costui è il re dei Giudei».

39Uno dei malfattori appesi alla croce lo insultava: «Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e noi!». 40L’altro invece lo rimproverava dicendo: «Non hai alcun timore di Dio, tu che sei condannato alla stessa pena? 41Noi, giustamente, perché riceviamo quello che abbiamo meritato per le nostre azioni; egli invece non ha fatto nulla di male». 42E disse: «Gesù, ricòrdati di me quando entrerai nel tuo regno». 43Gli rispose: «In verità io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso».

44Era già verso mezzogiorno e si fece buio su tutta la terra fino alle tre del pomeriggio, 45perché il sole si era eclissato. Il velo del tempio si squarciò a metà. 46Gesù, gridando a gran voce, disse: «Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito». Detto questo, spirò.

47Visto ciò che era accaduto, il centurione dava gloria a Dio dicendo: «Veramente quest’uomo era giusto». 48Così pure tutta la folla che era venuta a vedere questo spettacolo, ripensando a quanto era accaduto, se ne tornava battendosi il petto. 49Tutti i suoi conoscenti, e le donne che lo avevano seguito fin dalla Galilea, stavano da lontano a guardare tutto questo.

50Ed ecco, vi era un uomo di nome Giuseppe, membro del sinedrio, buono e giusto. 51Egli non aveva aderito alla decisione e all’operato degli altri. Era di Arimatea, una città della Giudea, e aspettava il regno di Dio. 52Egli si presentò a Pilato e chiese il corpo di Gesù. 53Lo depose dalla croce, lo avvolse con un lenzuolo e lo mise in un sepolcro scavato nella roccia, nel quale nessuno era stato ancora sepolto. 54Era il giorno della Parasceve e già splendevano le luci del sabato. 55Le donne che erano venute con Gesù dalla Galilea seguivano Giuseppe; esse osservarono il sepolcro e come era stato posto il corpo di Gesù, 56poi tornarono indietro e prepararono aromi e oli profumati. Il giorno di sabato osservarono il riposo come era prescritto.

Pietro lo aveva preso in disparte perché, mosso da filantropica premura, non voleva che si avvicinasse a Gerusalemme; Gesù intravedeva nel suo intento un piano diabolico e risoluto aveva deciso di persistere nel suo progetto. Adesso, acclamato dal popolo che gli fa ressa tutt'intorno, incedendo lui per primo dinanzi a tutti, entra nella città capoluogo del Tempio, mentre tutti gli usano riverenza lanciando palme e rametti d'ulivo e distendendo i loro mantelli. Viene osannato dalla turba di popolo che lo riconosce Messia e Re e gli riserva un'accoglienza degna dei grandi mentre lui, come previsto dal profeta Zaccaria, entra in città sul dorso di un puledro figlio d'asina (Zac 9, 9). La fama dei miracoli e delle guarigioni, come pure delle franche parole divine proferite in Galilea aveva raggiunto la popolazione di Gerusalemme, che lo aveva sempre considerato il Messia e Salvatore prefigurato dai profeti, e adesso come tale lo esalta, affermandone la regalità.

La stressa ovazione Gesù (si spera) riceve anche oggi nelle nostre celebrazioni, particolarmente gremite di gente che ostenta palme e rami d'ulivo verso l'alto. Si acclama alla regalità di Gesù Cristo, da noi riconosciuta, venerata ed esaltata in questo gesto esteriore. A una settimana dalla celebrazione del suo trionfo di gloria nella Pasqua, si inizia l'ascesa verso questo traguardo, con la convinzione però che la gloria sarà preceduta dalla passione, cioè dai patimenti e dalle sofferenze che l'amore comporta.

Infatti la sovranità e la messianicità di Gesù, a Gerusalemme, non si identifica con l'autoesaltazione e con l'affermazione di sé. Gesù non si impone e non prorompe su nessuno. Piuttosto, “pur essendo di natura divina, non considera un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio, ma spogliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce (Fil 2, 6). Una tale deliberazione viene denominata “kenosis”, cioè “svuotamento assoluto di sé che Gesù opera a vantaggio di tutti noi. Nonostante sia Dio nonché Salvatore e Messia universale, Gesù si priva di se stesso per rendersi servo, perché tale è la condizione di noi tutti davanti a Dio: siamo servi inutili e insignificanti. L'uomo come tale davanti a Dio non è che un sottomesso e avendo assunto in tutto la nostra natura umana Gesù ha voluto anch'egli assumere questa condizione. Tuttavia il servizio di Gesù per l'uomo arriva fino allo stremo, al punto da diventare sofferenza, vessazione, sacrificio e umiliazione estrema fino alla morte. Questo perché per Gesù servire equivale ad amare, ma se l'amore esclude il sacrificio non può essere definito tale. Per amore Gesù assumerà la riprovazione e la morte di croce.

Fare ingresso a Gerusalemme in pompa magna comporta quindi non soltanto ricevere omaggi ma predisporsi all'immolazione e alla croce, senza aggirare l'ostacolo ma affrontandolo a viso aperto.

il Re universalmente riconosciuto è anche la vittima di espiazione, il capro espiatorio, l'agnello votato al macello (Cfr. Is 52 - 53). Il Dio della gloria diventerà il simbolo del disprezzo e della vergogna e si farà per noi maledizione. In tutto questo risiede la grandezza di Dio Misericordia: il farsi piccolo pur essendo grande, il rendersi maledizione nonostante sia all'origine di ogni benedizione,, l'apparire criminale e reietto, nonostante la sua comprovata innocenza. Mostrando nella debolezza la sua vera forza. Come dice Giovanni: "In questo sta l'amore: non siamo stati noi ad amare Dio, ma è lui che ha amato noi e ha mandato il suo Figlio come vittima di espiazione per i nostri peccati. Non soltanto per i nostri, ma per quelli del mondo intero.”(1Gv 4,10).

Quale atteggiamento assumere di fronte a questo fenomeno dell'amore oltremisura che Dio ci da' nel suo Figlio Gesù Cristo? Da parte nostra si resta solitamente asettici e impassibili davanti al dono procurato di Gesù; si considera la sola esteriorità del tempo di passione, la sola superficialità, il dato banale. Se davvero ci si immedesimasse nella straordinarietà dell'amore di Gesù nei nostri confronti, non si esiterebbe a seguire l'invito di Paolo “Non fate nulla per rivalità o vanagloria, ma ciascuno di voi, con tutta umiltà, consideri gli altri superiori a se stesso. Ciascuno non cerchi l'interesse proprio, ma quello degli altri. Abbiate in voi gli stessi sentimenti di Gesù Cristo (Fil 2, 1 -5). Se Gesù si è annientato per noi fino allo stremo, non dovemmo cioè esitare a vivere il nostro annientamento nell'esercizio dell'umiltà, la quale è indispensabile perché si raggiungano fede, speranza e carità. Vivere la kenosis (annientamento) vuol dire accrescere la consapevolezza di non essere affatto grandi, di avere dei demeriti mentre gli altri ci superano in qualità, pregi e virtù; comporta ammettere errori e defezioni, e che per essere grandi occorre cominciare a farci piccoli, esili e indifesi (S. Agostino). L'annientamento è necessario perché non elevando oltremodo noi stessi riconosciamo gli altri come noi stessi, vivendo come nostri gli stessi loro diritti e la loro dignità, considerando il valore e la qualità latente del nostro prossimo. E cosi essere pronti all'esercizio della carità umile, attenta e disinteressata. Annientarsi equivale infatti a configurarsi a Gesù per fare esattamente come lui ha fatto.

Alsem Grun afferma che una delle motivazioni per cui la Chiesa ci invita a vivere questo incipiente tempo di passione è l'accettazione della nostra precarietà e della nostra insufficienza: nella contemplazione del dolore di Cristo sulla croce, comprendiamo come l'uomo non può pretendere di essere come Dio, non può autoesaltarsi oltre misura e non spadroneggiare sugli altri e sulla realtà che lo circonda, ma deve semplicemente riconoscere il proprio stato di mortalità e di dipendenza. Che Gesù abbia scelto di soffrire il croce, come Dio e come Uomo, ci sprona a che noi siamo solamente uomini, precari e soggetti a sofferenza e limitatezza.

Anche la stessa sofferenza del resto è un'occasione di associare noi stessi al dolore di Cristo, per favorirci della sua presenza consolante mentre accresciamo l'umiltà, appunto riconoscendo la nostra piccolezza e limitatezza, dalla quale però Dio è in grado di elevarci come egli stesso verrà innalzato in conseguenza della resurrezione.

L'umiltà e l'annientamento sono per noi qualificanti e risolutivi come lo saranno per Gesù e non mancano di apportare i loro vantaggi per noi stessi, avendo in se stessi l'epilogo inevitabile della gloria e dell'innalzamento, che consegue alla passione e alla croce.

 

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