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TESTO La donna e Gesù, la misera e la misericordia

don Roberto Rossi  

V Domenica di Quaresima (Anno C) (03/04/2022)

Vangelo: Gv 8,1-11 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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1Gesù si avviò verso il monte degli Ulivi. 2Ma al mattino si recò di nuovo nel tempio e tutto il popolo andava da lui. Ed egli sedette e si mise a insegnare loro. 3Allora gli scribi e i farisei gli condussero una donna sorpresa in adulterio, la posero in mezzo e 4gli dissero: «Maestro, questa donna è stata sorpresa in flagrante adulterio. 5Ora Mosè, nella Legge, ci ha comandato di lapidare donne come questa. Tu che ne dici?». 6Dicevano questo per metterlo alla prova e per avere motivo di accusarlo. Ma Gesù si chinò e si mise a scrivere col dito per terra. 7Tuttavia, poiché insistevano nell’interrogarlo, si alzò e disse loro: «Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei». 8E, chinatosi di nuovo, scriveva per terra. 9Quelli, udito ciò, se ne andarono uno per uno, cominciando dai più anziani. Lo lasciarono solo, e la donna era là in mezzo. 10Allora Gesù si alzò e le disse: «Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata?». 11Ed ella rispose: «Nessuno, Signore». E Gesù disse: «Neanch’io ti condanno; va’ e d’ora in poi non peccare più».

Nel cammino quaresimale la liturgia oggi ci presenta l'incontro significativo e commovente di Gesù con una donna colta in peccato. S.Agostino dice: “Sono davanti l'una all'altro, la misera e la misericordia, noi miseri e Dio che riversa su di noi tutto il suo amore e la sua misericordia; il Figlio di Dio che è venuto a togliere i nostri peccati, a salvarci, a renderci partecipi della sua vita e della sua capacità di amare. Se guardiamo la realtà attorno a noi, si è diffusa molto l'abitudine a giudicare gli altri; gli altri sbagliano sempre, hanno quel difetto o quell'altro, quel comportamento o quell'altro, nelle grandi cose come nelle piccole azioni, con la presunzione o illusione di avere, noi, sempre ragione, di essere perfetti, di essere migliori, i migliori... Con l'abitudine assodata di criticare, di parlar male, anche con interpretazioni malevole e l'abitudine di diffondere il chiacchiericcio. Qui basterebbe pensare a quanto la parola di Dio ci ha ricordato qualche domenica fa: la pagliuzza e la trave. Con questo modo di giudicare, di condannare, quanto male si fa al prossimo, nella vita sociale, nel lavoro, nelle famiglie, nella politica, nella vita della comunità cristiana che è la Chiesa, in generale, e che è la parrocchia o il proprio gruppo!

Possiamo accogliere allora la parola di Dio e quanto ci insegna il comportamento di Gesù davanti alla donna, colta in peccato. Scribi e farisei conducono questa donna e pongono una domanda chiara, ma puritana e ambigua: “Nella nostra legge, Mosè ci ha comandato di lapidare donne come questa: tu che ne dici?” Ipocriti anche in questo. Non interessava loro tanto il pensiero di Gesù. Cercavano il pretesto chiaro per poterlo condannare, perché essi lo avevano già condannato nella loro mente. Qualunque risposta avesse dato, sarebbe stato accusato. Se diceva: “Occorre lapidarla per seguire la legge di Mosé”, avrebbero rinfacciato: “proprio tu che parli dell'amore di Dio!” Se avesse detto di perdonarla, avrebbero dichiarato: “Tu sei contro Mosé e le sue leggi”. Gesù tace, forse per dare loro il tempo di riflettere; perché trovassero essi stessi una risposta. Quando tornano a insistere, si china e si mette a scrivere per terra poi si alza e dice loro: “Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei”. Rimane in silenzio, continua a scrivere. Almeno in questo, i farisei non possono barare, difatti se ne vanno tutti, uno ad uno, cominciando dal più vecchio fino al più giovane. La scena diventa emozionante. Chissà quali lunghi istanti di attesa, di paura, avrà vissuto quella donna! Cosa dirà Gesù? Come si comporterà?

E Gesù:“Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata?” “Nessuno signore!” E Gesù pronunciò quelle parole uniche di vita e di salvezza: “Neanch'io ti condanno. Va e d'ora in poi non peccare più”. “Io non ti condanno”. Dio non condanna. Dio salva, Dio ama, Dio solleva, Dio dà vita vera su questa terra e vita piena nell'eternità. Questo è Gesù il Figlio di Dio fatto uomo, per noi Salvatore, lui che si è lasciato condannare, lui innocente, per salvare noi peccatori, per salvare ogni uomo e ogni donna nella situazione di fragilità, per salvare l'umanità dai suoi gravi peccati. Qui comprendiamo come ci si mette davanti a Dio, con fede, con fiducia, nella contemplazione e nella commozione del suo amore, della sua misericordia, della sua salvezza unica. Qui comprendiamo come possiamo imparare un vero comportamento con le persone, per togliere da noi il male del giudizio e imparare il rispetto, l'amore, la comprensione, la speranza che possiamo sempre offrire agli altri. Ci chiediamo: Quando vogliamo smettere di condannare? di giudicare? di parlar male? di coinvolgere altre persone nelle critiche, nelle mormorazioni, nei giudizi, che sono sempre una cosa cattiva? Giudicare è sempre sbagliato. “Chi sono io per giudicare?” Erano i farisei... credenti, praticanti, ligi a tutte le leggi e le osservanze... che si sentivano a posto, perfetti, pronti a giudicare, guide cieche, sepolcri imbiancati... Ma non hanno capito niente, né del prossimo, né della parola di Dio, né di Dio. In questo loro perfezionismo hanno finito per giudicare, perseguitare, condannare, uccidere il Figlio di Dio.

Una situazione assurda: credevano di dare gloria Dio e hanno ucciso suo Figlio. Applicando a noi: chi credo di essere io per giudicare sempre gli altri? E dire che uno vede negli altri i difetti che ha in se stesso. Quanto male si fa con il giudizio, con le critiche, soprattutto quando si interpreta male, quando si travisa, quando si è venduti alla propria ideologia culturale, sociale, politica! Anche nella Chiesa, quando si è attaccati alle proprie appartenenze tradizionaliste, devozionali, settarie, che rendono ciechi, che lacerano i rapporti, che rompono la comunione! Quanti giudizi gratuiti e ingiusti verso il Papa, verso qualche fratello o sorella nella fede, a volte verso il proprio sacerdote...! Ho visto distruggere la vita di persone, di famiglie, di ambienti di lavoro, di sacerdoti. È importante allora, con fermezza, con coerenza, con amore, sviluppare verso il prossimo stima, rispetto; essere felici per quello che fanno gli altri e camminare insieme, nella vita nuova dell'amore che Gesù ci ha testimoniato e ci ha insegnato. Dice l'apostolo: “Gareggiate nello stimarvi a vicenda”. Non giudizi, ma amore, non disprezzo ma stima, non egoismo, ma abbracci di fraternità.

 

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