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TESTO Se negli occhi ti canta la luce...

don Angelo Casati  

IV domenica di Quaresima (anno C) (27/03/2022)

Vangelo: Gv 9,1-38b Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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1Passando, vide un uomo cieco dalla nascita 2e i suoi discepoli lo interrogarono: «Rabbì, chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perché sia nato cieco?». 3Rispose Gesù: «Né lui ha peccato né i suoi genitori, ma è perché in lui siano manifestate le opere di Dio. 4Bisogna che noi compiamo le opere di colui che mi ha mandato finché è giorno; poi viene la notte, quando nessuno può agire. 5Finché io sono nel mondo, sono la luce del mondo». 6Detto questo, sputò per terra, fece del fango con la saliva, spalmò il fango sugli occhi del cieco 7e gli disse: «Va’ a lavarti nella piscina di Sìloe» – che significa Inviato. Quegli andò, si lavò e tornò che ci vedeva.

8Allora i vicini e quelli che lo avevano visto prima, perché era un mendicante, dicevano: «Non è lui quello che stava seduto a chiedere l’elemosina?». 9Alcuni dicevano: «È lui»; altri dicevano: «No, ma è uno che gli assomiglia». Ed egli diceva: «Sono io!». 10Allora gli domandarono: «In che modo ti sono stati aperti gli occhi?». 11Egli rispose: «L’uomo che si chiama Gesù ha fatto del fango, mi ha spalmato gli occhi e mi ha detto: “Va’ a Sìloe e làvati!”. Io sono andato, mi sono lavato e ho acquistato la vista». 12Gli dissero: «Dov’è costui?». Rispose: «Non lo so».

13Condussero dai farisei quello che era stato cieco: 14era un sabato, il giorno in cui Gesù aveva fatto del fango e gli aveva aperto gli occhi. 15Anche i farisei dunque gli chiesero di nuovo come aveva acquistato la vista. Ed egli disse loro: «Mi ha messo del fango sugli occhi, mi sono lavato e ci vedo». 16Allora alcuni dei farisei dicevano: «Quest’uomo non viene da Dio, perché non osserva il sabato». Altri invece dicevano: «Come può un peccatore compiere segni di questo genere?». E c’era dissenso tra loro. 17Allora dissero di nuovo al cieco: «Tu, che cosa dici di lui, dal momento che ti ha aperto gli occhi?». Egli rispose: «È un profeta!».

18Ma i Giudei non credettero di lui che fosse stato cieco e che avesse acquistato la vista, finché non chiamarono i genitori di colui che aveva ricuperato la vista. 19E li interrogarono: «È questo il vostro figlio, che voi dite essere nato cieco? Come mai ora ci vede?». 20I genitori di lui risposero: «Sappiamo che questo è nostro figlio e che è nato cieco; 21ma come ora ci veda non lo sappiamo, e chi gli abbia aperto gli occhi, noi non lo sappiamo. Chiedetelo a lui: ha l’età, parlerà lui di sé». 22Questo dissero i suoi genitori, perché avevano paura dei Giudei; infatti i Giudei avevano già stabilito che, se uno lo avesse riconosciuto come il Cristo, venisse espulso dalla sinagoga. 23Per questo i suoi genitori dissero: «Ha l’età: chiedetelo a lui!».

24Allora chiamarono di nuovo l’uomo che era stato cieco e gli dissero: «Da’ gloria a Dio! Noi sappiamo che quest’uomo è un peccatore». 25Quello rispose: «Se sia un peccatore, non lo so. Una cosa io so: ero cieco e ora ci vedo». 26Allora gli dissero: «Che cosa ti ha fatto? Come ti ha aperto gli occhi?». 27Rispose loro: «Ve l’ho già detto e non avete ascoltato; perché volete udirlo di nuovo? Volete forse diventare anche voi suoi discepoli?». 28Lo insultarono e dissero: «Suo discepolo sei tu! Noi siamo discepoli di Mosè! 29Noi sappiamo che a Mosè ha parlato Dio; ma costui non sappiamo di dove sia». 30Rispose loro quell’uomo: «Proprio questo stupisce: che voi non sapete di dove sia, eppure mi ha aperto gli occhi. 31Sappiamo che Dio non ascolta i peccatori, ma che, se uno onora Dio e fa la sua volontà, egli lo ascolta. 32Da che mondo è mondo, non si è mai sentito dire che uno abbia aperto gli occhi a un cieco nato. 33Se costui non venisse da Dio, non avrebbe potuto far nulla». 34Gli replicarono: «Sei nato tutto nei peccati e insegni a noi?». E lo cacciarono fuori.

35Gesù seppe che l’avevano cacciato fuori; quando lo trovò, gli disse: «Tu, credi nel Figlio dell’uomo?». 36Egli rispose: «E chi è, Signore, perché io creda in lui?». 37Gli disse Gesù: «Lo hai visto: è colui che parla con te». 38Ed egli disse: «Credo, Signore!». E si prostrò dinanzi a lui.

Sentite la bellezza di questo inizio: "Passando vide...". Basterebbe - forse esagero - per sostare ore. Io non so se la successione degli episodi in realtà fu così stretta, senza cesure di tempo, come appare nel vangelo: Gesù esce dal tempio per sfuggire alle pietre e "passando vide". Esce dal tempio: una sconnessione. Passando vide: una connessione. Ed è subito legatura di verbi: passare e vedere. Legatura stretta. Si può anche non passare, rimanere al chiuso, barricati nel proprio paese, il paese dell'indifferenza. O invece passare, attraversare strade, situazioni, la vita vera. La vita con le sue strade - le innumerevoli strade - diventa allora il tuo paese.

Passare dunque. Ma anche vedere - "passando vide". Sì, perché si può passare anche ad occhi spenti, in apparenza aperti, aperti ma la testa è chissà dove, è altrove. E' un vedere sconnesso, perché, se non c'è cuore non fai altro che vedere sagome senza nome, senza biografie, senza storie. Leggendo il brano in primo piano s'affacciano a tutti noi, penso, gli occhi del cieco. Ma, approfondendo, ci viene da pensare che il primo piano spetterebbe di diritto ad altri occhi, agli occhi di Gesù: "Passando vide". Nell'in principio ci furono i suoi occhi e il colore di quegli occhi. Lasciatemi dire, il colore della tenerezza. Senza quegli occhi e senza quel colore, nulla sarebbe accaduto. Tutto si sarebbe impantanato nelle discussioni accademiche dei discepoli: "Rabbì, chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perché sia nato cieco?".

Nulla sarebbe accaduto se non un disagio, forse una ribellione, nel cuore del cieco nei confronti di quegli individui - sì, individui, non li vedeva - che si permettevano di fare salotto teologico sulla sua cecità. Questo vedere da lontano, da salotti, capita anche a noi oggi; permane e non fa accadere nulla. Stiamo parlando degli occhi di Gesù: il cieco li avrebbe conosciuti alla fine, ma il colore prima. La tenerezza prima. Prima, quando lo sentì senza esitazione buttare all'aria dispute secolari. E poi quelle parole, le ultime, che per lui, occhi spenti, erano state da brivido, una emozione infinita. Come avesse detto: "Basta chiacchiere, bisogna operare". E alla fine, proprio alla fine, aveva detto - emozione al colmo -: "Io sono la luce del mondo".

Del mondo, il mondo è grande: nel mondo c'era anche lui. Poi - e non poteva preavvertirle - sentì le sue mani; vide la tenerezza dalle sue mani - voi conoscete la tenerezza della mani - mani che plasmavano un po' di fango sugli occhi. Era sicuro che lui l'aveva guardato. Poteva affidarsi alle sue parole. Puoi affidarti alle parole solo se conosci il colore degli occhi, il timbro della voce, la dolcezza delle mani che accarezzano. Puoi fidarti. La "fede fiducia" viene da un prima. Dobbiamo ringraziare il cieco di avercelo ricordato: viene dal colore degli occhi di chi ci parla. Sia che a parlarci sia Dio, o una donna, o un uomo, o un popolo. Non bastano le parole. Se poi sono dissertazioni, l'effetto è implacabilmente l'opposto: chiudiamo. Ne abbiamo la controprova in quella lunga parentesi del racconto, il dibattito con i custodi della tradizione, occhi senza colore, non possono far altro che immaginare l'espulsione: "E lo cacciarono fuori". Occhi senza colore.

E i miei? Che impallidiscono? Sono in sete di luce. E mi dà emozione sentire queste parole "Io sono la luce del mondo", dette a me, oggi impigliate nell'aria:, io che sono compagno del cieco dalla nascita o forse - e sarebbe ancor peggio - compagno di coloro che hanno gli occhi scoloriti. Oggi dall'introito della Messa, silenziosa, sbucava questa preghiera. La sento molto mia. Forse anche qualcuno di voi la sente sua: Signore, da' luce ai miei occhi perché non mi addormenti nella morte; perché l'avversario non dica: "Sono più forte di lui". Tu che hai aperto gli occhi al cieco nato, con la tua luce illumina il mio cuore perché io sappia vedere le tue opere e custodisca tutti i tuoi precetti.

"Perché non mi addormenti nella morte; perché l'avversario non dica: Sono più forte di lui". Ma per sfuggire a quale avversario? A quale morte? E' scritto: "Chi non ama rimane nella morte". Il vero nemico, la vera morte è non amare. "Con la tua luce illumina il mio cuore". Oggi - ve ne siete accorti - finisce che non faccio che parlare di occhi. Voi mi capite, dell'importanza degli occhi, dello sguardo. Forse anche perché giorni fa, in una Eucaristia di un giorno ferale, ho letto dal vangelo di Matteo parole imperdibili di Gesù, che mi si sono come riaccese, leggendo il racconto del cieco dalla nascita. Sentitene la bellezza e la profondità:

"La lampada del corpo è l'occhio; perciò, se il tuo occhio è semplice, tutto il tuo corpo sarà luminoso; ma se il tuo occhio è cattivo, tutto il tuo corpo sarà tenebroso. Se dunque la luce che è in te è tenebra, quanto grande sarà la tenebra!" (Mt 6, 22-23).

"Tutto da lì" sembra dire Gesù "dai tuoi occhi". I tuoi occhi come lampada. Come grembo: sono il grembo da cui sguscia ogni tuo gesto. Se ho occhi meschini non farò altro che gesti senza orizzonti, meschini. Se ho occhi di competizione, non faro altro che gesti i gretti, rancorosi. Se ho occhi spietati, non farò altro che gesti disumani; se ho occhi bui, non farò altro ch gesti volgari, da dimenticare, morti. Ma se l tuoi occhi abbracciano il mondo farai gesti che abbracciano il mondo. Se i tuoi occhi sono un lago di tenerezza, farai gesti di vicinanza che incantano, che rialzano la vita. Se i tuoi occhi sono semplici, sincerità e affidabilità saranno il segreto della vita che ti circonda. Se i tuoi occhi piangono, alla distruzione della terra, farai gesti che trattengono il respiro della terra. E se dentro gli occhi, nel cuore, ti canta la luce, che grande sarà la luce.

Se i tuoi occhi abbracciano, per esili fessure, Dio, qualcuno lo scoprirà. Come in una pozza d'acqua.

 

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