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TESTO Commento su Luca 15,1-3.11-32

fr. Massimo Rossi  

IV Domenica di Quaresima - Laetare (Anno C) (27/03/2022)

Vangelo: Lc 15,1-3.11-32 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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1Si avvicinavano a lui tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. 2I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro». 3Ed egli disse loro questa parabola:

11Disse ancora: «Un uomo aveva due figli. 12Il più giovane dei due disse al padre: “Padre, dammi la parte di patrimonio che mi spetta”. Ed egli divise tra loro le sue sostanze. 13Pochi giorni dopo, il figlio più giovane, raccolte tutte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò il suo patrimonio vivendo in modo dissoluto. 14Quando ebbe speso tutto, sopraggiunse in quel paese una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. 15Allora andò a mettersi al servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei suoi campi a pascolare i porci. 16Avrebbe voluto saziarsi con le carrube di cui si nutrivano i porci; ma nessuno gli dava nulla. 17Allora ritornò in sé e disse: “Quanti salariati di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! 18Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; 19non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi salariati”. 20Si alzò e tornò da suo padre.

Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. 21Il figlio gli disse: “Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio”. 22Ma il padre disse ai servi: “Presto, portate qui il vestito più bello e fateglielo indossare, mettetegli l’anello al dito e i sandali ai piedi. 23Prendete il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, 24perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”. E cominciarono a far festa.

25Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; 26chiamò uno dei servi e gli domandò che cosa fosse tutto questo. 27Quello gli rispose: “Tuo fratello è qui e tuo padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo”. 28Egli si indignò, e non voleva entrare. Suo padre allora uscì a supplicarlo. 29Ma egli rispose a suo padre: “Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai disobbedito a un tuo comando, e tu non mi hai mai dato un capretto per far festa con i miei amici. 30Ma ora che è tornato questo tuo figlio, il quale ha divorato le tue sostanze con le prostitute, per lui hai ammazzato il vitello grasso”. 31Gli rispose il padre: “Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; 32ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”».

Vangelo straconosciuto, quello di questa quarta Domenica di Quaresima: la parabola del “padre misericordioso”, per secoli conosciuta come “...del figliol prodigo”. Tra l'altro, l'aggettivo “prodigo” lo si interpreta spesso come sinonimo di “generoso”; mentre invece quel figlio non è assolutamente generoso, al contrario, è l'icona dell'egoista!

Capolavoro di san Luca, il racconto manca negli altri Vangeli. E' un affresco perfetto di certa psicologia umana e di quella divina. Si parla di due fratelli e di una padre; la mamma non c'è... e quando manca la mamma, si vede!

Tra i due figli non c'è feeling, al contrario: il primogenito, obbediente, gran lavoratore,... del resto, era l'erede, avrebbe preso lui le redini dell'azienda, la proprietà del patrimonio, etc. etc.

Il secondogenito poteva anche permetterselo di fare il figlio di papà... e lo fa dando il meglio di sé,...cioè il peggio!

Dagli torto! Restando a casa, sarebbe stato condannato ad essere l'eterno secondo, e non poteva neanche contare sull'amor di mamma, lo ripeto, assente del tutto dalla scena, la quale, per il suo cocco - il figlio più giovane è quasi sempre il cocco di mamma... - avrebbe fatto di tutto, fosse anche rubare al (figlio) maggiore la primogenitura. Era già accaduto una volta, e quella volta, non si trattava di una favola, ma di realtà; perché da quell'escamotage di mammà, la storia di Israele prese una piega definitiva (cfr. Gn 25,27-28).

Che tra i due fratelli non corresse buon sangue appare chiaro nella scena finale della storia, quando il maggiore rifiuta di partecipare alla festa improvvisata per il ritorno del minore; parlando col padre, chiama il fratellino “tuo figlio”, quasi che il padre fosse colpevole di avere generato uno smidollato, indegno di portare il nome di famiglia; mentre lui, il più vecchio, aveva sempre rigato diritto. Fa tenerezza, questo primogenito dal profitto impeccabile, dalla morale adamantina, dalla fedina penale più bianca della neve... Lo sappiamo: fare il proprio dovere non paga. E premiare un impiegato perché ha fatto solo il suo dovere è al limite del grottesco...

Ma questo non gli va proprio giù al primogenito, il quale rinfaccia al padre di non avergli mai manifestato il proprio apprezzamento, magari regalandogli un capretto per far festa con gli amici....

Da questo racconto, ricchissimo di spunti per la nostra riflessione, non soltanto religiosa spirituale, ma prima di tutto umana, emerge vivo, pressante, il richiamo rivolto ai genitori a manifestare a un figlio, non solo il biasimo, quando (il figlio) ha sbagliato, ma anche il plauso, l'incoraggiamento, quando (il figlio) ha fatto qualcosa di buono.

“Tutte smancerie! lo sai che ti voglio bene! - obbietterebbe un genitore - non c'è bisogno che te lo dica tutte le volte...”. Mi rivolgo ai genitori che hanno già superato abbondantemente gli ‘anta, forse è tardi per dirglielo, ma meglio tardi che mai: cari genitori, è da voi per primi, che i figli attendono di essere riconosciuti! È da voi che i figli devono cogliere la stima, per iniziare a costruire una buona immagine di sé e lavorare, poi, sulla propria autostima!

Fategli capire che siete orgogliosi di loro!

Non sappiamo se dopo quel breve scambio di battute avvelenate con suo padre, il primogenito sia entrato a festeggiare il fratellino redivivo... temo di no. E questo costituisce il peccato del figlio maggiore: sia chiama risentimento - o rancore, il che è lo stesso -; costui è letteralmente divorato dal risentimento, contro il fratello e contro suo padre.

Situazioni come questa sono molto frequenti, nelle famiglie, specie in quelle ricche... Non a caso, san Luca inserisce questa parabola nel suo Vangelo, mostrando di conoscere bene le dinamiche parentali... e mostrando come le conoscesse bene Gesù, il quale, pur non avendo fratelli, viveva con i piedi ben piantati per terra e traeva il materiale per i suoi insegnamenti dal vissuto quotidiano.

Per poter dare consigli utili alle persone, è necessario conoscere le loro situazioni concrete.

Parliamo del padre? Veramente esemplare, almeno in questa circostanza.

Il tentativo del papà è quello di recuperare tutti e due i suoi figli: tanto il primogenito, moralista, bigotto, ipocrita, e molto arrabbiato, quanto il secondo, opportunista, manipolatore, ingrato, perditempo, spendaccione...praticamente un fallito sotto tutti i punti di vista.

Intanto, (il padre) non nutre alcun rancore contro i figli, e avrebbe più di un motivo per essere risentito: con il primo, perché si comporta come si comporterebbe un servo col suo padrone; con il secondo - è persin superfluo rimarcarlo - perché non gli rinfaccia nulla. Esattamente come farà il Signore con SimonPietro, all'indomani della risurrezione.

I perdenti: i perdenti, sono i due figli: i quali, ancorché in modo molto diverso, stanno sprecando la loro esistenza; e la stanno rovinando anche agli altri...

Ormai lo abbiamo capito: la misericordia di Dio supera e supererà sempre ogni nostra aspettativa, ogni nostra misura del perdono. Oh, a proposito di misura, quando pensiamo al perdono, per favore, non pensiamo subito e soltanto a coloro che l'hanno combinata grossa, e meritano una punizione esemplare; proviamo a considerare la questione (del perdono) mettendoci noi nei panni dei colpevoli, di quelli che non meritano alcuna pietà.... Forse le nostre convinzioni cambieranno.
Resta il fatto che la vita è nelle nostre mani!

Sperare nella misericordia senza limiti di Dio è legittimo e doveroso, direi sacrosanto.

Al tempo stesso, abbiamo il potere di porre tutte le nostre potenzialità a servizio del bene nostro e altrui, (a servizio) della conversione nostra e altrui.
Il perdono di Dio non lo meriteremo mai - come potremmo? -.

Ma dare il meglio di noi è sempre possibile. E se questo “meglio” coincidesse col chiedere perdono - infatti è così! -, anche questo è sempre possibile, financo in punto di morte.

Non è mai troppo tardi per chiedere perdono.

 

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