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TESTO In Avvento, uomini del "provvisorio"

padre Gian Franco Scarpitta  

II Domenica di Avvento (Anno B) (04/12/2005)

Vangelo: Mc 1,1-8 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mc 1,1-8

1Inizio del vangelo di Gesù, Cristo, Figlio di Dio.

2Come sta scritto nel profeta Isaia:

Ecco, dinanzi a te io mando il mio messaggero:

egli preparerà la tua via.

3Voce di uno che grida nel deserto:

Preparate la via del Signore,

raddrizzate i suoi sentieri,

4vi fu Giovanni, che battezzava nel deserto e proclamava un battesimo di conversione per il perdono dei peccati. 5Accorrevano a lui tutta la regione della Giudea e tutti gli abitanti di Gerusalemme. E si facevano battezzare da lui nel fiume Giordano, confessando i loro peccati. 6Giovanni era vestito di peli di cammello, con una cintura di pelle attorno ai fianchi, e mangiava cavallette e miele selvatico. 7E proclamava: «Viene dopo di me colui che è più forte di me: io non sono degno di chinarmi per slegare i lacci dei suoi sandali. 8Io vi ho battezzato con acqua, ma egli vi battezzerà in Spirito Santo».

Nell'accezione spirituale il deserto può essere inteso come una situazione di peccato e di smarrimento personale a motivo della propria autoesclusione da Dio, ma in tutti i passi della Bibbia lo si evince come luogo (e tempo) di asperità nel quale è possibile mortificare se stessi attraverso determinate rinunce in vista della conversione a Dio. Nel deserto, luogo di solitudine e di abbandono nel quale la natura manifesta ogni sua superiorità sull'uomo nel rendersi ostile e la qualità della sopravvivenza è precaria, molteplici privazioni consentono che si riscontri la presenza di Dio che chiama ed interpella. In questo caso Dio è VOCE di uno che grida nel deserto che siamo invitati a percepire... facendo deserto nella nostra vita.

Il che vuol dire che prima ancora dell'ascolto della sua Parola Dio vuol mostrare la sua presenza e qualificare se stesso come criterio indispensabile della nostra vita personale e appunto nella lontananza dalle nostre consuetudini e dalle altezzosità è percepibile da parte nostra questo Signore così immediato nell'essere vicino a noi semplicemente come Dio che ci assiste, come Presente in noi. Se non ci si convince della sua presenza, come si potrebbe ascoltare la sua parola? E soprattutto: se non si riesce a percepire la presenza di Dio nella nostra vita, come potremmo convincerci che Dio ci chiama a sé, vuole lui per primo convertirci a vita nuova? Come potremmo di conseguenza accogliere tale invito e operare a nostra volta il cammino di conversione quale ritorno a Lui?

Ed ecco una figura significativa di uomo semplice e sottomesso capace di riscontrare la presenza di Dio nella propria vita: Giovanni Battista. Se la sua missione comincia nel deserto e non in un luogo promiscuità e di civiltà, ciò significa che è in primo luogo egli stesso a volere fare esperienza di Dio attraverso le privazioni di un profeta dalle caratteristiche esseniche che veste di sacco, mangia locuste e animali selvatici, sfugge alle immancabili trappole dei predoni e soprattutto ascolta questa Voce che grida verso di lui per poi esserne portatore agli altri. Nel deserto ha ascoltato prima La Voce quindi la Parola del Signore, comprendendo di essere chiamato a conversione da Dio, facendo esperienza egli stesso del divino e operando un cammino di conversione a Lui.

Gli esegeti sono concordi nell'affermare che nella Sacra Scrittura il deserto non è mai una condizione definitiva. Chi vi entra non è destinato a rimanervi costantemente ma solo a transitarvi o a soggiornarvi temporaneamente in vista di un incontro con gli uomini e di una missione. E' quindi uno stato di provvisorietà, e considerando l'insieme delle cose non può essere altrimenti: una volta fatta esperienza di Dio non si può omettere di uscire dal deserto per comunicare la Voce e il Messaggio agli uomini affinché accolgano a loro volta l'appello alla conversione, innanzitutto modificando il proprio modo di pensare e le proprie convinzioni, quindi trasformando la mentalità sulla scia della Parola di Dio e poi facendo frutti di penitenza. Così Giovanni dal deserto passa al Giordano per impartire a tutti un Battesimo simbolo di conversione a Dio, di avvenuta maturazione personale nella risposta al divino appello.

Poiché è impossibile avere la pretesa di predicare l'amore al prossimo, le opere di bene e la carità avendo omesso in partenza la scaturigine di tutte queste cose e la motivazione fondamentale che ci spinge a compierle, ossia appunto la presenza di Dio in noi e il suo monito a conversione: in assenza della convinzione primaria che è Dio a voler trasformare la nostra vita volendoci suoi figli ed nutrendo egli stesso amore nei nostri riguardi qualsiasi attitudine al bene non potrà mai essere duratura né potrà mai avere la sua efficienza se non nella mera filantropia, del tutto lontana da quella che è la carità voluta da Dio, e le stesse opere di bene, per quanto lodevoli possano essere stesse saranno ben lungi dal comunicare agli altri la realtà dell'amore con cui Dio ci ha redenti e salvati.

Quello che pertanto è primariamente indispensabile è la conversione, ossia cambiare la propria vita una volta fatta esperienza di Dio e della sua parola, ed è appunto questo uno degli inviti che ci rivolge il presente tempo di Avvento: che si imposti la nostra vita sulla logica della privazione, della mortificazione, dell'allontanamento dal superfluo, dal vizio e dalla banalità nella speciale attesa che ci si renda conto non soltanto che Dio è presente ma che addirittura sta per raggiungere la nostra condizione nel farsi Bambino; forse non è necessario che ci procuriamo un deserto geografico, ma è indispensabile che ci si orienti verso l'essenziale e si rifugga il mondano per crearci spazi privilegiati nei quali poter riscontrare –abbiamo detto- la Voce di Dio. Quante sovrastrutture in questo mondo contemporaneo offrono vane illusioni di sicurezza materiale? Quante volte noi vi aderiamo dando il nostro assenso alla moda, al guadagno, alla morale libertina, alla comune accezione secondo cui tu vali solo nella misura di quello che possiedi?

Ciascuno di noi che sta leggendo questo scritto, provi ad aprire un solo momento la finestra della stanza in cui si trova o a scendere un attimo in strada: si accorgerà di quante reclames pubblicitarie di consumo e di sfarzo stanno interessando proprio questi giorni che ci separano dal Natale. Come già scritto più volte in queste note, esse hanno valore di positività quando esaltano esteriormente lo spirito nell'attesa del Dio Bambino introducendo nelle nostre strade un clima di gioiosa festosità, ma diventano deprimenti e (perché no?) deleterie quando sono finalizzate a se stesse o vertono ad incoraggiare un vacuo business finalizzato solo agli interessi capitalistici di alcuni e ad allontanarci dal vero spirito del Natale. La provvisorietà del deserto non possiamo quindi che definirla addirittura urgente, se è vero che qualcuno ostenta ostinazioni effimere intorno al proposito di rinnovamento di vita interiore di cui il Natale è sempre stato fautore. E l'Avvento colma le lacune di questa urgenza.

 

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