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TESTO Fidarsi di se stessi è da perdenti

don Mario Simula  

I Domenica di Quaresima (Anno C) (06/03/2022)

Vangelo: Lc 4,1-13 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 4,1-13

1Gesù, pieno di Spirito Santo, si allontanò dal Giordano ed era guidato dallo Spirito nel deserto, 2per quaranta giorni, tentato dal diavolo. Non mangiò nulla in quei giorni, ma quando furono terminati, ebbe fame. 3Allora il diavolo gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, di’ a questa pietra che diventi pane». 4Gesù gli rispose: «Sta scritto: Non di solo pane vivrà l’uomo».

5Il diavolo lo condusse in alto, gli mostrò in un istante tutti i regni della terra 6e gli disse: «Ti darò tutto questo potere e la loro gloria, perché a me è stata data e io la do a chi voglio. 7Perciò, se ti prostrerai in adorazione dinanzi a me, tutto sarà tuo». 8Gesù gli rispose: «Sta scritto: Il Signore, Dio tuo, adorerai: a lui solo renderai culto».

9Lo condusse a Gerusalemme, lo pose sul punto più alto del tempio e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, gèttati giù di qui; 10sta scritto infatti:

Ai suoi angeli darà ordini a tuo riguardo

affinché essi ti custodiscano;

11e anche:

Essi ti porteranno sulle loro mani

perché il tuo piede non inciampi in una pietra».

12Gesù gli rispose: «È stato detto: Non metterai alla prova il Signore Dio tuo».

13Dopo aver esaurito ogni tentazione, il diavolo si allontanò da lui fino al momento fissato.

Gesù vuole essere uno di noi. Venendo su questa terra accetta la nostra fragilità umana. Non rifiuta i nostri limiti. Non si colloca al di sopra di nessuno di noi. Piuttosto si immerge nella nostra storia personale e nella storia del mondo.
La strada che sceglie per condividere la nostra vicenda terrena, anche quella fatta di debolezza e di peccati, è una sola. E' il deserto. La solitudine. La prova.
Si immerge nella povertà incandescente di quel luogo arido fatto di terra e di burroni, senza vita e senz'acqua, e si confronta con la tentazione.
Non commette il peccato. Non gli appartiene. Gesù è la santità.
Vuole, tuttavia, starci vicino. Anche quando il peccato intacca la nostra bellezza originale.
Come potremmo essere fedeli a Dio, se Gesù non si confronta con la malvagità del Maligno senza appartenere, in alcun modo, alle sue scelte?
Il Maligno pretende di suggestionare il Figlio di Dio.
Gesù percorre una strada opposta. Dà a noi un'attenzione consolante e colma di serenità: “Non abbiate paura, io sono con voi. Il male non avrà il sopravvento sulla vostra vita”.
Questo è l'atto di amore più alto col quale Gesù diventa vicino e solidale. Vincitore e maestro di vittoria.
Lui conosce la nostra condizione vulnerabile. Guarda l'abisso del nostro cuore. Sa che camminiamo sempre sull'orlo del burrone. Gli è familiare quella terribile strada che porta da Gerusalemme a Gerico.
Una strada di precipizi, di sorprese inattese e pericolose.
Gesù cammina con noi perché il peccato non prenda il sopravvento. E' il nostro compagno di viaggio.
E' il Samaritano che ci incontra feriti dal male, segnati dalla debolezza, mezzo morti. Altri passano accanto al nostro male. Alcuni giudicano e condannano. Sono soprattutto indifferenti. Vanno sempre oltre. Non gli importa nulla del nostro peccato. Si accontentano di un servizio formale a Dio nel tempio.
Gesù si ferma sulle nostre piaghe. Gli stanno a cuore le malattie del nostro cuore: quel mare di ferite che ci attanaglia.
Si accorge di noi. Si attarda sul nostro dolore, compreso il peccato. Ci assiste. Ci disinfetta le ferite dell'anima. Ci unge con l'olio della misericordia, restituendoci la bellezza dell'uomo voluto da Dio come capolavoro della sua tenerezza.
Ci ama nonostante conosca di noi ogni piega interiore.
Una comunità di credenti non si costruisce sulla sua bontà fittizia. Trova le sue fondamenta sulla reciproca misericordia. Nessuno può dire di se stesso di essere senza peccato.
Pensando all'amore misericordioso del samaritano, capiamo perché Gesù accetta il deserto e ne accetta la prova, il dolore e la solitudine.
Il Maligno lo tenta proponendogli la soddisfazione immediata del cibo, indispensabile in una crisi di fame. Come se si potesse vivere soltanto di ciò che ci nutre, confondendolo come valore assoluto per la nostra persona.
Gesù è vigilante. Non dorme. E' pronto a cacciare la tentazione, ricordando al Maligno che l'uomo non vive soltanto di pane. Suo cibo è ogni Parola che esce dalla bocca di Dio.
Non solo pane, ma Parola. Non solo alimento per il corpo, ma nutrimento per l'anima.
Si profila, allora, la seduzione delle ricchezze per le quali l'uomo è pronto a tutto: ad uccidere e a peccare, a schiacciare l'altro e a renderlo schiavo.
Gesù sa che la vera adorazione di Dio si esprime nella docilità alla sua volontà. Barattare le ricchezze della terra, con la rinuncia all'adorazione di Dio, è la stoltezza infinita di chi pecca di autosufficienza e crede che il potere espresso attraverso il possesso dei regni rappresenti la risposta definitiva.
Ancora una volta Gesù diventa la sentinella che vigila sulla nostra vita e ci ricorda che soltanto Dio deve essere destinatario della nostra adorazione.
Il credente che pensa di risolvere i suoi problemi con il dominio, col potere insensato; che non coglie l'importanza della persona perché esiste soltanto lui con la sua mania di grandezza, è uno stolto pronto a far morire Dio nella sua vita, per dare vita soltanto a ciò che mette in primo piano il proprio orgoglio.
E' una sconfitta vedere la persona immolata sull'altare di un potere umano e messa dopo il controllo della storia come se ne fossimo noi padroni e signori.
Il male che ci circonda e che trova giustificazione esclusivamente nel godimento di un potere di un giorno, presto frana e si consuma. L'ebbrezza del potere non costruisce pace. Semina relazioni avvelenate e trasforma in ostilità e in prevaricazione ogni incontro umano. Anche nelle nostre comunità di fede.
Se vogliamo sperimentare l'amore, dobbiamo adorare Dio.
Ogni altra scelta è idolatria, bestemmia, morte.
Per il Maligno esiste una terza tentazione. Gesù è condotto sulla parte più alta del Tempio e viene spinto a gettarsi nel precipizio. Basta l'aiuto di Dio per non avere conseguenze. Noi comandiamo anche su Dio. Ci pensano gli angeli a custodirci tra le loro braccia.
Gesù non scende a compromessi. Ancora una volta fa riferimento alla Parola scritta e scaccia definitivamente la tentazione, citando la Scrittura: “Non tenterai il Signore tuo Dio!”.
Metterci al posto di Dio, attribuirci le sue prerogative è soltanto pretesa e presunzione. Dio guida la nostra vita. Non siamo noi a dare al Signore gli ordini per ottenere quello che è per noi il bene.
Dopo il combattimento di quaranta giorni, la vittoria di Gesù è totale.
La vittoria di Gesù diventa nostra forza. Coincide con la nostra certezza.
Se entriamo nel progetto di Dio e aderiamo ad esso con docilità e con fiducia, il Maligno non avrà mai il sopravvento. Potremo compiere ogni scelta buona nel nome di Colui che ci dà la forza.
Tutto diventerà, allora, canto e lode per Iddio. Noi faremo l'esperienza dell'affidamento e della sicurezza. Dio ci porterà sul palmo delle mani e sperimenteremo la gioia del cammino quaresimale.

Gesù, non mi hai mai lasciato solo nelle lotte interiori. Mi sono accorto, molte volte che in me, accanto al bene, ho sperimentato la propensione al male. Una catena che non mi toglieva la libertà.
Mi sono fidato di te. Mi sono lasciato condurre nel deserto dallo Spirito. Ho sperimentato sempre la tua forza.
Quante volte mi sono dimenticato della tua Parola e mi sono incamminato per strade impervie alla ricerca di appagamenti che deludono.
Tante volte ho commesso il male. Spesso mi sono convinto di essere depositario del bene. Ho sempre sbagliato, ostinatamente.
Oggi, se guardo quelle pietre che mi mettono alla prova e mangio la tua Parola; se riesco a non desiderare poteri vuoti, ma adoro soltanto Dio; se non ti metto alla prova, ma mi fido di te, la mia vita si trasforma.
Sperimento la solitudine dell'aridità bruciante. Eppure non sono solo. Dietro gli anfratti delle rocce ci sei Tu.
Grido a te e tu mi rispondi. Sono sotto la pressione della prova, e Tu resti con me. Sei mio rifugio e mia fortezza. Tu, Gesù, mi liberi, perché mi sono “legato” a Te. Mi hai messo al sicuro.
Nell'angoscia sei stato sempre vicino, tu sei stato con me, mi hai liberato e mi hai reso glorioso.
Credevo di morire sotto i colpi del Maligno. Invece sono vivo. Sono tuo compagno di viaggio.
Senza delusioni. Condivido lo stesso deserto, sperimento la medesima gioia. “Tu, Gesù, sei il Signore! Tu, Gesù, sei ricco con chi ti invoca”.
(Don Mario Simula)

 

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