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Paolo De Martino  

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II Domenica di Quaresima (Anno C) (13/03/2022)

Vangelo: Lc 9,28-36 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 9,28-36

28Circa otto giorni dopo questi discorsi, Gesù prese con sé Pietro, Giovanni e Giacomo e salì sul monte a pregare. 29Mentre pregava, il suo volto cambiò d’aspetto e la sua veste divenne candida e sfolgorante. 30Ed ecco, due uomini conversavano con lui: erano Mosè ed Elia, 31apparsi nella gloria, e parlavano del suo esodo, che stava per compiersi a Gerusalemme. 32Pietro e i suoi compagni erano oppressi dal sonno; ma, quando si svegliarono, videro la sua gloria e i due uomini che stavano con lui. 33Mentre questi si separavano da lui, Pietro disse a Gesù: «Maestro, è bello per noi essere qui. Facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia». Egli non sapeva quello che diceva. 34Mentre parlava così, venne una nube e li coprì con la sua ombra. All’entrare nella nube, ebbero paura. 35E dalla nube uscì una voce, che diceva: «Questi è il Figlio mio, l’eletto; ascoltatelo!». 36Appena la voce cessò, restò Gesù solo. Essi tacquero e in quei giorni non riferirono a nessuno ciò che avevano visto.

Gesù aveva dato il primo annuncio della passione e aveva ricordato le condizioni che un discepolo deve osservare: rinnegare se stesso, prendere la sua croce e seguirlo. Circa otto giorni dopo, prende con sé tre discepoli e sale sul monte a pregare. Una tradizione parla del monte Tabor (590 m.), ma ai tempi di Gesù la cima di questo monte era occupata da una città fortificata. L'intenzione di Gesù non è di manifestarsi ai discepoli, ma quella di pregare.

Prima o poi a tutti è sorta questa domanda: perché questi tre apostoli? Perché Gesù porta con sé solo Pietro, Giovanni e Giacomo? Erano i preferiti? Il contrario. Gesù ha appena annunciato la sua fine e porta i tre apostoli più ribelli in disparte a pregare. Sono tre i discepoli ai quali Gesù ha messo un soprannome negativo: Simone chiamato “il testa dura, Pietro”; Giacomo e Giovanni, fanatici violenti, chiamati “i Boanerghes”, “i figli del tuono”. Sono quelli più riottosi ma anche i più influenti nel gruppo.
Capanne

È una pagina meravigliosa di teologia per immagini. Essendo Dio il “totalmente altro”, non possiamo che procedere per analogia, cercando di balbettare qualcosa attraverso immagini che a volte possono essere anche fuorvianti.

Mi sembra di sentirli mentre salgono al monte pensierosi: “Ma dove stiamo andando?”, “cosa vorrà dirci? E perché solo noi tre?”. Le cose sostanzialmente andavano bene, fino a quando Gesù ha iniziato a parlare della croce.

L'aspetto del suo volto diventò altro. Solo Luca parla del volto e utilizza il termine “sfolgorante”. Ritroveremo questi abiti sfolgoranti indossati dai due uomini che accoglieranno le donne al sepolcro, il mattino di Pasqua. Appaiono due uomini: Mosè ed Elia. La loro morte era avvolta da mistero (del primo non fu mai ritrovata la tomba e il secondo fu rapito in cielo da un carro di fuoco). Mosè rappresenta la legge, Elia i profeti, i due cardini su cui si basava tutta la fede del popolo di Dio.

«Maestro, è bello per noi essere qui. Facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia». Ancora una volta, Pietro svolge il suo ruolo di satana, vuole che Gesù si manifesti come il Messia atteso. Povero Pietro: anche questa volta è riuscito a rompere l'atmosfera che si era creata. Aveva davvero la capacità di parlare al momento sbagliato nel posto sbagliato. Amico lettore, nota l'ordine dei personaggi: in un trittico, il più importante è sempre chi è al centro. Per Pietro è importante Mosè: «Facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè», al centro, «e una per Elia». Per lui il Messia è chi fa osservare la Legge. Con Gesù si è entrati nella logica dell'amore.

Pietro è rapito dalla visione, vorrebbe godersi lo spettacolo, non vorrebbe più tornare alle preoccupazioni della vita quotidiana. È la visione intimistica della fede. Molti cristiani amano avere un Dio rassicurante, tranquillizzante, che dia certezze: la fede è vista come un tetto sicuro sotto di cui rifugiarsi.
Bellezza

La trasfigurazione ci parla di bellezza. Dio si è mostrato in tutta la sua seducente bellezza, perché è nell'intimità che Dio svela il suo volto e Gesù porta Pietro e gli altri a fare un'esperienza “bella”.

Amico lettore, sono convinto che tutto ciò che sia bello, parla di Dio. Abbiamo bisogno di recuperare il senso del “bello” nella nostra vita. La bellezza ci spinge verso Dio. Le persone guardandoci dovrebbero capire che è bello credere. Ci si avvicina alla fede perché attratti dalla bellezza di Cristo.

Esiste per tutti un “monte”, il momento in cui, per un attimo, abbiamo toccato il cielo con un dito, abbiamo fatto esperienza della bellezza di Dio. Quel cielo stellato, quel pellegrinaggio, quella veglia di preghiera silenziosa, quel santuario. Sono questi i momenti di “trasfigurazione”; momenti in cui abbiamo preso coscienza che vale la pena di vivere, anche solo per questi momenti. Sono “i momenti”. Abbiamo bisogno di questi attimi, di queste soste per godere delle cose “belle” che danno forza e coraggio per affrontare le “discese” quotidiane. Il mondo, la Chiesa, hanno bisogno di bellezza.
Felicità

Questo episodio tenta di dare una risposta alla domanda su che cosa rende veramente felici nella vita. In fondo, la trasfigurazione è vedere cose che si possono cogliere solo con il cuore. «Beati i puri di cuore perché vedranno Dio». Per chi ha un cuore puro, tutto è puro e vede Dio in ogni cosa, anche nel dolore, perfino nella morte.

“Cari Pietro, Giacomo e Giovanni”, sembra dirgli il Signore, “guardate la croce da un altro punto di vista. Come i profeti, scrutate il passaggio di Dio nella storia”.
Innamoramenti

Ti sei mai innamorato amico lettore? Se sì, allora puoi sperare di capire il vangelo e questo brano. Se non ti sei mai innamorato, non potrai mai conoscere il vangelo perché Gesù è stato un fuoco che bruciava, un uomo passionale.

Alcune domande nascono spontanee: come ha potuto cambiare d'aspetto? Cambiare il suo volto, essere splendente come il sole, avere le vesti candide come la luce? Non si possono comprendere queste cose se non ci si è innamorati almeno una volta nella vita. Avete mai visto il volto di un ragazzo dopo la prima cotta? Il volto di un bambino cullato tra le braccia di sua madre? Gli occhi di una donna quando vede suo figlio dopo il parto? L'amore cambia lo sguardo, cambia il modo di vedere la realtà.

Giovanni dirà che «Dio è amore», cioè solo chi sa aprirsi e vivere l'amore può capire Dio. Le cose di Dio si capiscono amando. Quelli che non sanno aprire il loro cuore, potranno avere il concetto di Dio, ma non sentirlo.
Splendido

Dobbiamo ripartire dalla bellezza, dalla bellezza di Dio. Forse abbiamo smarrito la bellezza nel raccontare la fede. Abbiamo ridotto il cristianesimo a un'esperienza triste. Il vangelo, al contrario, ci dice che credere può essere splendido. I tre apostoli e noi, non siamo ciò che pensiamo di essere, abbiamo bisogno di guardare con uno sguardo diverso la realtà. Siamo molto di più; la nostra vera natura è ben altra, il problema è che non lo sappiamo. La trasfigurazione è lo specchio nel quale è riflesso ciò che potremmo essere se accogliessimo la Parola che c'è donata. Siamo fatti per volare alto eppure ci accontentiamo di raspare. L'unica domanda da porsi è questa: Gesù è risorto, dove possiamo incontrarlo? Nel nostro vivere adesso, nella nostra situazione, insomma nella nostra Galilea lo vedremo. A noi il compito di guardarci intorno e scoprire la bellezza di Dio.

«La bellezza salverà il mondo», afferma il principe Miškin nell'Idiota di Dostoevskij e ha ragione.

La bella notizia di questo brano? La trasfigurazione ci mostra di che stoffa siamo fatti: a immagine di Dio. Siamo impastati di cielo, siamo fatti per il Paradiso.

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