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TESTO Si vede con il cuore

don Luca Garbinetto  

VIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (27/02/2022)

Vangelo: Lc 6,39-45 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 6,39-45

In quel tempo, Gesù 39disse ai suoi discepoli una parabola: «Può forse un cieco guidare un altro cieco? Non cadranno tutti e due in un fosso? 40Un discepolo non è più del maestro; ma ognuno, che sia ben preparato, sarà come il suo maestro.

41Perché guardi la pagliuzza che è nell’occhio del tuo fratello e non ti accorgi della trave che è nel tuo occhio? 42Come puoi dire al tuo fratello: “Fratello, lascia che tolga la pagliuzza che è nel tuo occhio”, mentre tu stesso non vedi la trave che è nel tuo occhio? Ipocrita! Togli prima la trave dal tuo occhio e allora ci vedrai bene per togliere la pagliuzza dall’occhio del tuo fratello.

43Non vi è albero buono che produca un frutto cattivo, né vi è d’altronde albero cattivo che produca un frutto buono. 44Ogni albero infatti si riconosce dal suo frutto: non si raccolgono fichi dagli spini, né si vendemmia uva da un rovo. 45L’uomo buono dal buon tesoro del suo cuore trae fuori il bene; l’uomo cattivo dal suo cattivo tesoro trae fuori il male: la sua bocca infatti esprime ciò che dal cuore sovrabbonda.

La vista dipende dal cuore.
Si guarda il mondo e la vita con lo sguardo che attinge alle fonti di ciò che scorre nell'intimo di se stessi. Il cuore (lev), nel linguaggio biblico, non è soltanto la dimora dei sentimenti e delle emozioni, bensì il nucleo centrale della persona, dove l'incontro di affetti, pensieri e desideri porta alla determinazione. Nel cuore dell'uomo si prendono le decisioni, e non solamente in quanto scelte legate a una specifica situazione, quanto piuttosto nel senso di uno stile generale da assumere, di un orizzonte di fondo, di una prospettiva che indirizza, appunto, ogni visione. Nel cuore si deposita l'orientamento essenziale della propria vita.

Gli occhi ricevono luce oppure cadono nelle tenebre a seconda di come la persona coltiva il terreno del proprio cuore.
È quindi un'illusione piuttosto egocentrica quella di “vedere le cose con oggettività”, se si intende con questa espressione l'idea che “non ci sono altri modi per vedere le cose se non il mio”. Ogni polemica, ogni giudizio verso gli altri scaturisce dalla convinzione di avere sostanzialmente ragione, il che non sarebbe un problema se significasse un sincero ambire alla verità. Ma diventa invece drammatico quando si trasforma in un rigido sistema difensivo, per cui l'individuo si rinchiude nella roccaforte delle proprie idee e se ne fa una ideologia. E le ideologie, intese come l'assolutizzare la propria visione, trasformano il cuore in una pietra e assicurano un indurimento dell'animo: sono l'anticamera delle peggiori tragedie.
Altro inganno sarebbe quello di poter vedere l'esistenza, gli altri, la storia rimanendo neutrali. Il cuore in realtà sceglie anche quando se ne sta da parte e fa finta di non vedere. Chiudere gli occhi o volgere lo sguardo di lato è in ogni caso frutto di ciò che orienta il nostro essere. È un modo di affrontare la vita, piuttosto meschino, almeno mediocre.

E comunque dipende dal cuore.
Comprendiamo così, attraverso l'esempio e le parole di Gesù, che la vista annebbiata si schiarisce grazie alla relazione con altri, fatta di una sincera disponibilità a mettersi in discussione. L'incontro e lo scambio, il dialogo e l'ascolto sono gli strumenti privilegiati del laboratorio ottico della fede.
Perché gli occhi riflettono ciò che è cresciuto dentro, e se i semi sparsi nel cuore sono rovi di aggressività, spine di rancore, oppure enormi tronchi secchi di superbia e arroganza (così mortiferi da sembrare travi), non c'è modo di rendersene conto, se non accettando che qualcun altro - un maestro - ci aiuti ad accorgersene.

Il cuore è un terreno facilmente raggiungibile dagli stimoli dell'esistenza.
Le relazioni che viviamo hanno la capacità di influire nella conformazione del nostro cuore, molto più di quanto possiamo constatare direttamente. È proprio nella logica della natura: i semi cadono e spariscono nel mistero della terra, ma poi, là sepolti, cominciano a produrre germoglio, stelo, frutti. “Come, egli stesso non lo sa” (Mt 4, 27): il contadino è in qualche modo spettatore impotente, ma la sua parte l'ha già fatta, optando per alcuni prodotti da seminare, anziché altri.

Ecco l'invito del vangelo: scegliere da quali semi farsi raggiungere nel terreno del nostro cuore.
Operazione mai terminata, instancabile esercizio di paziente discernimento. Comporta la fatica di essere “ben preparato” (v. 40) giorno dopo giorno, per diventare maestro buono. È necessario restare discepolo, umilmente docile all'opera di sfrondamento del Maestro.
Lo sguardo sarà limpido e casto, cioè privo di manie di dominio e di ambizioni di possesso, tanto più il cuore saprà restare umile alla scuola del Maestro. L'atteggiamento di fondo è quello di chi ha scoperto, e ci tiene davvero, che dentro di sé vi è un inesauribile movimento, che la vita è un continuo smottamento, che non si è proprietari di un tesoro una volta per sempre. Si è piuttosto come scrigni meravigliosi, ovvero vasi di creta, pur tuttavia vuoti e da riempire, ricevendo dal proprio Maestro, come un flusso gratuito e mai esaurito, il bene che si diventa poi capaci di spargere e distribuire.
Com'è bello sentirsi guardare dagli occhi puri e dallo sguardo penetrante di persone rese luminose dall'instancabile azione dello Spirito, che - se lo si lascia penetrare - rende gentile, dolce, fermo e liberante il tesoro traboccante nascosto nel cuore!

 

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