TESTO Dal bene viene il bene; dal male viene il male. Nessun dubbio.
don Alberto Brignoli Amici di Pongo
VIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (27/02/2022)
Vangelo: Lc 6,39-45
In quel tempo, Gesù 39disse ai suoi discepoli una parabola: «Può forse un cieco guidare un altro cieco? Non cadranno tutti e due in un fosso? 40Un discepolo non è più del maestro; ma ognuno, che sia ben preparato, sarà come il suo maestro.
41Perché guardi la pagliuzza che è nell’occhio del tuo fratello e non ti accorgi della trave che è nel tuo occhio? 42Come puoi dire al tuo fratello: “Fratello, lascia che tolga la pagliuzza che è nel tuo occhio”, mentre tu stesso non vedi la trave che è nel tuo occhio? Ipocrita! Togli prima la trave dal tuo occhio e allora ci vedrai bene per togliere la pagliuzza dall’occhio del tuo fratello.
43Non vi è albero buono che produca un frutto cattivo, né vi è d’altronde albero cattivo che produca un frutto buono. 44Ogni albero infatti si riconosce dal suo frutto: non si raccolgono fichi dagli spini, né si vendemmia uva da un rovo. 45L’uomo buono dal buon tesoro del suo cuore trae fuori il bene; l’uomo cattivo dal suo cattivo tesoro trae fuori il male: la sua bocca infatti esprime ciò che dal cuore sovrabbonda».
Quando fu scritto il libro del Siracide - fra il terzo e il secondo secolo avanti Cristo - il mondo mediorientale (e non solo) stava sperimentando un'egemonia, una dominazione, che non era solo quella delle armi di eserciti stranieri, bensì apparteneva alla sfera della cultura e del pensiero. La dominazione greca, infatti, aveva permeato i popoli a lei sottomessi di ciò che era il maggior vanto della tradizione ellenica, ovvero il pensiero, l'arte, le scienze, la filosofia: in una parola sola, la cultura, la capacità di pensare. Non che gli altri popoli non avessero cultura o non pensassero, ma di certo il mondo greco poteva vantare un predominio in questo senso. Ecco allora perché lo stesso libro del Siracide (così come altri libri sapienziali della Bibbia scritti in quel periodo) risente degli influssi della cultura e della filosofia greca, al punto che addirittura questo libro fu scritto inizialmente in ebraico, com'è naturale, e subito dopo fu tradotto in greco, nella versione che è giunta fino a noi e della quale abbiamo letto alcuni versetti nella prima lettura di oggi. Proprio questi quattro versetti ci mostrano una dimensione importante del pensiero e del ragionamento, che è quella del discernimento, ovvero la capacità di valutare le cose, i fatti, le persone e ciò che esse dicono e fanno, sulla scorta, appunto, del pensiero che ci sta dietro, del senso che pervade ogni cosa.
Il primo versetto ce lo mostra attraverso un'immagine che traduce perfettamente il concetto di discernimento, quella del setaccio: discernere significa avere la capacità di vederci chiaro nelle cose, di distinguere ciò che è giusto da ciò che non lo è, ciò che è bene da ciò che è male, proprio come fa un setaccio quando deve separare l'oro puro dalle scorie o la farina dalle impurità. E a volte, questo può avvenire anche attraverso la discussione (letteralmente, il testo dice il “dialogo”, ovvero il confronto) che mette in luce aspetti buoni e aspetti cattivi della personalità. Siracide continua poi con le similitudini, e paragona il ragionamento alla fornace del vasaio: come il fuoco mette alla prova la ceramica dei vasi, così il modo di ragionare prova la validità o meno di una persona. Queste brevi massime terminano con una riflessione sulla parola: la parola nell'uomo non è, come per gli animali, una pura emissione di suoni istintivi usati per comunicare, ma è l'espressione chiara ed evidente per tutti di ciò che l'uomo pensa, come un frutto lo è di una pianta. E finché una pianta non ha espresso tutta la sua bontà attraverso il dono dei suoi fiori e dei suoi frutti, così l'identità e il valore di una persona li possiamo comprendere solo a partire dalle sue parole: “Non lodare nessuno, prima che abbia parlato, poiché questa è la prova degli uomini”.
Lo diciamo spesso anche noi, delle persone: “Appena apre la bocca, capisci subito che tipo è”. Cosa che oggi, peraltro, è diventata molto difficile da capire, perché la stragrande maggioranza delle persone preferisce esprimersi in modo virtuale, nascondendosi dietro lo schermo di un cellulare o di un computer, sfruttando la mediazione dei social, che ti permettono di dire tutto e il contrario di tutto senza comprometterti più di tanto, anche perché spesso i social sono un “copia e incolla” di ciò che altri hanno pensato e detto, e che qualcuno riprende e spaccia per propri senza metterci più di tanto la propria testa.
“La parola è lo specchio dell'anima, appena un uomo parla, rivela ciò che è”, diceva un drammaturgo siriano del I secolo avanti Cristo. E Gesù si spinge oltre: non solamente la parola rivela ciò che sei, ma anche le tue opere, e ancor meglio la coerenza tra ciò che dici e ciò che fai, rivelano ciò che è nascosto nel profondo del tuo cuore e della tua mente (che nella mentalità ebraica, tra l'altro, sono la stessa cosa). E allora, se non sei capace, prima di tutto, di fare un'opera di discernimento della tua vita, della tua anima (togliendo la trave dell'ipocrisia dal tuo occhio, che dell'anima e della coscienza è la porta d'accesso), evita di proporti agli altri, magari con la parlantina di cui sei dotato, come quello che toglie le pagliuzze dell'imperfezione dalla loro vita, facendo - l'espressione rende molto bene - il pelo e il contropelo all'altrui vita. Se tu stesso, per primo, non vedi chiaro in ciò che vivi e in ciò che fai, e spesso cammini alla cieca, come puoi proporti agli altri come modello e guida? Finirai in una buca e trascinerai dentro la buca anche chi si è fidato di te; mentre uno solo è il Maestro del quale dobbiamo fidarci e sotto la cui guida dobbiamo camminare.
Ecco cosa significa discernere: valutare gli altri a partire da ciò che dicono e ciò che fanno, ma soprattutto a partire da ciò che noi siamo e diciamo. Perché la nostra coerenza e la nostra sincerità (che non significa, badate bene, essere perfetti, bensì essere consapevoli dei propri limiti) saranno quelle che ci permetteranno di comprendere chi è l'altro veramente: non una persona da comandare e da guidare a nostro piacimento, ma un compagno di viaggio con il quale condividere il cammino della vita, nel quale tutti ci troviamo incamminati, senza distinzioni, dietro all'unica guida e all'unico Maestro. La fiducia in lui ci permetterà di avere un animo limpido capace di discernere il bene dal male, anche solo guardando le opere e le parole degli uomini: ma per fare questo occorre quella grande opera di discernimento, di ragionamento e di pensiero che spesso tralasciamo di mettere in atto perché faticosa. È faticoso togliere una trave dal nostro occhio; è faticoso accettare di essere ciechi e quindi di lasciarci guidare da chi ci vede meglio di noi. Ma questo ci permette di capire meglio dove sta il bene e dove sta il male: nelle parole e nelle opere degli uomini.
Perché se fin dall'inizio - per concludere con un riferimento alla drammatica attualità di questi giorni - avessimo usato il pensiero per comprendere e discernere che dalle parole e dalle azioni che un potente compie indisturbato da oltre vent'anni si poteva capire la violenza e la malvagità di cui il tesoro del suo cuore è pieno (ammesso che si possa parlare di cuore), invece di farci abbagliare e accecare dalle ricchezze che come miraggi nel deserto ci ha fatto luccicare davanti agli occhi, forse non saremmo qui a piangere tante vittime innocenti di una guerra che si sta rivelando ancor più assurda e priva di significato di molte altre che abbiamo vissuto e che, a quanto pare, non ci hanno insegnato nulla.
Che il Maestro ci aiuti ad avere occhi limpidi e cuore puro per discernere dove sta il bene e dove sta il male, prima che il bene si esaurisca e il male ci sovrasti.