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TESTO Io penso positivo!

don Alberto Brignoli   Amici di Pongo

VII Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (20/02/2022)

Vangelo: Lc 6,27-38 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 6,27-38

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: 27A voi che ascoltate, io dico: amate i vostri nemici, fate del bene a quelli che vi odiano, 28benedite coloro che vi maledicono, pregate per coloro che vi trattano male.

29A chi ti percuote sulla guancia, offri anche l’altra; a chi ti strappa il mantello, non rifiutare neanche la tunica. 30Da’ a chiunque ti chiede, e a chi prende le cose tue, non chiederle indietro.

31E come volete che gli uomini facciano a voi, così anche voi fate a loro. 32Se amate quelli che vi amano, quale gratitudine vi è dovuta? Anche i peccatori amano quelli che li amano. 33E se fate del bene a coloro che fanno del bene a voi, quale gratitudine vi è dovuta? Anche i peccatori fanno lo stesso. 34E se prestate a coloro da cui sperate ricevere, quale gratitudine vi è dovuta? Anche i peccatori concedono prestiti ai peccatori per riceverne altrettanto. 35Amate invece i vostri nemici, fate del bene e prestate senza sperarne nulla, e la vostra ricompensa sarà grande e sarete figli dell’Altissimo, perché egli è benevolo verso gli ingrati e i malvagi.

36Siate misericordiosi, come il Padre vostro è misericordioso.

37Non giudicate e non sarete giudicati; non condannate e non sarete condannati; perdonate e sarete perdonati. 38Date e vi sarà dato: una misura buona, pigiata, colma e traboccante vi sarà versata nel grembo, perché con la misura con la quale misurate, sarà misurato a voi in cambio».

Se qualcuno ci chiedesse di trovare una differenza tra la morale dell'Antico Testamento e quella del Nuovo Testamento, un brano di Vangelo come quello che abbiamo ascoltato oggi ci offrirebbe la miglior risposta possibile. Se, infatti, consideriamo le Dieci Parole dell'Alleanza (quelle che conosciamo come “Dieci Comandamenti”) la sintesi di tutti i precetti e le norme di comportamento per il popolo d'Israele, e le mettiamo in comparazione con quanto ci dice Gesù oggi, balza all'occhio in maniera abbastanza evidente una differenza sostanziale: e potremmo darle il nome di “positività”. Certo, oggi parlare di positività fa drizzare in piedi le antenne delle nostre orecchie: ma in tempi non sospetti - e ci auguriamo che tornino a esserlo presto anche i nostri - essere positivi significava e continua a significare (per parafrasare il titolo di una canzone di qualche anno fa) “pensare positivo”. Proviamo a pensare ai Comandamenti dell'Antico Israele: la stragrande maggioranza di essi era basata sul “non”: “non” fare, “non” dire, “non” uccidere, “non” rubare, “non” commettere azioni sbagliate, “non” tradire, e via dicendo. Non che ci sia alcunché di sbagliato nei comandamenti, ci mancherebbe: sono alla base della morale non solo giudaica e cristiana, ma umana in generale (il filosofo Adorno parlerebbe di “Minima Moralia”, i principi morali di base per ogni cultura). Eppure, questi fondamenti minimi della morale avevano un limite, ed era proprio quello di essere basati sul “non”, sulla proibizione, sulla “negatività” delle azioni: per essere buoni, è sufficiente “non” compiere azioni sbagliate; per essere buoni è sufficiente “non” essere cattivi. Tutto si riconduceva alla famosa “regola d'oro” della morale: “Non fare a nessuno ciò che non piace sia fatto a te”, raccomanda Tobi al figlio Tobia nell'omonimo libro. E questa regola è divenuta retaggio della nostra stessa morale, secondo la quale a tutt'oggi continuiamo a ragionare in questo modo: “Non ho ucciso nessuno, non ho rubato nulla, non parlo male degli altri, per cui mi sento a posto”.

Ci sta. Ma non basta. Per essere buoni, non basta non fare del male agli altri: occorre iniziare a pensare e ad agire “in positivo”, facendo del bene, il più possibile. E Gesù non ce lo manda certo a dire: “Come volete che gli uomini facciano a voi, così anche voi fate a loro”.

“Eh, va beh, è la stessa cosa!”. E no che non è la stessa cosa: è proprio l'esatto contrario, è il ribaltamento della morale, è lo stimolo a smetterla di pensare in negativo per iniziare a pensare e ad agire in positivo. E le conseguenze sono immediate, e molto pratiche, come ci dice proprio il brano di Vangelo di oggi.

Non basta non eliminare i propri nemici rispettando la loro vita (come fece nobilmente Davide nei confronti di Saul): bisogna iniziare a volere il loro bene, a voler bene a loro... addirittura, ad amarli...

Non basta non fare del male a quelli che lo fanno a noi: bisogna iniziare a fare loro tutto il bene possibile, anche perché non c'è modo migliore per disarmare un nemico che affrontarlo senza armi, a mani alzate. Se lui ti spara, è un vile codardo.

Non basta non augurare il male a quelli che parlano male di noi: occorre iniziare a parlare bene di loro, a dire bene, a “benedire”, quantomeno a pregare per loro... che tra l'altro non costa niente.

Non basta non reagire agli insulti e alle offese, difendendosi dagli attacchi piuttosto che attaccare: occorre rimanere disposti al dialogo nonostante tutto, senza scappare, usando la parola e il pensiero con intelligenza e saggezza. E per fare questo, bisogna mostrare il lato migliore di noi, quello dell'altra guancia, la guancia della pace...

Non basta non prendersela se qualcuno continua a chiederti e magari ti porta via ciò che è tuo: dagli anche quello che non ti ha portato via, se gli è proprio così necessario... muori per caso di fame o di freddo, se dai qualcosa in più da mangiare o qualcosa in più da vestire o qualche soldo in più degli spiccioli che ti chiedono? Tra l'altro, di solito, quel “Date e vi sarà dato” si verifica puntualmente: perché nella misura in cui tu sai dare alla vita, la vita ti restituisce tutto. In male, forse, certo: ma anche in bene. Dipende sempre da cosa e da quanto dai tu alla vita, soprattutto a quella degli altri.

Non serve fare le cose per aspettare di ricevere qualcosa in cambio, né dobbiamo farle con questa speranza: se fai del bene fallo, senza aspettarti nulla in cambio. Qui sì, è significativo che Gesù torni a usare il “non”: “non” prestare sperando di potervi lucrare sopra, perché di solito “prestare” e “regalare” coincidono...; “non” giudicare e “non” condannare sperando che gli altri non giudichino o condannino te, perché questo non avverrà mai. C'è un modo più saggio di agire, e pure questo è “in positivo”: perdona, e otterrai perdono. Del resto, cosa fa Dio con noi? Ci usa misericordia, e anche tanta: e allora, perché non dovremmo fare altrettanto?

Quante belle parole, vero? Quanti begli ideali... e quanto idealismo! La vita è ben altro, è una lotta in cui o tiri fuori le unghie, oppure ti sbranano; o ti difendi, oppure ti schiacciano; o impari ad essere diffidente, altrimenti prenderai sempre pugnalate nella schiena (per usare un eufemismo).

Può darsi: e nessuno ci impedisce di pensare così. Ma questo è il pensiero di chi vive con la guerra nel cuore, con la lotta dentro, con la rabbia e con il male che la vita ha accumulato nella sua anima, senza mai permettere a questo male di uscire dal suo cuore trasformandosi in bene. Trasformare il male in bene... ma come si fa? È impossibile, il male ti annulla, e non riesci più a fare nulla di buono, quando sei sommerso dal male!

Sarà... ma io mi chiedo sempre una cosa, di fronte al male ricevuto: se la natura, che non è razionale e intelligente quanto lo è l'uomo, riesce a trasformare quintali di letame e di concime (che sappiamo bene di cosa è composto...) in tonnellate di grano e di pane, vuoi che l'uomo non possa essere capace di trasformare un solo nemico da odiare in un amico da amare?

Del resto, esiste un solo modo per togliersi dai piedi le persone moleste: quello di farle passare dal cuore. Costa parecchio? Sì, certo: come tutte le cose preziose!

 

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