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TESTO Solo Dio è fedele

padre Gian Franco Scarpitta  

VI Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (13/02/2022)

Vangelo: Lc 6,17.20-26 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 6,17.20-26

In quel tempo, Gesù, 17disceso con i Dodici, si fermò in un luogo pianeggiante. C’era gran folla di suoi discepoli e gran moltitudine di gente da tutta la Giudea, da Gerusalemme e dal litorale di Tiro e di Sidone,

20Ed egli, alzàti gli occhi verso i suoi discepoli, diceva:

«Beati voi, poveri,

perché vostro è il regno di Dio.

21Beati voi, che ora avete fame,

perché sarete saziati.

Beati voi, che ora piangete,

perché riderete.

22Beati voi, quando gli uomini vi odieranno e quando vi metteranno al bando e vi insulteranno e disprezzeranno il vostro nome come infame, a causa del Figlio dell’uomo. 23Rallegratevi in quel giorno ed esultate perché, ecco, la vostra ricompensa è grande nel cielo. Allo stesso modo infatti agivano i loro padri con i profeti.

24Ma guai a voi, ricchi,

perché avete già ricevuto la vostra consolazione.

25Guai a voi, che ora siete sazi,

perché avrete fame.

Guai a voi, che ora ridete,

perché sarete nel dolore e piangerete.

26Guai, quando tutti gli uomini diranno bene di voi. Allo stesso modo infatti agivano i loro padri con i falsi profeti.

Il libro di Geremia esordisce oggi con un'amara verità: Maledetto l'uomo che confida nell'uomo. Ovviamente l'agente della maledizione non è Dio, che è sommo Bene e origine di ogni benedizione; solamente si intende dire che chi si affida oltre misura alle persone, in un modo o nell'altro, prima o dopo, anche nella misura lieve, resterà deluso. Gli uomini non sono mai compatibili con le nostre attese e fidarsi di loro in un modo o nell'altro reca qualche delusione. Con questo non si vuole lanciare anatemi all'amicizia e alla socialità, che vanno anzi coltivate e promosse con ogni mezzo, ma si vuol sottolineare che l'uomo non è mai affidabile come il Signore. Occorre sempre aspettarsi nei e defezioni in qualsiasi relazione di amicizia, fosse anche la più intima e sincera.

Sempre Geremia descrive per immagini infatti un'altra verità esaltante: che confida nel Signore è come un albero piantato lungo corsi d'acqua, cioè vive sempre in modo da essere mantenuto e sostenuto adeguatamente nella forma lussureggiante e non temerà inganni o umiliazioni. Tale è la fedeltà e l'amicizia di Dio presentataci da questo esile profeta che ne ha fatto esperienza: una piacevole comunione con Colui che non può che mostrarci attendibilità e fedeltà assoluta. Lo ribadirà anche Paolo, quando parlerà di Gesù Cristo Dio fatto uomo: “Se lo rinneghiamo, anch'egli ci rinnegherà, se noi manchiamo i fede, egli però rimane fedele, perché non può rinnegare se stesso”(2Tm 2, 8 - 12). Unico a soddisfarci sarà solo Dio e possiamo aggiungere senza riserve che ad esserci fedeli sarà solamente Dio fattosi uomo, avendo Lui fatto esperienza di ogni ambito dell'umano, anche dei tradimenti e delle prevaricazioni altrui. Proprio questa esperienza di uomo fra gli uomini dimesso e sottomesso lo conduce ad usare franchezza e trasparenza nei nostri riguardi, come si evince dal discorso che Luca colloca in una pianura, al contrario di Matteo che lo colloca alla sommità di un monte (Mt 5, 1 - 7, 29). Si tratta delle cosiddette “Beatitudini”, che anche a detta d molti esegeti costituiscono la versione “positiva” dei Comandamenti divini. Ciascuna di esse comprende la promessa di un obiettivo che si raggiunge non senza lotte o affanni ma per raggiungere il quale non manca il sostegno e l'approvazione del Signore. Dio, che è l'unico al quale poter prestare fede, non mancherà di sostenere chi è povero, mite, perseguitato e oppresso... in ogni situazione chi si affida al Signore sarà “beato”, approvato e benedetto da Dio, che rovescia le condizioni del sistema umano per premiare chi gli è fedele. Chi vive la volontà del Signore in ciascuna di queste prospettive è "beato" già in partenza, ossia felice ed esaltato e seppure non gli saranno risparmiante sottomissioni, sofferenze e sopraffazioni da parte di altri, è destinato a vincere e a conseguire il premio definitivo. Il "povero" non è necessariamente l'indigente o il misero, sebbene Dio abbia sempre esaltato e sostenuto la categoria dei bisognosi materiali; povero è colui che non confida nelle proprie sicurezze materiali, che prende le distanze dal lusso e dall'effimeratezza e dal vizio, che riconosce in Dio il fautore di ogni prosperità e di ogni benessere e che è proclive alla condivisione di ciò che possiede con quanti si trovano nell'indigenza e nell'abbandono. In tale situazione, dovrà subire le avversità mondane di una mentalità controcorrente che confonde il bene con il possesso togliendo spazio all'essere in nome dell'avere smodato; si troverà a combattere contro il sistema che esalta il guadagno e il possesso e contro il cinico edonismo della mentalità corrente, ma nell'esercizio stesso della sua virtù troverà la gioia di realizzare la volontà di Dio e non gli mancheranno già al presente le grazie e le ricompense divine pari alla sua fedeltà.

A differenza di Matteo, Luca riporta alcune antitesi alle beatitudini suddette, caratterizzate dal “guai”, che non esprime un proposito vendicativo da parte di Dio, ma la condizione medesima in cui l'uomo sarà condannato a trovarsi quando respinge lo spirito delle Beatitudini: chi ama essere ricco sarà vittima della propria ingordigia e la ricompensa che ha avuto su questa terra gli preclude ogni favore divino, così come avviene per chi è sazio, esaltato e autoreferenziato: sarà vittima del proprio falso orgoglio e della sua deliberata scelta antievangelica.

 

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