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TESTO Buoni e cattivi

don Alberto Brignoli  

VI Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (13/02/2022)

Vangelo: Lc 6,17.20-26 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 6,17.20-26

In quel tempo, Gesù, 17disceso con i Dodici, si fermò in un luogo pianeggiante. C’era gran folla di suoi discepoli e gran moltitudine di gente da tutta la Giudea, da Gerusalemme e dal litorale di Tiro e di Sidone,

20Ed egli, alzàti gli occhi verso i suoi discepoli, diceva:

«Beati voi, poveri,

perché vostro è il regno di Dio.

21Beati voi, che ora avete fame,

perché sarete saziati.

Beati voi, che ora piangete,

perché riderete.

22Beati voi, quando gli uomini vi odieranno e quando vi metteranno al bando e vi insulteranno e disprezzeranno il vostro nome come infame, a causa del Figlio dell’uomo. 23Rallegratevi in quel giorno ed esultate perché, ecco, la vostra ricompensa è grande nel cielo. Allo stesso modo infatti agivano i loro padri con i profeti.

24Ma guai a voi, ricchi,

perché avete già ricevuto la vostra consolazione.

25Guai a voi, che ora siete sazi,

perché avrete fame.

Guai a voi, che ora ridete,

perché sarete nel dolore e piangerete.

26Guai, quando tutti gli uomini diranno bene di voi. Allo stesso modo infatti agivano i loro padri con i falsi profeti.

Non sono “dentro” il mondo della scuola, per cui non so dire se sia ancora così; ma ai miei tempi - quando il concetto di “discriminazione” non esisteva ancora, e gli episodi di quello che ora viene identificato come “bullismo” si risolvevano con un semplice “Lo dico alla mia mamma” - c'era un gioco, detto “il gioco del silenzio” nel quale la maestra sceglieva l'alunno più fidato (detto “il coccolino della maestra”) perché segnasse sulla lavagna - mentre lei si assentava “per andare dal preside” (ossia, per bere il caffè della moka della bidella...) - i nomi dei compagni di classe divisi su due colonne, la colonna dei “buoni” e la colonna dei “cattivi”. Quello del coccolino era un compito ingrato, perché dalle sue scelte dipendevano i castighi o i premi della maestra, ma soprattutto la sua incolumità fuori dal cancello della scuola, lungo quella strada che, per tornare a casa, si percorreva rigorosamente a piedi, e quindi si era soggetti a vere e proprie imboscate da parte dei compagni “monelli” (i “bulli” di oggi, appunto) pronti a farla pagare a quella specie di “giudice inter pares” che li aveva collocati nella colonna dei cattivi.

Del resto, il mondo allora andava così: la divisione tra “buoni” e “cattivi” era netta e abbastanza chiara, sin dai banchi di scuola. Oggi invece la società “fluida”, “complessa”, “liquida” (chiamatela come volete) fatica a distinguere nettamente i buoni dai cattivi, sia perché, appunto, si rischia di cadere in una sorta di atteggiamento discriminatorio che cataloga e bolla le persone per ciò che sembrano più che per ciò che sono veramente, sia perché oggi (ma forse sempre) un po' “buoni” e un po' “cattivi”, a seconda delle circostanze, lo siamo tutti. Ci vorrebbe una terza colonna, quella dei “così così” nella quale bene o male ci ritroveremmo in molti!

Oggi, però, Gesù, sembra comportarsi da “coccolino della maestra”, o per dirla in modo evangelico, da “figlio prediletto del Padre”, e si lascia andare a una divisione tra buoni e cattivi che francamente fatichiamo un po' a comprendere. Dalla parte dei “buoni” (definendoli “beati”) ci mette quattro categorie di persone: i poveri, quelli che hanno fame, quelli che piangono e quelli che sono odiati e maltrattati. Dalla parte dei “cattivi”, invece, ci sono i ricchi, quelli che hanno mangiato e si sono saziati, quelli che ridono e quelli di cui la gente parla bene. Sulla prima colonna, quella dei “buoni”, forse non abbiamo molto da osservare: dei poveri, degli affamati, dei disprezzati e sofferenti, alla fine, non possiamo dire che siano “cattivi” solo per il fatto di trovarsi in quella situazione. Sono solamente sfortunati, ma ciò non toglie nulla al fatto che possono essere persone per bene: così come non è scontato che per il solo fatto di essere poveri automaticamente siano buoni. Di certo, definirli “beati” per il fatto di essere indigenti, umanamente parlando suona un po' da presa in giro...

Ma è riguardo alla colonna dei “cattivi” che qualcosa non torna: chi l'ha detto che una persona è “cattiva” (e quindi viene minacciata con un “guai a te” da parte di Gesù) solo per il fatto di essere ricca, sorridente, sazia e rispettata da tutti? Eppure, stando al Vangelo di oggi, sembrerebbe così, con quelle “invettive” lanciate addosso a chi, nella vita, ha avuto fortuna. Per non parlare della prima lettura, dove Geremia sembra anticipare questa divisione in “buoni” e “cattivi” definendo i primi “benedetti” e i secondi addirittura “maledetti” (anche se citati inversamente). Dov'è finito il Dio della misericordia, il Dio dell'uguaglianza, il Dio che rispetta e ama i suoi figli tutti quanti alla stessa maniera? Sembra essere stato tentato pure lui da quelle categorie nelle quali spesso noi uomini ci collochiamo, per sentirci a posto o per condannare gli altri...

Forse, chi non ha capito il concetto di misericordia, di uguaglianza e di rispetto reciproco siamo proprio noi, e Gesù oggi ce lo fa comprendere con questa suddivisione tra “beati” e “inguaiati” che è tipica del vangelo di Luca, differente rispetto a Matteo che inaugura il Discorso della Montagna di Gesù con quella meravigliosa proclamazione delle Beatitudini che allarga il cuore solo ad ascoltarla. Là, però, Gesù parlava dalla Montagna, come Maestro, come il nuovo Mosè che dal Monte promulgava la Legge dell'Alleanza per il nuovo popolo d'Israele. Qui, invece, Gesù si siede in un luogo pianeggiante, al livello dei discepoli, anzi, sembra quasi mettersi ai loro piedi perché parla loro “alzando gli occhi”, come fa il servo che ascolta il suo padrone, come farà lui per il resto della sua vita, mettendosi a servizio dell'uomo. Da quella posizione di servo, e non di padrone e maestro, Gesù comprende meglio la quotidianità dei suoi discepoli, fatta di gente che soffre perché priva del necessario e di gente felice e senza preoccupazioni perché ricca di tutto. Ecco, allora, il perché di questi “guai”: non perché le persone a cui sono rivolti siano cattive, ma perché è bene che stiano in guardia e che evitino di sentirsi “a posto in coscienza”. “Guai” suona, qui, come una specie di avvertimento, come quando diciamo “occhio, perché non sempre sarà così”. Sei ricco? Sei sazio? Sei felice e onorato da tutti? Bene, ringrazia il Signore! Attento, però, perché ciò che hai e che sei non è solo merito tuo: quello che la vita ti ha dato, la vita è capace pure di togliertelo. E allora, nei guai ti ci troverai davvero, proprio come si trovano, quotidianamente, milioni di persone nel mondo.

“E cosa ci posso fare?”, direbbe il ricco-sazio-gaudente. Puoi fare molto. Puoi, innanzitutto, fare ciò che Geremia e anche il salmista ti invitano a fare, oggi: confidare in Dio, e non in te stesso o nei tuoi simili. E di conseguenza, fare anche tu ciò che fa Dio: essere misericordioso, rispettoso degli altri, amando tutti gli uomini alla stessa maniera, evitando, con i tuoi atteggiamenti, di giocare al gioco del silenzio, dei buoni e dei cattivi, con il quale spesso cataloghi le persone per ciò che hanno o che non hanno e costringi al silenzio chi, solamente, reclama giustizia.

L'appello odierno di Gesù, allora, è quello di evitare di cadere “inguaiati”, schiacciati dal peso delle nostre ricchezze, delle nostre certezze e dell'onore che spesso pretendiamo dagli altri. Il metodo migliore per ottenere questo ce lo indica Gesù stesso, con il suo atteggiamento: mettersi ai piedi degli altri, mettersi al loro servizio, soprattutto dei poveri, degli affamati, dei sofferenti e dei perseguitati: perché quel “beati” che Gesù appioppa loro non suoni come una presa in giro, come uno schiaffo alla loro indigenza, ma come un obiettivo a cui tutta l'umanità può e deve tendere, quello di un mondo fraterno e giusto, senza più lavagne su cui il coccolino di turno si ritrovi a scrivere “viva i buoni” e “abbasso i cattivi”.

 

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