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TESTO Di-vino: cioè, Dio è un buon vino

don Giacomo Falco Brini   Predicatelo sui tetti - blog personale

II Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (16/01/2022)

Vangelo: Gv 2,1-11 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, 1vi fu una festa di nozze a Cana di Galilea e c’era la madre di Gesù. 2Fu invitato alle nozze anche Gesù con i suoi discepoli. 3Venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: «Non hanno vino». 4E Gesù le rispose: «Donna, che vuoi da me? Non è ancora giunta la mia ora». 5Sua madre disse ai servitori: «Qualsiasi cosa vi dica, fatela».

6Vi erano là sei anfore di pietra per la purificazione rituale dei Giudei, contenenti ciascuna da ottanta a centoventi litri. 7E Gesù disse loro: «Riempite d’acqua le anfore»; e le riempirono fino all’orlo. 8Disse loro di nuovo: «Ora prendetene e portatene a colui che dirige il banchetto». Ed essi gliene portarono. 9Come ebbe assaggiato l’acqua diventata vino, colui che dirigeva il banchetto – il quale non sapeva da dove venisse, ma lo sapevano i servitori che avevano preso l’acqua – chiamò lo sposo 10e gli disse: «Tutti mettono in tavola il vino buono all’inizio e, quando si è già bevuto molto, quello meno buono. Tu invece hai tenuto da parte il vino buono finora».

11Questo, a Cana di Galilea, fu l’inizio dei segni compiuti da Gesù; egli manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui.

Giovanni avvia il suo vangelo con il prologo per dirci, subito e solennemente, l'origine divina del protagonista. Nel brano di oggi invece, chiude il racconto comunicandoci che fu il primo, anzi il principio dei miracoli del Signore (Gv 2,11). Gli altri miracoli nascono da questo come dalla sua sorgente. L'evangelista si premura di chiamarli segni, perché di questi se ne occupa maggiormente per parlare delle realtà spirituali a cui rimandano. Di cosa è segno quanto avviene a Cana di Galilea? Il contesto è una festa di nozze, simbolismo diffusissimo nella Bibbia. Non c'è luogo sulla terra in cui l'amore sponsale che si promettono un uomo e una donna non venga festeggiato. Solo che quel giorno la festa prese una brutta piega. Sottolineata due volte nello stesso versetto, la mancanza improvvisa del vino è enfatizzata da Maria: non hanno più vino (Gv 2,3). Ma una festa di nozze senza vino è come una visita a Napoli senza mangiare la pizza, o a Monaco per l'oktoberfest senza gustare la birra. Più in là di queste povere immagini, l'assenza di vino simboleggia una vita che non si assapora più nella sua iniziale bellezza, svuotata del suo senso profondo, qualcosa che si spegne lentamente nel grigio della quotidianità fino alla perdita della gioia di vivere. Non è forse questa la vita umana senza Dio?

Maria sottolinea l'assenza di vino rivolgendosi a Gesù il quale, apparentemente, sembra rispondere picche. Invece, da vera madre che conosce il figlio come nessuno, si gira verso i servitori per dir loro una sola cosa: qualsiasi cosa vi dica, fatela (Gv 2,5). Sarà cosa facile a farsi? Arriva l'ordine: bisogna riempire d'acqua le anfore che servono per le abluzioni rituali dei presenti e poi portarne al maestro di tavola, il direttore d'orchestra del banchetto nuziale. Che comando è questo? Quello di andare a portar acqua a uno che si occupa di vino; come mandare qualcuno a portare del pesce in una macelleria. Quando il Signore ci comanda qualcosa, il nostro intelletto fa quasi sempre problema. Non così costoro, che si rivelano realmente “servitori” di Dio, obbedendo prontamente alla sua parola. In un certo senso, sono essi che permettono a Gesù di compiere il segno. Quel che ci vuol dire qui Giovanni è di una densità abissale. Qui dentro c'è già il discepolato e la fede, il battesimo, il dono dello Spirito, la nuova alleanza, la prefigurazione dell'”Ora” sulla croce, c'è lo Sposo e la sposa, ossia la chiesa “in pectore” e la Madre. Ci sono quasi tutti i temi del suo vangelo.

Veniamo a sapere del cambiamento dell'acqua in vino dalla bocca del maestro di tavola (Gv 2,9), il che vuol dire che il miracolo si è realizzato mentre i servi compivano in movimento una parola che non procede né produce secondo la nostra logica: ve l'immaginate all'improvviso più di 600 litri di vino (Gv 2,6) messi a disposizione degli invitati alla festa, quando questa era sul punto di fallire? Non è eccessivo? Le parole del cerimoniere dirette allo sposo sono una sorpresa constatazione di quanto è accaduto. Questo sposo è davvero singolare: invece di partire con il meglio, riserva il meglio verso la fine. Contrariamente a quanto avviene normalmente tra noi uomini che gustiamo la vita dapprima in tutta la sua bellezza ed ebbrezza, come gustassimo subito il miglior vino, per poi vedere che tutto invecchia in un decadimento progressivo. Allora la vita intristisce e viene a mancare il vino. Il messaggio è chiaro: Gesù è lo Sposo in cui si compiono le nozze tra Dio e l'umanità, l'unione sponsale tra le due nature. Con Gesù la nostra esistenza non è più l'ineluttabile tramonto della bellezza e della gioia di vivere, ma l'esperienza di un vino nuovo capace di rallegrare ogni sua stagione, capace di rigenerare/riempire di gioia ogni momento fallimentare. Non c'è più niente di negativo nell'umano che non possa cambiare. Il vino nuovo, il migliore, è Dio stesso, pronto a manifestare la sua gloria nella nostra storia, laddove giammai penseremmo. Dunque per Giovanni, l'inizio dell'attività pubblica di Gesù è un segno già scandaloso, religiosamente parlando: anche se vi è già anticipato il dramma della croce, il vino e la gioia, non la penitenza e l'astinenza, sono i tratti del profilo di Dio.

 

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