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TESTO Il bisogno di un inizio

don Angelo Casati  

2a domenica dopo Epifania (anno C) (16/01/2022)

Vangelo: Gv 2,1-11 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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1Il terzo giorno vi fu una festa di nozze a Cana di Galilea e c’era la madre di Gesù. 2Fu invitato alle nozze anche Gesù con i suoi discepoli. 3Venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: «Non hanno vino». 4E Gesù le rispose: «Donna, che vuoi da me? Non è ancora giunta la mia ora». 5Sua madre disse ai servitori: «Qualsiasi cosa vi dica, fatela».

6Vi erano là sei anfore di pietra per la purificazione rituale dei Giudei, contenenti ciascuna da ottanta a centoventi litri. 7E Gesù disse loro: «Riempite d’acqua le anfore»; e le riempirono fino all’orlo. 8Disse loro di nuovo: «Ora prendetene e portatene a colui che dirige il banchetto». Ed essi gliene portarono. 9Come ebbe assaggiato l’acqua diventata vino, colui che dirigeva il banchetto – il quale non sapeva da dove venisse, ma lo sapevano i servitori che avevano preso l’acqua – chiamò lo sposo 10e gli disse: «Tutti mettono in tavola il vino buono all’inizio e, quando si è già bevuto molto, quello meno buono. Tu invece hai tenuto da parte il vino buono finora».

11Questo, a Cana di Galilea, fu l’inizio dei segni compiuti da Gesù; egli manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui.

L'episodio delle nozze di Cana è dentro un'atmosfera di "inizi", dunque c'è qualcosa di nuovo. Per l'evangelista Giovanni siamo ai primi giorni del racconto su Gesù. Due giorni prima a Gesù era capitato di sentire stropiccio di passi alle spalle: erano Andrea e un altro discepolo del Battista che, dietro voce del profeta, si erano messi sulle tracce di Gesù e della sua casa, ci rimasero un pomeriggio. Il giorno dopo vediamo Gesù chiamare discepoli, per primo Andrea; poi fu un rincorrersi della voce e un dare notizia. Il terzo giorno è il nostro, infatti il racconto inzia: "Il terzo giorno vi fu una festa di nozze a Cana di Galilea". Per Giovanni siamo ad un inizio. Scrive: "Questo, a Cana di Galilea, fu l'inizio dei segni compiuti da Gesù; egli manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui".

Un inizio chiede occhi. Da un mattino conosci la luce del giorno. Stupefacente, l'inizio fu nel vino. La sua gloria, quella di Gesù, in un vino buono, buono sino alla fine. Inizio dei "segni". E ce lo siamo detti molte volte che Giovanni non usa la parola "miracoli", ma la parola "segni". In presenza di un miracolo puoi essere anche passivo spettatore, magari abbagliato, ma spettatore; se sei in presenza di un un segno, ti è chiesto di andare oltre, di intravedere, sei a una fessura. Segno di chi e di che cosa, ciò che sta accadendo a Cana di Galilea? Certo segno di Gesù.

Da Natale stiamo rincorrendo eventi che ci permettano di spiare Gesù da fessure. Dico "spiare", ma in un contesto di amore. Al cuore ti vengono parole del Cantico dei Cantici, le parole dell'amata per il suo amato: "Una voce! Il mio diletto!. Eccolo, egli sta dietro il nostro muro; guarda dalla finestra, spia attraverso le inferriate. Ora parla il mio diletto e mi dice: "Alzati, amica mia, mia bella, e vieni! O mia colomba, che stai nelle fenditure della roccia, nei nascondigli dei dirupi, mostrami il tuo viso, fammi sentire la tua voce, perché la tua voce è soave, il tuo viso è leggiadro". Non ci basta una vita per scoprire il viso di chi amiamo, non ci basta una vita per scoprire la voce di chi amiamo, non ci basta una vita per scoprire da fessure Gesù.

La scorsa domenica lo abbiamo sorpreso immerso con tutti nel fiume Giordano. Oggi lo sorprendiamo immerso nell'allegria spensierata di una festa di matrimonio. In incognito, diremmo, conosciuto come invitato, ma in incognito nel suo gesto. E chi si accorge? Anche lui sommerso da voci, da canti, da danze, un'allegria - direbbe qualcuno - esaltata da quella dismisura di vino. Anche a Cana nessuna intronizzazione. E' stato omesso il versetto finale del racconto: "Dopo questo fatto scese a Cafàrnao, insieme a sua madre, ai suoi fratelli e ai suoi discepoli. Là rimasero pochi giorni". Un gesto nel silenzio, un'uscita silenziosa. Dice qualcosa del venire del Messia.

Qualcosa di nuovo, un inizio, accade non certo quando assistiamo alle liturgie delle spettacolarizzazione, per ossessione insonne ad esibire se stessi: sono vecchie liturgie, anfore vuote. E poi c'è il sommerso. Il sommerso di Gesù a Cana. Il sommerso anche oggi, che non ha voce né riflettori, e sostiene questo paese, e non solo. Un sommerso che oggi mi verrebbe da benedire e ringraziare. Dei discepoli è scritto che videro la sua gloria. E chissà - me lo chiedo - se a qualcuno di loro si sarà affacciata alla memoria la parola del profeta Amos, che annunciava la venuta del Messia con immagini di uve pigiate e di vino nuovo, nuovo e per tutti. Voi mi capite: era come se cambiasse qualcosa dell'immaginario del Messia.

Un Messia, che, primo segno, lega la sua identità al vino: come se in primo piano si affacciassero non prescrizioni rigide asfittiche - che pena le anfore vuote! - ma qualcosa di vivo, di inebriante, il vino che raccontava l'amore. Venuto, dunque, per l'allegria e non per lo spegnimento dei sentimenti; venuto per l'amore e non per il disamore; venuto per la vita e non per cerimonie; venuto per tutti e non per pochi. Potremmo continuare sul flusso di questi pensieri, e di quanti altri. Ma vorrei fare sosta su chi in questo evento è - starei per dire - all'origine di tutto, Maria. All'inizio - e voi di certo lo avete notato - all'inizio di tutto ci furono occhi e cuore di una donna, di Maria, la madre di Gesù. E chi si accorge che è in pericolo il vino, che è in pericolo l'amore, in pericolo la felicità di tutti a un banchetto?

E quando in pericolo è l'amore, in pericolo è tutto. Ebbene ad accorgersi, a intervenire è una donna. Non Gesù che un poco - perdonate il verbo - viene strattonato ad anticipare, a rischio di vita, l'ora della sua manifestazione. Una donna che non si rassegna, non è schiava della visione miope di coloro che le direbbero che il vino non è strettamente necessario, di coloro che "stiamo con i piedi per terra", lei vede la poeticità della vita. Senza sussulti di poeticità si diventa grigi, anche nell'amore, vuoti anche se imponenti. Lei si fa avanti. Gesù sembra resistere. Poi cederà. Lei lo conosceva bene, poteva dire: "Fate quello che vi dirà". Non avrebbe resistito.

E' bellissimo, una donna, con il suo essere donna. E non sarà nemmeno l'unica nel vangeli. Voi ricordate la donna dei cagnolini, una sirofenicia: a un Gesù che resisteva a fare qualcosa per la figlia, dicendole che il pane dei figli non lo si dà ai cani, lei risponde che le briciole, quelle, non si negano ai cagnolini. E' un altro sguardo sulla vita. E come ne avremmo bisogno in giorni segnati da spento pragmatismo, da giochi di forza, da miopia di pensieri. Per grazia abbiamo un poco respirato per David, un animo forte e gentile. Qualcuno ha ricordato la donna, a dargli tepore, sua moglie, Alessandra. Il mondo, e anche la chiesa, hanno bisogno di questo. Lo ha riconosciuto papa Francesco nell'omelia del primo gennaio.

"Le donne" - ha detto - "guardano il mondo non per sfruttarlo, ma perché abbia vita: guardando con il cuore, riescono a tenere insieme i sogni e la concretezza, evitando le derive del pragmatismo asettico e dell'astrattezza". Se non facciamo posto a loro, rimarremo a lungo con le anfore vuote. Senza vino.

Abbiamo bisogno di un inizio.

 

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