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TESTO Gente di festa

don Fulvio Bertellini

XXVIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (09/10/2005)

Vangelo: Mt 22,1-14 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, 1Gesù riprese a parlare con parabole [ai capi dei sacerdoti e ai farisei] e disse: 2«Il regno dei cieli è simile a un re, che fece una festa di nozze per suo figlio. 3Egli mandò i suoi servi a chiamare gli invitati alle nozze, ma questi non volevano venire. 4Mandò di nuovo altri servi con quest’ordine: “Dite agli invitati: Ecco, ho preparato il mio pranzo; i miei buoi e gli animali ingrassati sono già uccisi e tutto è pronto; venite alle nozze!”. 5Ma quelli non se ne curarono e andarono chi al proprio campo, chi ai propri affari; 6altri poi presero i suoi servi, li insultarono e li uccisero. 7Allora il re si indignò: mandò le sue truppe, fece uccidere quegli assassini e diede alle fiamme la loro città. 8Poi disse ai suoi servi: “La festa di nozze è pronta, ma gli invitati non erano degni; 9andate ora ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze”. 10Usciti per le strade, quei servi radunarono tutti quelli che trovarono, cattivi e buoni, e la sala delle nozze si riempì di commensali. 11Il re entrò per vedere i commensali e lì scorse un uomo che non indossava l’abito nuziale. 12Gli disse: “Amico, come mai sei entrato qui senza l’abito nuziale?”. Quello ammutolì. 13Allora il re ordinò ai servi: “Legatelo mani e piedi e gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti”. 14Perché molti sono chiamati, ma pochi eletti».

 

Forma breve: Mt 22,1-10

In quel tempo, 1Gesù riprese a parlare con parabole [ai capi dei sacerdoti e ai farisei] e disse: 2«Il regno dei cieli è simile a un re, che fece una festa di nozze per suo figlio. 3Egli mandò i suoi servi a chiamare gli invitati alle nozze, ma questi non volevano venire. 4Mandò di nuovo altri servi con quest’ordine: “Dite agli invitati: Ecco, ho preparato il mio pranzo; i miei buoi e gli animali ingrassati sono già uccisi e tutto è pronto; venite alle nozze!”. 5Ma quelli non se ne curarono e andarono chi al proprio campo, chi ai propri affari; 6altri poi presero i suoi servi, li insultarono e li uccisero. 7Allora il re si indignò: mandò le sue truppe, fece uccidere quegli assassini e diede alle fiamme la loro città. 8Poi disse ai suoi servi: “La festa di nozze è pronta, ma gli invitati non erano degni; 9andate ora ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze”. 10Usciti per le strade, quei servi radunarono tutti quelli che trovarono, cattivi e buoni, e la sala delle nozze si riempì di commensali.

Un messaggio di gioia

"... Venite alle nozze!": un banchetto, una festa, un'occasione di gioia. Il Vangelo sorprende con un annuncio festoso: il Dio dei cristiani è il Dio della festa, della gioia, della danza. Nei salmi troviamo continuamente versetti che troppo facilmente vengono dimenticati: "lodate il Signore con la cetra/con l'arpa a dieci corde a lui cantate", e un altro salmo fa eco "popoli tutti battete le mani, gridate al Signore con canti di gioia". I giornali parlano di vescovi che si intromettono nella politica, di una chiesa troppo potente, anche se in crisi e incapace di parlare agli uomini del nostro tempo. Per fortuna la chiesa non è quella dei giornali (e forse, neppure solo quella dei vescovi...). Ma non è colpa né dei vescovi, né dei giornali, se troppo spesso i cristiani perdono di vista la gioia, la festa, la serenità che deriva dalla fede.

Contro la malinconia

La tristezza è un nemico mortale, che provoca almeno tre danni: per prima cosa, toglie tranquillità e fiducia, e sprofonda l'anima nella malinconia; in secondo luogo, spinge a cercare la gioia in ciò che non merita di essere cercato: divertimento, distrazione e dispersione. Non tutti i divertimenti sono cattivi, qualcuno in sé sarebbe anche buono, ma quando ci sarebbe di meglio, anche accontentarsi di meno è già un danno. E così viene il terzo danno, quello più grave: malati di tristezza, drogati di evasioni, non si sa più condividere il dolore di chi soffre. Perché certamente qualcuno potrebbe reagire di fronte alle mie parole, dicendo che la vita è dolore, non è gioia, e che essere cristiani è fatica, non una festicciola da accompagnare con chitarre stonate. Ma proprio perché credeva nella festa che Dio ha preparato par tutti i popoli, Gesù fu in grado di salire sulla croce, di restare dalla parte di chi soffre. Croce e risurrezione sono i due poli inscindibili della festa cristiana. Non sa gustare la gioia chi non sa condividere la sofferenza.

La rivoluzione della festa

I miei amici impegnati mi rimprovereranno che questo discorso è troppo disincarnato, troppo intimistico, un fervorino adatto alle signore cinquantenni ed oltre che ancora affollano le chiese. A parte che non ho nulla nei confronti delle cinquantenni ed oltre che per fortuna ancora si riuniscono quotidianamente intorno alla Parola e all'Eucaristia, il problema è che proprio noi abbiamo perso il valore della festa e della gioia cristiana... qual è il risultato?

Diamo i numeri?

Se ci guardiamo intorno, troviamo qualcosa di curioso: ad esempio (cito dal volantino ufficiale) "il numero degli abbonati a SKY ha superato nel dicembre 2004 i 3 milioni e 100 mila. Il 95% dei sottoscrittori ha scelto di abbonarsi ai pacchetti premium che includono il cinema e/o lo sport". Tre milioni di abbonamenti, ovvero dieci milioni di utenti. C'è anche di meglio (o di peggio): nel sito internet della SNAI: troviamo che "è stata pari a oltre 3,1 milioni di euro la raccolta scommesse nei Punti SNAI relativa al derby Inter – Milan". E oltre alle scommesse sportive, una informazione inquietante sulle macchinette mangiasoldi: "i dati forniti da AAMS riferiscono di una stima di raccolta di 70mila euro annui per ciascuna slot, circa 162.000 slot installate al 31 maggio 2005 ed una stima di totale raccolta nel semestre di 4.900 milioni di euro". Ciò significa che in una macchinetta installata - poniamo - in un bar passano circa settemila persone, ciascuna delle quali ci rimette un centinaio di euro in sei mesi. E' poco? E' tanto? Fate voi. Non ho nulla con chi guarda il calcio su Sky, né con chi ha voglia di scommettere sulle partite, tantomeno con chi butta via i soldi in una slot-machine.

Ciò che cerchiamo e dove si trova

Ma preferisco ancora giocare una partita sul campo piuttosto che vederla in TV, fare una briscola con gli amici, piuttosto che giocare con una macchinetta, e spendere bene i soldi guadagnati, senza sperare in impossibili colpi di fortuna. Sembra un discorso puramente umano, che non ha niente a che vedere con il Vangelo. Ma ritorniamo alla parabola che Gesù racconta. Di fronte all'annuncio festoso, gli invitati si tirano indietro. Chi ha il suo lavoro. Chi ha i suoi affari. Chi reagisce con violenza. Ci sono altre cose da fare: lavorare, guadagnare, spendere, divertirsi... Non c'è tempo per pensare a quella festa di cui si parla nel Vangelo. E' vero: non è una vita serena quella di tante persone oggi, come non era serena la vita dei contemporanei di Gesù. Però si ha la sensazione di avere qualcosa in mano, e lo si tiene stretto senza lasciarlo, senza correre avventure rischiose.

Rischio e speranza

La conclusione della parabola è di una sconcertante brutalità "uccise quegli assassini e diede alle fiamme la loro città". Forse si tratta di un ricordo storico della caduta di Gerusalemme, il fallimento delle attese di coloro che avevano condannato Gesù. Ma per noi diventa un avvertimento: pensando di poter costruire la nostra vita lontano da Gesù, ci ritroviamo senza nulla in mano. C'è il rischio concreto di sprecare la nostra esistenza, di perdere la nostra occasione. Il seguito della parabola offre un sorprendente esito di speranza. Dopo che i primi invitati hanno rifiutato, ecco che i servi vengono inviati nei crocicchi e nelle piazze. Tutti sono convocati, buoni e cattivi. Non è così difficile far parte della festa del Regno... basta accogliere questo invito. Con tutte le sue conseguenze, lasciandosi trasformare dalle esigenze della festa. Il "vestito nuziale" che manca all'invitato che viene cacciato fuori è proprio la trasformazione profonda che si genera in chi, senza merito, per puro regalo, viene chiamato a partecipare a qualcosa di bello e di grande. Non può restare la stessa persona di prima.

 

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