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TESTO E ricalcare la sua umanità

don Angelo Casati  

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Domenica dopo Ottava del Natale del Signore (02/01/2022)

Vangelo: Lc 4,14-22 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 4,14-22

14Gesù ritornò in Galilea con la potenza dello Spirito e la sua fama si diffuse in tutta la regione. 15Insegnava nelle loro sinagoghe e gli rendevano lode.

16Venne a Nàzaret, dove era cresciuto, e secondo il suo solito, di sabato, entrò nella sinagoga e si alzò a leggere. 17Gli fu dato il rotolo del profeta Isaia; aprì il rotolo e trovò il passo dove era scritto:

18Lo Spirito del Signore è sopra di me;

per questo mi ha consacrato con l’unzione

e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio,

a proclamare ai prigionieri la liberazione

e ai ciechi la vista;

a rimettere in libertà gli oppressi,

19a proclamare l’anno di grazia del Signore.

20Riavvolse il rotolo, lo riconsegnò all’inserviente e sedette. Nella sinagoga, gli occhi di tutti erano fissi su di lui. 21Allora cominciò a dire loro: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato».

22Tutti gli davano testimonianza ed erano meravigliati delle parole di grazia che uscivano dalla sua bocca e dicevano: «Non è costui il figlio di Giuseppe?».

Inizio da una sorta di spaesamento. Lo spaesamento non è perché abbiamo lascato ieri Gesù di otto giorni ed ora lo troviamo che, secondo Luca, ha circa trent'anni. Questo buco di trent'anni dovrebbe indurci a pensare che la sua è stata una vita normale. E' Dio nascosto nella normalità. Lo spaesamento viene - e lo ripeterò sempre - da questo taglio dell'episodio in cui si parla di Gesù che dà inizio alla sua missione nella sinagoga del suo paese.

La lettura liturgica sembra evocare un successo: "Tutti gli davano testimonianza ed erano meravigliati delle parole di grazia che uscivano dalla sua bocca". Poi, se scorri il brano, la finale è questa: "All'udire queste cose, tutti nella sinagoga furono pieni di sdegno; si levarono, lo cacciarono fuori della città e lo condussero fin sul ciglio del monte sul quale la loro città era situata, per gettarlo giù dal precipizio. Ma egli, passando in mezzo a loro, se ne andò". Primo spaesamento. Il secondo verte sulla parola "carne". Il responsorio ci ricorda parole del prologo di Giovanni: "Dio si fece carne e pose la sua dimora in mezzo a noi". "Carne" come umanità desiderata.

Ma poi leggendo la lettera ai Romani sentiamo altre parole: "Quelli che si lasciano dominare dalla carne non possono piacere a Dio. Voi però non siete sotto il dominio della carne, ma dello Spirito, dal momento che lo Spirito di Dio abita in voi". E qui "carne" come un mondo che fa a pugni con quello evocato dalla vita di Gesù, dallo Spirito, dal vento di Dio, che lui ha portato sulla terra. Penso allo spaesamento. Anch'io posso tagliare brani di vangelo con parole, con gesti. Posso creare equivoci su parole. Lo Spirito dia a tutti noi l'intelligenza delle Scritture.

E forse uno spaesamento, ancora, a seguito delle parole poetiche del libro del Siracide, che parla, personificandola, della Sapienza e allude a una nube leggera: "Io sono uscita dalla bocca dell'Altissimo e come nube ho ricoperto la terra... Ho percorso da sola il giro del cielo, ho passeggiato nelle profondità degli abissi. Sulle onde del mare e su tutta la terra, su ogni popolo e nazione ho preso dominio. Fra tutti questi ho cercato un luogo di riposo, qualcuno nel cui territorio potessi risiedere. Allora il creatore dell'universo mi diede un ordine, colui che mi ha creato mi fece piantare la tenda e mi disse: "Fissa la tenda in Giacobbe e prendi eredità in Israele". Era un desiderio di radicarsi.

Ma Luca ci ha raccontato oggi che non bastano luoghi geografici o istituzioni. E' scioccante quanto è raccontato della sinagoga di Nazaret: pianta la tenda, tentano di gettarlo dal precipizio. Perché troppo umano. Ma allora la domanda è: che umanità manifesta Gesù facendosi carne? E riprendo un passaggio molto suggestivo di una meditazione di Luciano Manicardi, priore del monastero di Bose. Che si esprime così: "L'umanità di Gesù viene conosciuta attraverso la sua vita, testimoniata dai Vangeli. Gesù ci ha lasciato una falsariga, un modello da ricalcare: da Dio all'Amore, e, nell'amore Dio.

Che umanità abita colui che entra nel Tempio, ne scaccia i venditori, rovescia i tavoli dei cambiavalute? Che prova di umanità esercita colui che rimprovera i discepoli che cacciano i bambini? Che umanità manifesta l'uomo che accoglie pubblicani, peccatori, mangia con loro, si lascia avvicinare da una prostituta e vede l'amore lì dove tutti vedono il peccato? Che uomo è colui che pronuncia parole impensabili, potentissime, come le Beatitudini? Che pratica di umanità vive colui che non esita ad entrare in conflitto con le autorità religiose, se si tratta di difendere il diritto dei poveri ed il primato della volontà di Dio?

Che forza abita nell'uomo di cui si è arrivati a dire "mai un uomo ha parlato così"? Che uomo è colui che sa osservare i movimenti delle nuvole in cielo per comprendere il tempo che farà il giorno dopo, sa osservare la natura, traendone insegnamento e consolazione? Che umanità abita l'uomo che incontra tanti malati nel corpo e nella mente e mostra grandi capacità di empatia, di consofferenza, di comunicazione profonda, di cura con dispendio di tempo e energie? Che umanità abita colui che non esita a criticare ferocemente pratiche e tradizioni religiose e sacrali come il corban, l'offerta sacra, che osa controbattere scribi e farisei, esperti della legge, uomini autorevoli sul piano religioso, che sa leggere e interpretare la Torà con estrema libertà, come nel caso dell'adultera?

Queste e molte altre domande che ci possiamo fare orientano la lettura dei Vangeli, pratiche di umanità". Mi prende a volte tristezza quando penso ai giovani senza più memoria di Gesù. Pensate, a volte, ricalcano l'umanità di Gesù senza saperlo o pensandosi lontani. Per grazia la ricalcano. Perché la nube prima di approdare in Giacobbe, ha navigato la terra. Mi ha fatto molto pensare il messaggio di un giovane amico, ora ricercatore in una università d'Europa. Mi è giunto per Natale.

Scrive: "Caro Don, oggi per la prima volta vivo il giorno di Natale lontano da casa, da solo. Non mi lamento, è un prezzo da pagare alla tutela dei miei cari, e sono contento di fare qualcosa, anche se invisibile, per gli altri. In questo momento di riflessione, metto assieme vari tasselli, intuizioni, sensazioni su questa festa, vissuta tante volte nel calore della famiglia, negli abbracci riconciliatori che feconda, almeno per qualche istante. Io ormai non sono più credente da anni, forse non lo sono mai stato, ma mi rendo conto che la religione è qualcosa di più ampio della fede, e si sente, si può sentire dentro, in relazione al nostro prossimo, ai nostri fratelli.

Così animato, stamattina ho scritto messaggi di auguri per tanti amici. Alcuni cristiani, altri atei, qualcuno un po' indifferente, ed ancora ebrei, e mussulmani. E' questo lo spirito che mi porta a fare gli auguri di Natale a Ivan, Vittoria, Shahar, Aydin e Giancarlo". Mi sono fermato, mi sono chiesto: "Non sono queste pratiche di umanità, dell'umanità di Gesù?".

E che perdita se si interrompe il racconto!

 

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