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TESTO La realizzazione della triplice benedizione in Gesù della Madre di Dio

diac. Vito Calella

Maria Santissima Madre di Dio (01/01/2022)

Vangelo: Lc 2,16-21 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 2,16-21

In quel tempo, [i pastori] 16andarono, senza indugio, e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, adagiato nella mangiatoia. 17E dopo averlo visto, riferirono ciò che del bambino era stato detto loro. 18Tutti quelli che udivano si stupirono delle cose dette loro dai pastori. 19Maria, da parte sua, custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore. 20I pastori se ne tornarono, glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto, com’era stato detto loro.

21Quando furono compiuti gli otto giorni prescritti per la circoncisione, gli fu messo nome Gesù, come era stato chiamato dall’angelo prima che fosse concepito nel grembo.

La triplice benedizione di Nm 6,24-26

Il mistero dell'Incarnazione del Figlio di Dio, il cui evento culminante fu la morte e risurrezione di Gesù, illumina la verità di fede che proclama Maria la "Madre di Dio".

Ogni anno, in questa festa, la Parola di Dio dell'Antico Testamento ci offre una bella preghiera di benedizione (Nm 6,24-26) che doveva essere detta solo dai sacerdoti dopo che era stato compiuto il rito del sacrificio nel tempio.

Nel proclamare questa formula di benedizione i sacerdoti dovevano aprire le mani, unendole con le due dita del pollice e dell'indice, toccando le punte, per esprimere tutta la forza vitale di quella benedizione.

La formula è composta da tre frasi: «Il Signore ti benedica e ti custodisca!»: questa prima frase, in lingua ebraica, è detta usando solo tre parole; «Il Signore faccia risplendere su di te il suo volto e ti faccia grazia!»: questa seconda frase, in lingua ebraica, si dice usando solo cinque parole; «Il Signore rivolga a te il suo volto e ti conceda pace!»: questa terza frase, in lingua ebraica, è pronunciata usando solo sette parole. Il numero "tre" è un simbolo di perfezione; il numero “cinque” indica il popolo d'Israele; il numero “sette” significa pienezza. La somma di "tre", più "cinque", più "sette" dà "quindici" e nella Bibbia questo numero indica il nome di Dio "Jhwh" (Adonai), che è presente in ciascuna delle tre frasi. Gli ebrei hanno composto questa preghiera di benedizione con tutti questi dettagli, per esprimere il valore sacro di suddetta formula.

«Il Signore ti benedica e ti custodisca!»

Ricevere la benedizione divina significa accettare e riconoscere che solo il rapporto con il Padre unito al Figlio nello Spirito Santo può garantire un senso pieno alla vita che siamo chiamati a svolgere nella nostra quotidianità, dal nostro concepimento nella madre grembo fino all'ultimo respiro, quando dovremo passare attraverso l'esperienza della nostra morte fisica.

In ogni fase della nostra vita, buona o cattiva, di povertà o di benessere, di salute o di malattia, non siamo mai lasciati soli, non siamo abbandonati ad un destino che finisce con la morte.

Maria, la Madre di Dio «conservò tutti i fatti» (Lc 2,19a): il suo divino concepimento, la sua gravidanza divina, la sua visita e soggiorno nella casa della cugina Elisabetta, la nascita di Giovanni Battista, l'amorevole stima e cura di Giuseppe per lei gravida, il loro cammino da Nazaret a Betlemme, la nascita di Gesù nella povertà di quella grotta, la visita dei pastori e la loro testimonianza.

Maria, la Madre di Dio «meditò quei fatti nel suo cuore» (Lc 2,19b).

Accogliendo lo sguardo del Bambino Gesù adagiato sul suo petto, Maria, la Madre di Dio, ci vuole comunicare che Gesù è la benedizione più bella del Padre per ciascuno di noi oggi.

Un giorno Gesù dirà di essere «la via, la verità e la vita» (Gv 14,6).

Lui è il nostro pastore vero e fidato, è la benedizione del Padre. Egli è venuto a proteggerci, a custodirci, a salvarci da tutti i pericoli causati dal male delle persone che confidano nel proprio egoismo e nel potere dell'idolatria del denaro.

I pastori furono scelti da Dio Padre come primi destinatari dell'annuncio della nascita del «Salvatore, Cristo Signore» (Lc 2,11) non solo perché erano i poveri prediletti di Dio, considerati dalle autorità religiose come gente impura, ma anche perché, loro che facevano il mestere di “pastori”, furono invitati ad adorare il vero «pastore e guida della loro vita», e ci invitano a fare altrettanto.

Quel fanciullo che giace nella mangiatoia sarà, come dice Pietro nella sua prima lettera, colui che: «portò i nostri peccati nel suo corpo, sul legno della croce, perché, non vivendo più per il peccato, vivessimo per la giustizia; dalle sue piaghe siamo stati guariti. Eravamo erranti come pecore, ma ora siamo stati ricondotti al pastore e custode delle vostre anime» (1Pt 2,24-25).

«Il Signore faccia risplendere su di te il suo volto e ti faccia grazia!»

Nella seconda e terza benedizione divina, il riferimento al volto di Dio richiama l'attenzione.

In questo lungo periodo di pandemia ci siamo dovuti abituare a nascondere il viso con la mascherina protettiva. Constatiamo la differenza tra "vedere il viso pieno della persona" e "vedere un viso mascherato": compaiono solo gli occhi e i capelli, ma non puoi vedere la pienezza delle sembianze del volto con tutta la ricchezza di comunicazione delle labbra, che amplificano ció chegli occhi rivelano: gioia o tristezza, pace o agitazione, misericordia o ira, amore o odio.

Il nostro volto mascherato, in questo tempo di pandemia, può rappresentare la ricerca di Dio vissuta dal popolo d'Israele da Abramo a Gesù.

I salmi sono pieni di preghiere dove i credenti cercano il volto di Dio: «Giusto è il Signore, ama le cose giuste; gli uomini retti contempleranno il suo volto» (Sal 11,7); «Il mio cuore ripete il tuo invito: "Cercate il mio volto!". Il tuo volto, Signore, io cerco. Non nascondermi il tuo volto» (Sal 27,8-9a); «L'anima mia ha sete di Dio, del Dio vivente: quando andrò a vedere il volto di Dio?» (Sal 42,3).

Il Salmo cantato oggi esprime lo stesso desiderio di essere benedetti dall'incontro con il volto divino: «Dio abbia pietà di noi e ci benedica, su di noi faccia splendere il suo volto» (Sal 67,2).

L'apostolo Paolo, scrivendo ai Galati, ispirato dallo Spirito Santo, esprime la realizzazione di questa divina benedizione di poter vedere il volto di Dio: «Quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò suo Figlio, nato da donna, nato sotto la Legge, per riscattare quelli che erano sotto la Legge e perché tutti ricevessimo l'adozione a figli» (Gal 4,4-5).

Maria, che custodiva nel suo cuore il segreto della maternità divina, fu la prima creatura umana a vedere il volto di Dio fatto uomo nel piccolo frutto del suo grembo.

Non appena nasce un bambino, la madre vive con suo figlio un rapporto unico e speciale: il viso del neonato vede quello della madre.

Il bambino riceve tenerezza, protezione, viene avvolto dall'affetto totale della madre, si sente amato e questo favorisce la sua capacità di amare quando crescerà.

Immaginiamo che Gesù abbia ricevuto tutto l'amore di Maria al momento della sua nascita.

L'icona della madre della tenerezza ci aiuta a contemplare l'incontro di due volti. Maria, in comunione con lo sposo Giuseppe, fu strumento di Dio Padre affinché suo Figlio, fin da bambino, imparasse subito ad avere un volto gioioso, sereno, attento agli altri, pieno di tenerezza e compassione, perché si era sentito amato.

Maria fu benedetta per essere stata la prima creatura umana a sentire il volto del Figlio di Dio risplendere sul suo volto. Sperimentó in anticipo il volto misericordioso e fedele del Padre nel volto di Gesù bambino.

Gesù, quando iniziò la sua missione pubblica, con i suoi sguardi fece risplendere il volto misericordioso e appassionato del Padre sul volto di tutti i poveri, sui malati allontanati dal convivio sociale, sui peccatori esclusi dalla sinagoga, sulle donne maltrattate, sui bambini sottovalutati.

Dietro lo splendore del volto misericordioso del Padre nel volto di Gesù di Nazareth, c'è lincontro amoroso dei volti di Maria e Giuseppe, che hanno saputo trasmettere a Gesù bambino tutto l'affetto e il sostegno di cui aveva bisogno.

Ringraziamo senza cessare per le esperienze di essere stati amati dai nostri genitori, nonni, parenti, amici, fratelli e sorelle della comunità e per la nostra disponibilità a restituire l'amore ricevuto non solo a loro, ma a tutti coloro che incontriamo nel cammino della nostra vita, principalmente ai più sofferenti.

«Il Signore rivolga a te il suo volto e ti conceda pace!»

Quando Maria e Giuseppe presentarono Gesù al tempio, a Maria fu detto che Gesù sarebbe stato un segno di contraddizione tra il suo popolo e una spada avrebbe trafitto la sua anima di madre del Figlio di Dio (Lc 2,34b-35a).

Sappiamo che, poco dopo la nascita del bambino, Maria e Giuseppe dovettero fuggire in Egitto e giunse alle loro orecchie la drammatica notizia della strage dei bambini di Betlemme (Mt 2,13-18).

La terza benedizione chiede che il volto misericordioso e fedele del Padre risplenda in noi anche quando dobbiamo affrontare conflitti, divisioni, guerre, sofferenze, perdite nella vita.

Non sempre viviamo in pace, ma la bellezza della comunione rimane in noi come speranza e prevarrà su ogni egoismo umano, perché Maria ci dice che “pace” significa prima di tutto sentire che la Trinità non ci abbandona mai.

Diamo tutto il nostro contributo per essere artigiani di pace, ma la pace sarà sempre un dono, frutto dell'azione dello Spirito Santo che abita e opera in noi.

 

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