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TESTO Commento su Luca 2,16-21

fr. Massimo Rossi  

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Maria Santissima Madre di Dio (01/01/2022)

Vangelo: Lc 2,16-21 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 2,16-21

In quel tempo, [i pastori] 16andarono, senza indugio, e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, adagiato nella mangiatoia. 17E dopo averlo visto, riferirono ciò che del bambino era stato detto loro. 18Tutti quelli che udivano si stupirono delle cose dette loro dai pastori. 19Maria, da parte sua, custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore. 20I pastori se ne tornarono, glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto, com’era stato detto loro.

21Quando furono compiuti gli otto giorni prescritti per la circoncisione, gli fu messo nome Gesù, come era stato chiamato dall’angelo prima che fosse concepito nel grembo.

Buon anno nuovo!

L'evangelista Luca ricapitola in questa breve pagina l'evento prodigioso del Natale: due aspetti particolari vale la pena di evidenziare oggi: l'esperienza dei pastori, e l'atteggiamento di Maria, che oggi celebriamo Madre di Dio.

I pastori sono i primi destinatari del Vangelo e i primi apostoli del Vangelo: il Vangelo è Cristo, e l'apostolo è colui che lo annuncia presente nel mondo. Costoro si recano prontamente nel luogo indicato dalle milizie celesti; constatano che quanto gli angeli hanno detto è vero; infine raccontano ciò che hanno visto a tutti quelli che incontrano.

Non si può raccontare un'esperienza per sentito dire! In materia di fede, non si può essere spettatori; o siamo protagonisti, o niente.

La fede va vissuta di persona, oppure non è vera fede; ricordate la parabola delle 10 vergini, 5 sagge e 5 stolte? l'olio per le lampade rappresenta appunto la fede, non si può prestare ad altri che non ce l'hanno... si può solo testimoniare di persona... Proprio come accade in tribunale: si interrogano i testimoni diretti del fatto in questione e, con la loro testimonianza (giurata) questi vi conferiscono valore di verità.

Quanto all'attendibilità dei pastori: non era possibile che mentissero; ciò che videro altro non era che un fatto di vita ordinaria; nulla di straordinario, nulla di fantascientifico, o di visionario: un neonato deposto in una mangiatoia, accudito da una giovane mamma e vegliato da papà.

Concedetemi questo paradosso: l'aspetto straordinario dell'Incarnazione consiste nella sua assoluta ordinarietà! Perché è proprio nell'ordinarietà della nostra esistenza che il Verbo vuole arrivare. Sapete che cosa significa “ordinario”? prima che un aggettivo che connota semplicità, ma anche mediocrità, senza nulla di eccezionale, (ordinario) letteralmente significa che rispetta l'ordine delle cose, che rimane entro l'ordo, entro la norma. Proprio ciò che Dio voleva di suo figlio, per la nostra salvezza: il Verbo fatto carne diventa così uno di noi, un uomo semplice, di umilissime origini, sottomesso alle leggi e alle consuetudini del suo tempo. Ne è prova il fatto della (sua) circoncisione, avvenuta otto giorni dopo la nascita, secondo quanto prescriveva la Legge di Mosè.

Il Verbo, venuto tra noi per promulgare una nuova Alleanza tra gli uomini e Dio, abrogando per sempre la Legge fatta di prescrizioni e di decreti, come la definisce san Paolo, scrivendo ai cristiani di Efeso (2,15), proprio Lui, il Verbo, accetta di stare sotto la Legge di Mosè che era venuto ad abolire...

Verrà il tempo nel quale ‘avrebbe sostituito' la circoncisione, segno di appartenenza al popolo ebraico, con il battesimo, segno di appartenenza, non più a un popolo, ma a Dio.

Ma non è ancora giunta l'ora... È il momento di realizzare le Profezie delle antiche scritture e anche l'annuncio dell'Angelo a Maria: discendente dalla stirpe di Davide, quel bambino si chiamerà Gesù: la discendenza era garantita, come sappiamo, da suo padre Giuseppe; per questo infatti era salito a Betlemme, paese natale di Davide, per farsi censire; idem per il nome “Gesù”, che soltanto Giuseppe poteva dare al bambino, comprovandone così la paternità.

Ho citato le parole di Paolo contenute nella lettera agli Efesini: da queste parole scaturisce anche il motivo per cui il primo di gennaio è celebrato come Giornata mondiale della pace:

“Cristo è la nostra pace.
colui che ha fatto dei due un popolo solo,
abbattendo il muro di separazione che era frammezzo,
cioè l'inimicizia,
annullando, per mezzo della sua carne,
la legge fatta di prescrizioni e di decreti,
per creare in se stesso, dei due, un solo uomo nuovo,
facendo la pace,
e per riconciliare tutti e due con Dio in un solo corpo,
per mezzo della croce,
distruggendo in se stesso l'inimicizia.
Egli è venuto perciò ad annunziare pace
a voi che eravate lontani e pace a coloro che erano vicini.
Per mezzo di lui possiamo presentarci, gli uni gli altri,

al Padre in un solo Spirito.”

Il muro di separazione a cui l'Apostolo dei pagani allude era proprio le Legge di Mosè, la quale tracciava un confine invalicabile tra gli Israeliti, e tutti gli altri.

La diaspora ebraica, che portò gli Ebrei a disperdersi in tutta l'Europa, e in seguito in America e altrove, non favorì l'integrazione, al contrario, li mantenne rigorosamente separati spingendoli a concentrarsi in un unico quartiere, il ghetto, termine tristemente famoso per i fatti accaduti durante la Seconda Guerra Mondiale nelle città coinvolte nel conflitto.

La Giornata mondiale della Pace è un'occasione per individuare i rancori che ancora ci dividono, e rimuoverli in nome della fede nel perdono che il Padre celeste ci ha offerto, nel sangue di suo Figlio. Il discorso non si limita alla pace tra i popoli, bene supremo al quale tutti dobbiamo collaborare, se non direttamente, almeno con la preghiera; la Pace invocata da Papa Francesco nella sua recente enciclica Fratelli tutti, è una esortazione a individuare “percorsi di pace per rimarginare ferite”, presenti nelle nostre famiglie, tra marito e moglie, tra genitori e figli, tra fratelli,... E poi, a scuola, in ufficio, in fabbrica, per strada, tra classi sociali, tra cittadini e minoranze straniere,...

Fare pace con gli altri è possibile se siamo in pace con noi stessi.

Vedete, allora, come la pace sia un carattere pervasivo della vita in sé stessa.

È il principio del seme interrato che produce frutto bel oltre e ben al di là del suo volume.
È la legge del bene che si diffonde spontaneamente...

Se pensiamo di non avere gli strumenti per operare in favore della pace - personalmente non ci credo! - almeno non poniamo ostacoli a coloro che, con grande coraggio, umiltà esemplare e una certa dose di rinnegamento di sé, si spendono per essa.

 

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